Effetto Renzi. O effetto Chiamparino. Questione di punti di vista, ma la sostanza non cambia: anche in Piemonte trionfa il Partito democratico, e il Movimento 5Stelle fa flop. Alla vigilia, in molti erano pronti a scommettere su un testa-a-testa fra l’ex sindaco di Torino e il giovane medico Davide Bono, consigliere pentastellato uscente. I meno pessimisti fra i democratici erano convinti che il loro «cavallo di razza» avrebbe vinto, ma probabilmente senza riuscire a conquistare la maggioranza di seggi nel Consiglio regionale. Nulla di tutto ciò: l’affermazione di Chiamparino è oltre le aspettative, e i grillini sono addirittura al terzo posto.

Meglio di Bono ha fatto inaspettatamente Gilberto Pichetto, il candidato di Forza Italia e Lega, già assessore nell’impresentabile Giunta degli scandali guidata dal leghista Roberto Cota. Quando alla conclusione dello spoglio mancano circa 1000 sezioni su 4832, l’ex sindaco del capoluogo subalpino ottiene il 46,9%, il forzista Pichetto il 22,7% e il candidato pentastellato il 20,9%. L’area di centrodestra si presentava divisa in tre, e gli altri candidati «diversamente berlusconiani» raccolgono insieme l’8,3%: rispettivamente, il deputato Guido Crosetto (Fratelli d’Italia) è al 5,2%, e il viceministro della giustizia Enrico Costa (Nuovo centrodestra) si ferma al 3,09%. Scommessa perduta quella di Mauro Filingeri della lista «L’Altro Piemonte a sinistra», scelto appena dall’1,13% degli elettori: in questo caso non è scattato nessun «effetto Tsipras», come speravano invece i promotori della lista (fra i quali Prc e Sinistra anticapitalista). Il confronto è presto fatto: in Piemonte, la lista delle europee ha ottenuto il 4,14%.

Il gruppo più a sinistra nel nuovo Consiglio regionale dovrebbe essere quello di Sel, parte della coalizione (insieme a Pd, Moderati, «Lista Chiamparino», Scelta civica e Idv) che sostiene il vincitore. Il condizionale è d’obbligo, perchè al momento di mandare in stampa il giornale i vendoliani tengono ancora il fiato sospeso: con il 2,12% non c’è la certezza matematica che «scatti» il loro consigliere. Dovesse accadere, in pole position appare Monica Cerutti, la capogruppo uscente. Finisse invece diversamente, l’unico componente di Sel del nuovo Consiglio sarà il 34enne Marco Grimaldi, che entra nella quota del listino collegato al presidente eletto.

Per Chiamparino si tratta di un risultato che conferma la sua fama di imbattibile, per lo meno sotto l’arco alpino occidentale. Governerà – è stato lui a dirlo a commento del risultato – senza bisogno di integrare la propria coalizione con aiuti dal centrodestra: niente «larghe (o piccole) intese», come forse lui stesso avrebbe preferito. Sarà un centrosinistra «puro», dove l’asse dell’amministrazione sarà comunque decisamente più al centro che a sinistra. Da ieri c’è dunque in Regione una maggioranza analoga a quella guidata da Piero Fassino nel comune di Torino. Come analoghi sono i percorsi dei due leader del Pd subalpino: dirigenti del Pci, fautori della «svolta», approdati ora nelle schiere renziane. La differenza tra i due è che Chiamparino gode certamente di una popolarità ignota a Fassino, decisamente meno attrezzato all’ora di rendersi gradito ai cittadini – come mostra, da ultimo, l’episodio del dito medio contro tifosi del Toro.

Dopo quattro anni di governo di centrodestra, il Piemonte torna dunque ad essere amministrato dal centrosinistra, nel giorno in cui la ex presidente Pd Mercedes Bresso guadagna un seggio all’Europarlamento. Fu lei a perdere nel marzo 2010 contro Cota per una manciata di voti, persi per strada a causa di un eccesso di attivismo «pro-tav»: una parte di elettorato, piccola ma decisiva, le voltò le spalle e premiò i 5Stelle. Che da quel momento cominciarono un’ascesa che sembrava inarrestabile.