C’è stato un momento in cui nel mondo dell’agricoltura il sistema è crollato sotto la spinta del panico: pochi giorni, quando la pandemia del Coronavirus imperversava. Ma facciamo un passo indietro, partiamo dal tempo in cui si prospettava la stagione più ricca di sempre.
Era febbraio, gli alberi in fiore celebravano l’inverno più mite della storia recente. Saluzzo, cittadina del cuneese posta al centro del più grande frutteto d’Italia, guardava con ansia il meteo, incredula di fronte a tanta manna. Intorno al Pas, il centro di accoglienza per i braccianti che non trovano ospitalità nelle cascine – la legislazione non prevede obblighi in tal senso per gli imprenditori – in quei giorni il Comune organizzava la terza stagione, gettando le fondamenta dei nuovi bagni più confortevoli. I sommersi dei decreti sicurezza nel 2019 si sono riversati nelle campagne del saluzzese per unirsi ai braccianti storici: è il popolo delle biciclette che vaga di cascina in cascina alle cinque del mattino e chiede «Capo, mi fai lavorare?».

IN UN RECENTE CONVEGNO l’Osservatorio regionale Piemonte portava dati interessanti: nel 2018 i contratti registrati furono 12063, 18496 nel 2019, mentre i contratti degli africani sono cresciuti da 4697 a 6797. Dieci anni fa in migliaia dormivano per strada. La chiave di volta dell’emersione della legalità ruotava intorno alla caserma trasformata in dormitorio rifugio nella quale senza contratto, cioè l’unica cosa che interessa ai braccianti africani, non si entrava, e quindi o si rimaneva per strada a bivaccare – ma si veniva immediatamente presi dalle forze dell’ordine – oppure si premeva sull’imprenditore che ha bisogno di braccia e si otteneva il contratto. Il quale, ovviamente, non significava “legalità” tout court, perché zone d’ombra che prendono il nome di contributi e straordinari non retribuiti erano ben presenti. Intorno a quel rifugio posto ai margini della cittadina una feroce lotta politica non si è mai arrestata tra chi voleva chiuderlo, perché simbolo di “degrado”, la Lega e la destra estrema, e chi voleva implementarlo e migliorarlo: il Comune di Saluzzo, i sindacati, la Caritas, Coldiretti, nonché gli enti finanziatori, prevalentemente fondazioni bancarie.

DI QUEL TEMPO e quegli scontri, dei nuovi bagni in muratura, degli sforzi e degli errori non rimane nulla, spazzato via dall’epidemia. E le divisioni di allora appaiono piccola cosa di fronte alle divisioni di domani. Impossibile per ovvie ragioni la riapertura del Pas, prevista per fine maggio. I flussi esterni , che coprono appena il 5% del fabbisogno nazionale oggi sono un enigma: cosa sarà di coloro che già stanno telefonando ai proprietari delle aziende per chiedere un contratto e aspettano la riapertura dei collegamenti per correre a recuperare il loro lavoro?

Sul cammino degli africani in bicicletta che chiedono il lavoro presto giungerà una “competizione” tra ultimi e penultimi; fuggiti polacchi e rumeni, in attesa di un decreto flussi che ne riporti migliaia in Italia – a Saluzzo, ma vale per tutta Italia – gli imprenditori agricoli ricevono centinaia di domande di lavoro al giorno da parte degli stagionali del turismo, italiani, che si pongono così sullo stesso percorso dei braccianti africani. «Lavoravo come cameriere stagionale, mi può prendere come bracciante della frutta?»: questo il tenore dei messaggi.

IL SINDACO DI SALUZZO, Mauro Calderoni, prova a tracciare un percorso politico per salvare la situazione: «Questo è il momento per riconoscere la particolarità del lavoro stagionale la cui estrema precarietà non può prescindere da un sistema di collocamento nazionale obbligatorio. E poi affrontare il tema dell’ospitalità diffusa per queste forme contrattuali super-temporali e quindi fragili». La linea del Piave ha un valore unico dato dal contratto collettivo: 6,67 euro lordi all’ora. Sotto non si scende, ma sopra, e di quanto, si potrà salire? Un vasto mondo, non solo imprenditoriale, quando tutto sembrava perduto, tra la metà e la fine di marzo quindi, ipotizzava paghe fino a 15 euro all’ora pur di recuperare lavoratori disposti ad andare nei campi dai territori adiacenti. Voci in libertà che rientreranno di fronte all’ondata di nuovi italiani poveri in competizione con flussi interni ed esterni, nonché all’avanzare dei voucher in agricoltura?

IL TERZO SCENARIO, fantaeconomico, lo racconta un imprenditore che chiede l’anonimato: «La grande distribuzione tedesca rischia di perdere il suo dominio perché il prezzo ora è fatto dal timore che i loro scaffali possano rimanere vuoti». Virginia Sabbatini, coordinatrice dell’équipe del presidio Saluzzo Migrante per la Caritas, analizza così la situazione: «Siamo pronti a supportare chiunque verrà a lavorare qui. Ma questa situazione ci porta l’opportunità di trovare una soluzione a problemi ancora irrisolti sulla tutela delle situazioni più fragili. Una maggiore accoglienza in cascina, idea che apprezziamo per lo spirito, da sola non è la soluzione a tutte le problematiche che oggi comporta il lavoro agricolo stagionale. La difficoltà del reperimento di spazi adeguati e di garantire dispositivi di sicurezza sono difficoltà oggettive. Auspichiamo una stretta osservanza dei contratti di lavoro, che non si interrompa del tutto l’accoglienza diffusa sul territorio coordinata da enti pubblici e sociali, nonché la centralizzazione tra domanda e offerta di lavoro gestita tramite i Centri per l’Impiego».

MICHELE PONSO è il presidente della omonima Cooperativa: «Dovremo alloggiare in azienda i lavoratori, correndo rischi: un solo contagio porterebbe alla sospensione della produzione. Ci dovrà essere una soluzione territoriale diffusa su tutti i comuni della zona. Ed è necessario un aumento delle retribuzioni attraverso la defiscalizzazione, proprio per premiare chiunque verrà a lavorare nei campi. Come imprenditori ci troviamo davanti a dilemmi pesanti, su chi scegliere: in questi giorni sto ricevendo telefonate da italiani che hanno perso il lavoro, e di africani che da me hanno lavorato per anni, tornati a casa o trasferitisi per altre raccolte. Storie di uomini, qualunque colore della pelle abbiano, dietro cui ci sono famiglie, figli, vecchi…».