Nel giorno in cui Sergio Mattarella indirizza il suo atteso discorso di auguri alle alte cariche dello stato, sono trascorsi due mesi dalla data fissata per legge in cui il governo avrebbe dovuto trasmettere alle camere la legge di bilancio. Ma la legge di bilancio ancora non c’è, perché il testo approvato alla camera – con la fiducia – è evidentemente, e dichiaratamente, da riscrivere. Al parlamento restano così, da ieri sera al senato, appena dieci giorni – feste comprese – per analizzare e modificare la manovra vera ed evitare l’esercizio provvisorio. La conseguenza è che si procederà con voti di fiducia blindata. La situazione è ben chiara al presidente della Repubblica, quando comincia il suo intervento: «Al parlamento, espressione e interprete della sovranità popolare, è affidato il ruolo centrale nella democrazia disegnata dalla Costituzione. Ruolo che contrassegna ogni democrazia parlamentare e che va rispettato e preservato per non alterare l’essenza di ciò che la nostra Carta definisce e prescrive».

Mattarella naturalmente ha incoraggiato la lunga trattativa del governo Conte con Bruxelles, e soprattutto il risultato che ha prodotto: «Ho valutato molto positivamente la scelta del governo di avviare un dialogo costruttivo con la commissione europea, che ha agito con spirito collaborativo, sulla manovra di bilancio per giungere a soluzioni condivise». Non è abbastanza, per un capo dello stato convintamente europeista. «In Italia non viene posta realmente in dubbio in maniera significativa la scelta europa – ha riconosciuto – ma questo non è sufficiente. L’Italia è un paese fondatore dell’Unione europea e deve svolgere al suo interno un ruolo da protagonista». L’Europa, secondo Mattarella, «non è un “vincolo esterno” ma piuttosto un moltiplicatore della nostra influenza internazionale». E questo vale «al i là di ogni possibile critica, talvolta fondata».

Il messaggio ai sovranisti riguarda anche le politiche concrete, a cominciare da quelle dell’accoglienza. «Va evitato il rischio – ammonisce il capo dello stato – di un corto circuito tra l’urgenza di fornire risposte veloci, sollecitate dall’emotività che disorientamento e comprensibili timori provocano nella pubblica opinione, e la necessità di tempi più lunghi, necessari alla definizione di soluzione efficaci, durature e sostenibili». E così arriva anche un invito alla cautela ai politici di governo “cattivisti”, agitatori di bassi istinti sui social e facilmente riconoscibili: «Ricercare coesione nel tessuto sociale costituisce una necessità, oltre che un dovere per le istituzioni».

Al centro del discorso c’è l’invito a rispettare il pluralismo, «valore di fondo e chiave di lettura» della Costituzione. Pluralismo nell’informazione (ne riferiamo altrove), ma anche nel rapporto tra istituzioni e società civile. Un passaggio sembra richiamare le polemiche che il governo, in particolare Salvini, ha scatenato contro le Ong. Le «autorità di governo», dice il presidente, devono riconoscere e promuovere «l’esercizio delle libertà assicurate alle formazioni sociali e all’associazionismo … per le quali l’autonomia costituisce garanzia di libertà. Le organizzazioni della società civile per parte loro devono essere sempre consapevoli della loro corresponsabilità nel perseguire gli interessi generali».

Pluralismo per Mattarella, lo ha recentemente spiegato agli studenti che ha ricevuto al Quirinale, è soprattutto bilanciamento dei poteri tra istituzioni, «organi indipendenti con diverse fonti di legittimazione». E così oltre al richiamo al rispetto del parlamento, il presidente della Repubblica indirizza direttamente al governo, salutando Conte, i due vice (ma Salvini non c’era) i ministri e i sottosegretari «un augurio affinché ciascuno possa adempiere il proprio mandato secondo quel che richiede la nostra Costituzione a chi svolge pubbliche funzioni», cioè con «disciplina e onore» come impone l’articolo 54. Non solo, Mattarella ricorda a chi è al governo di accompagnare «l’adempimento dei propri compiti con il rispetto dei limiti del potere che la nostra Costituzione indica a chi è chiamato a esercitarlo». Un messaggio evidentemente arrivato a destinazione, vista la replica immediata di Salvini. Una auto difesa non richiesta che vorrebbe essere irridente: «La Costituzione la riportiamo sui banchi di scuola con la reintroduzione di educazione civica – dice il ministro dell’interno – più rispetto di così…».