E’ giusto così. La Serie A si è chiusa come doveva. Il calcio italiano ha ribadito che l’unica norma cui obbedisce è il diritto del più forte. Un finale diverso sarebbe stato inopportuno. Il pallone non deve offrire narrazioni consolanti, fungere da conforto, fuga o rifugio. E’ bene, invece, che metta in mostra tutte le contraddizioni del presente. Lo scudetto al Napoli sarebbe stato una bugia. Calato il sipario sul campionato, per la Juventus (stasera ospita un Bologna che non ha più nulla da chiedere) e il Napoli (domani riceve un Torino che non ha mai chiesto nulla) si chiude anche un ciclo. Allegri è riuscito a passare indenne attraverso il logoramento dell’anziana difesa, il rapido sgretolarsi del portiere-totem, le crisi alternate di Dybala e Higuain. Ha cambiato moduli e approcci, senza mai atteggiarsi a scienziato e tenendo sempre alta la concentrazione del gruppo.

La prossima Juventus, però, dovrà ripartire per forza da uno svecchiamento generale, e quindi da un altro allenatore: circola il nome di Inzaghi junior. Sarri, anche lui prossimo all’addio, ha fatto quel che poteva, è andato oltre i limiti imposti dall’evidente scarsità di risorse a disposizione, oltrepassato le leggi della fisica con un gioco a tratti meraviglioso. Si è arreso solo all’ultimo, quando era giusto e doveroso farlo. Se per la panchina è in pole Giampaolo, il timore è che il nuovo Napoli, visti i precedenti di De Laurentiis, ricomincerà da clamorose partenze e non dai necessari arrivi.

Chiuso anche il discorso Champions, con le squadre romane che hanno ribadito la validità del loro progetto, restano da assegnare un paio di posti. Uno in Europa League, tra una sorprendente Atalanta (domani fa visita alla Lazio) capace di ricostruirsi ogni anno e un Milan (oggi pomeriggio ospita il Verona) che resta un mistero avvolto in una enigmatica scatola cinese. E una retrocessione, cercheranno di evitarla Cagliari (calendario peggiore), Spal e Chievo, con la partecipazione straordinaria di Udinese e Crotone. L’unico scontro diretto delle ultime tre partite è domani, tra Chievo e Crotone.

E resta ancora in bilico la dirimente questione dei diritti tv. Dopo due ore di “animata” discussione davanti al giudice della Sezione impresa del Tribunale di Milano, ci vorrà ancora qualche giorno per il verdetto sul ricorso presentato da Sky contro Mediapro. La piattaforma satellitare contesta al colosso spagnolo di aver vinto il bando come intermediario e di volersi invece comportare da broadcaster, attraverso la creazione di un suo canale, che sarebbe poi quello della Lega voluto da Cairo e Malagò, vincitori delle elezioni federali. In questo modo, Sky perderebbe quella posizione dominante che le ha assicurato negli anni Infront, e che vuole mantenere nonostante abbia presentato un’offerta al ribasso: mossa a suo modo lecita, stante la perdita di credibilità e quindi di valore del calcio italiano, di cui le tv sono però co-responsabili.

La partita, che s’inserisce nella grande battaglia sulle telecomunicazioni che si sta combattendo nei salotti del capitalismo italiano, rischia di essere l’ennesimo chiodo sulla bara del pallone nostrano. In vista del calciomercato e dell’iscrizione ai prossimi campionati e coppe, questo è infatti il periodo in cui i club impegnano con le banche i futuri guadagni in cambio dei soldi per restare a galla. Si chiama factoring, ed è il presente del pallone da quando è entrato nella bolla speculativa della finanza. Comunque vada a finire, resteranno macerie. Quando vige il diritto del più forte, prima o poi, arriva sempre qualcuno più forte di te.