Se il Campidoglio piange, il Nazareno non ride. Ieri mentre il ‘commissario’ Orfini incontra i consiglieri comunali dem per impartire la direttiva del ‘tutti con Marino” sulle agenzie si consuma uno scontro sintomatico di come l’inchiesta romana finirà per ritorcersi contro il premier-segretario. Tema i soldi, oggi spinosissimo dopo i mesi dei trionfi «della fine dell’era dei finanziamenti ai partiti». Dopo la (presunta) notizia che tre dem romani – Ozzimo, Coratti e Patané, di rito renziano – erano a libro paga del boss Carminati, il dubbio se il patron della coop rossa Buzzi fosse alla cena romana di autofinanziamento del Pd è venuto a molti.

L’ha rivolto a Renzi Marco Damilano, dell’Espresso, nel corso di Bersaglio Mobile (La7). Risposta: «Non ne ho la più pallida idea, ma le cene sono trasparenti. Tutti quelli che vanno sono registrati e messi fuori». Invece quella lista non c’è, per ora. Renzi sa anche perché: per renderla pubblica ci vuole il consenso di ognuno, che può anche non darlo, cosa che è già successa con i finanziatori della Leopolda, resi noti tempo dopo e senza garanzie di completezza.

La questione è rilanciata dal lettiano Boccia. Rispostaccia del tesoriere Bonifaci: «Tranquillo Boccia, Buzzi non ha dato un euro al Pd nazionale. Nemmeno tu però nonostante le nostre regole. Ti invio l’Iban via sms». Controreplica di Boccia: «La risposta maliziosa e con un approccio che ricorda tempi nei quali la delazione era il modo migliore per non dare conto dei propri doveri non mi ferma nel richiedere chi siano i nostri finanziatori. Io dal 2008 versato al Pd 165mila euro. Possiamo avere online i finanziatori delle cene?». d.p.