Uno dei due fratelli accusati di essere gli autori della strage al Charlie Hebdo era conosciuto da anni dai servizi italiani. A rivelarlo è stato ieri il ministro degli Interni Angelino Alfano riferendo alla Camera sull’attentato che mercoledì scorso ha provocato 12 morti nella redazione del settimanale francese e sconvolto l’Europa. Si tratta di Cherif Kouachi, il più giovane dei due fratelli e presunta mente dell’attentato che però – ha assicurato il ministro – non sarebbe mai stato in Italia. Il suo nome sarebbe stato segnalato già nel 2008 alle autorità italiane dai colleghi francesi che tenevano d’occhio il giovane rapper trasformatosi in jihadista per la sua attività di reclutatore di combattenti.
Il timore adesso che attentati come quello di Parigi possano ripetersi anche in altri paesi europei. Italia compresa, visto che più volte la propaganda dell’Isis l’ha indicata come possibile bersaglio, per questo il governo ha deciso di verificare la possibilità di trasformare in decreto le nuove misure contro i foreign fighters messe a punto in un disegno di legge del Viminale. Cosa che, verificato l’accordo del premier e del Quirinale, potrebbe avvenire già con il prossimo consiglio dei ministeri, le misure al vaglio tendono a limitare la possibilità di movimento dei sospetti attraverso il ritiro del passaporto, ma anche un inasprimento delle pene contro sia chi organizza gli spostamenti dei combattenti nei teatri di guerra che chi accetta di essere arruolato, previste infine anche misure più restrittive contro i siti internet dove è maggiormente diffusa la propaganda jihadista.
Un’attività di prevenzione che no esclude i luoghi di culto. «Vogli rassicurare che sia moschee che altri luoghi non vengono trascurati nelle analisi di intelligence investigativa», ha detto il ministro. Ammettendo però anche alcune difficoltà nel mettere in atto i controlli dovuto al fatto che «speso «il culto viene praticato in luoghi non idonei e questo può favorire zone di ombra».
L’attenzione delle autorità in questi giorni sono comunque dedicate soprattutto al controllo dei terroristi «home made» che, reduci dall’aver combattuto in Siria o Iraq oppure lupi solitari, rappresentano il pericolo maggiore. Alfano ha ricordato come i foreign fighters presenti nel nostro paese siano 53, persone regolarmente monitorate dai servizi che ne conoscono identità e posizione. Di questi, ha spegato Alfano, solo quattro sono di nazionalità italiana e anch’essi sono conosciuti alle autorità. Uno di loro è Giuliano Delnevo, il 23enne genovese convertito all’Islam e morto ad Aleppo nel giugno del 2013 mentre combatteva con i ribelli siriani. Un altro è un giovane marocchino naturalizzato «che si trova attualmente in un altro paese europeo», ha spiegato Alfano. «la quasi totalità» dei foreign fighters «che hanno avuto a che fare con l’Italia – ha spiegato Alfano – è ancora attiva ei teatri di guerra, mentre a restante parte, minoritaria, è morta i combattimento o è detenuta in altri paesi». Per quanto riguarda infine le indagini, il governo sta pensando alla creazione di una procura nazionale antiterrorismo. Alfano ne ha già parlato con il ministro della Giustizia Orlando e l’indecisione riguarderebbe solo l’opportunità di creare una procura ad hoc oppure se accorpare le competenze alla procura nazionale antimafia. «Ci sarà una riunione con i capi delle principali procure a cui parteciperà anche il procuratore nazionale antimafia Roberti per discuterne. Vogliano parlarne con chi è in prima linea», ha spiegato Orlando.
Anche l’Europa intanto studia misure più adeguate ad arginare il pericolo di nuovi attentati. Domani si terrà a Parigi un vertice dei Paesi maggiormente coinvolti dalle minacce jihadiste al quale parteciperà anche Alfano e rappresentanti dell’amministrazione Usa. E’ prevista anche la partecipazione del commissario europea sull’immigrazione Dimitris Avramopoulos. E per il 12 febbraio è fissato il vertice dell’Unione europea sul terrorismo. Non è escluso che tra le misure che verranno adottate ci sia anche una modifica in senso restrittivo del Trattato di Schengen. Lo chiede l’Italia, con il ministero Alfano, ma nei giorni scorsi non lo ha escluso neanche il presidente della commissione Jean Claude Junker. Il rischio è che alla fine a pagarne le conseguenze non saranno i terroristi ma i migranti. Intanto in Germania maggioranza e opposizione stanno discutendo un inasprimento della legislazione per prevenire possibili attentati.