Simbolo della grande sconfitta di queste elezioni erano le lacrime emozionate di Ada Colau domenica sera davanti ai fedelissimi di Barcelona en comú e il discorso serio e appassionato di Manuela Carmena a Madrid. Quest’ultima ribadiva anche in un tweet che non sarà più sindaca, «ma Madrid continuerà a essere solidale e partecipativa, progressista e aperta». Colau invece ricordava orgogliosamente di aver avuto tutti contro, ma nonostante questo di aver messo in piedi un nuovo modo di fare politica e un nuovo progetto di città, e diceva di essere disposta a parlare con tutte le forze di sinistra che vogliono mandare un messaggio di speranza al mondo: «Dando priorità alle politiche sociali contro l’auge delle destre e la giudiziarizzazione della politica».

Ma le due città simbolo del vento del cambiamento entrato nei palazzi della politica 4 anni fa non possono essere più diverse.

A MADRID, dove l’affluenza è stata praticamente identica a 4 anni fa, 68,2% contro il 68,9%, ha vinto la destra, per due seggi: 4 anni fa il movimento Ahora Madrid e i socialisti superavano la destra di Pp e Ciudadanos di un solo seggio. Ma nel frattempo la sinistra è esplosa, da Ahora Madrid Carmena ha allontanato Izquierda Unida e Podemos e oggi la destra anche se divisa in tre (con Vox), supera socialisti e Más Madrid (il movimento capeggiato dall’ex sindaca). Paradossalmente, sarà sindaco lo scialbo capogruppo di un Pp molto più debole (passa da 21 a 15 consiglieri). Se è vero che Carmena ha perso 15mila voti (e 1 seggio), i socialisti guidati dall’ex allenatore di basket Pepu Hernández ne hanno persi 27mila (e un altro seggio), mentre 43mila voti sono andati a Izquierda Unida che si è presentata da sola con un ex assessore di Carmena, Carlos Sánchez Mato, senza però superare la soglia di sbarramento.

NELLA COMUNITÀ, che il Psoe dava per conquistata dopo 30 anni di Pp e innumerevoli scandali di corruzione, accade lo stesso: la maggioranza uscente (Pp-C) era sopra l’opposizione di uno solo scranno, ora le tre destre superano le sinistre di due seggi, ma a sinistra oltre all’egemonico Psoe, ora c’è Ínigo Errejón, uscito da Podemos, con Más Madrid e tre volte i voti di quel che resta di Podemos e Izquierda Unida, che pure entrano nel consiglio regionale.

Ada Colau
La sindaca uscente di Barcellona Ada Colau

 

SE LA DESTRA ha vinto chiaramente a Madrid, a Barcellona (partecipazione al 66%, 6 punti in più che 4 anni fa) l’asse politico è invece quello indipendentista. La destra ha un voto residuale: Vox non entra neppure, il Pp entra per il rotto della cuffia superando dello 0.1% la soglia, con 2 consiglieri, e gli eredi del PdCat di Puigdemont ottengono solo 5 seggi (ne avevano 10). Il resto si spartisce fra Esquerra, primo partito, con 10 seggi, il doppio che nel 2015, altrettanti per Barcelona en comú (che ha 5mila voti meno di Maragall, il candidato sindasco di Erc: lo 0,7%; rispetto al 2015 perde 20mila voti e 1 scranno), 8 al Psoe (il doppio di quelli che aveva), 6 a Ciudadanos guidato dall’indipendente ex premier francese Valls: 28 seggi vanno a sinistra e solo 13 a destra. Ernest Maragall sarebbe il primo sindaco indipendentista (e di Esquerra republicana) dal 1939, ma conta solo su 15 consiglieri indepe, i suoi e quelli del Pdcat.

Di qui le manovre che già si intravedono. I socialisti hanno già teso la mano a Colau per evitare un sindaco indipendentista; Valls (che ha altri due fedelissimi nel gruppo di 6) minaccia di staccarsi da Ciudadanos se si accordano con Vox – cosa che senz’altro accadrà in quasi tutta la Spagna. È il preludio di un patto tra BeC, socialisti e Valls? L’unico modo perché Maragall non sia sindaco è che Colau ottenga l’appoggio di 21 consiglieri, e con questo accordo i numeri ci sarebbero. Ma certamente Barcelona en comú non sarebbe la stessa se governasse con Valls e con i socialisti che hanno passato tutta la campagna elettorale attaccandola.

Ci sono però due importanti comuni i cui sindaci del cambiamento non piangono: Cadice, dove migliora il risultato José María González “Kichi” aumentando i suoi consiglieri da 8 a 13, a solo un seggio dalla maggioranza assoluta. Peccato che Kichi si sia allontanato dalla linea di Podemos, tanto che Iglesias non lo ha visitato in campagna elettorale. Un risultato analogo è avvenuto a Valencia, terzo comune spagnolo: il sindaco uscente Joan Ribó, di Compromís, partito valenziano di sinistra ed ex alleato di Podemos, rimane alla guida, rafforzandosi, come pure gli alleati socialisti: Podemos invece rimane fuori.