‘Che/ Che Guevarà/ Che Guevara vincerà’ scandivano in coro e in corteo i ragazzi italiani del Maggio ’68.

Sette mesi prima, Ernesto Che Guevara aveva smesso per sempre di combattere. Sconfitto insieme ai suoi guerriglieri nella foresta boliviana, era stato assassinato il nove ottobre 1967 nel villaggio di La Higuera dai soldati governativi. Sapevano, i ragazzi dei cortei, di quella morte. Ma con il loro grido collettivo affermavano l’eternità delle idee del Che, alimentando la crescita di un mito.

L’aura leggendaria intorno al giovane medico argentino, figlio della buona borghesia e protagonista della rivoluzione cubana accanto a Fidel, avevano contribuito a disegnarla due libri pubblicati da Feltrinelli tra il ‘67 e il ’68: La guerra di Guerriglia e Diario in Bolivia.

Due libri, e poi un’immagine che può essere considerata forse la più celebre nella storia della fotografia del Novecento.

Il quattro marzo 1960 la nave da carico francese Le Coubre, ancorata nel porto de L’Avana, esplode con il suo carico di armi. Oltre cento i morti. Il giorno successivo, sul palco della manifestazione popolare contro la strage ordinata dalla CIA, vicino al Che e a Fidel ci sono Jean Paul Sartre e Simone de Beauvoir, in visita sull’isola.

Alberto Korda, 'Guerrillero Heroico (Che Guevara)', 1960
Alberto Korda, ‘Guerrillero Heroico (Che Guevara)’, 1960

 

La foto di Alberto Korda verrà tagliata dopo la morte di Guevara, ricavandone un ritratto che si diffonderà nel mondo intero. Quanti milioni di magliette, da lì in poi, sono state vendute e continueranno ad esserlo, è conto impossibile da fare.

Certo è, al contrario, che il viso e lo sguardo, il nome stesso dell’uomo, stampati sul cotone, sono andati progressivamente perdendo di significato. Fino a diventare, orrendo e abusato sostantivo, un’icona pop.

Sul fronte opposto, chi Guevara lo ricorda bene, ha letto i suoi scritti e qualcuno tra le centinaia di saggi che lo riguardano, ne ha chiuso la figura nei ‘limiti’ del combattente, dell’uomo votato all’utopia, di un moderno Cristo delle genti.

Né il Che delle magliette, né, soltanto, il Che con il fucile. Questo potrebbe essere, davvero semplificando, l’assunto sul quale è stata costruita la mostra Che Guevara, tu y todos, in corso a Milano presso la Fabbrica del Vapore.

Scrive nell’introduzione al catalogo Daniele Zambelli, direttore artistico della mostra «È indicativo che non si riesca a normalizzarlo, a ‘digerirlo’ (il Che, ndr), se non con forzature più orientate a tranquillizzare noi stessi: romantico, utopista fanatico, movimentista ingenuo, sono tutte etichette che raccontano la nostra ignoranza più che qualcosa di esaustivo su di lui. Dopo due anni di lavoro, quello che mi rimane di questo dialogo ideale con Ernesto Che Guevara è l’aver scoperto un uomo intenso che ha messo tutto sé stesso al servizio di un’idea ‘stramba’, quella di un’umanità che ha come imperativo morale l’evolvere verso una società più giusta. Dietro al personaggio… ho scoperto la persona… L’obbiettivo della mostra non è alimentare l’epicità del personaggio. Meno che mai schierarsi in uno sterile dibattito/ giudizio etico morale sulle sue scelte di uomo pubblico e dell’uomo nella sua vita privata…. Ambisce piuttosto a stimolare… una riflessione sulla storia di un uomo certamente fuori dal comune, sulle sue domande, le sue urgenze e su un periodo storico cruciale per comprenderne l’attualità».

Tre le soglie fisiche da varcare nella dimensione di Che Guevara tu y todos.

Le parole di Zambelli portano a dare spazio autonomo alla prima, oltre la quale il visitatore è chiamato a sfogliare le pagine virtuali di quattro grandi libri.

Gli estremi temporali che li uniscono sono il quattordici giugno 1928 e il luglio 1956, date della nascita del Che e della sua adesione al movimento di Castro per la liberazione di Cuba dalla dittatura di Fulgencio Batista.

Grazie ai piccoli prodigi delle tecnologie digitali, sul bianco di ogni pagina si materializzano vecchie e preziose fotografie, pagine di quaderni, certificati, pagelle scolastiche, gli elenchi dei libri letti che Ernesto compilerà durante tutta la sua vita, diari di viaggio dattiloscritti, passaporti… Nel gioco dell’interazione, le mani possono ingrandire, spostare, accostare, confrontare, uno straordinario patrimonio d’archivio proveniente dal Centro de Estudios Che Guevara.

Negli elenchi dei libri si incontrano i romanzi di Emilio Salgari e Jules Verne, le opere di Sigmund Freud lette ad appena quattordici anni. In mezzo alle carte burocratiche compaiono l’esonero dal servizio militare a causa dell’asma bronchiale e il tesserino di medico.

L’immensa galleria delle foto racconta di una giovinezza già inquieta che cerca risposte dentro un viaggio argentino solitario in sella a una bici, e con Alberto Granado in America Latina sulle due ruote della Ponderosa. Attraversando Guatemala, Colombia, Venezuela, Cile, il futuro Che sente lo schiaffo bruciante della miseria, dei soprusi, delle guerre orchestrate da multinazionali come la United Fruits. Città del Messico, 1956, due foto ritraggono Guevara e Castro in carcere. Fidel, esiliato dopo il fallito assalto alla caserma Moncada, sta riorganizzando la lotta per rovesciare Batista. Città del Messico, 1956, lettera di Ernesto alla madre “… Un giovane leader cubano mi ha invitato ad aderire al suo movimento, un movimento che era di liberazione armata della sua terra, e io, naturalmente, ho accettato. Il mio futuro à legato alla rivoluzione cubana. O vinco con loro, o muoio lì”.

IL SECONDO PASSAGGIO

Adesso che l’ultima pagina dell’ultimo libro si è chiusa, è il momento di superare la seconda soglia, anzi di scavalcarla.

Perché la seconda soglia è una linea gialla tracciata sul pavimento, davanti a una parete lunga sedici metri. Sedici metri che condensano tutta l’America felice o pretesa tale degli anni ’50 del Novecento: i film con John Wayne e Humphrey Bogart, le sigarette Lucky Strike, i detersivi miracolosi per sorridenti casalinghe, le automobili chilometriche, le famiglie da barbecue domenicale insieme agli amici della villetta accanto.

Ma avvicinandosi alla parete, quell’America si dissolve e lascia il posto all’altra America, universo di degrado, sfruttamento, ferocia dei poteri, reso ancor più desolato dal bianco e nero delle immagini.

È il mondo che il ragazzo benestante ha incontrato nei suoi viaggi; il mondo che farà nascere in lui dolore e rabbia così profondi da portarlo a scegliere la lotta armata, a decidere di diventare il Che.

Come un sipario, la parete si squarcia su un ambiente di mille metri quadri. Lungo l’intero perimetro scorrono le tappe della vita di Ernesto Guevara dal 1956 alla morte in Bolivia, intervallate, quasi a sottolinearne lo stridore e la distanza, dalle citazioni visive di avvenimenti contemporanei: le nozze tra lo scià di Persia Reza Pahlavi e Farah Diba, la morte di Marilyn Monroe, l’uscita nelle sale de La dolce vita di Federico Fellini…

Lo splendido allestimento dialoga con il visitatore in un duplice rapporto, offrendogli la virtualità espositiva più raffinata, ma chiedendogli al medesimo tempo di toccare, sfogliare, leggere, il copioso materiale estraneo alla magia multimediale.

Leggere è la coraggiosa sfida lanciata al pubblico dagli autori e dai coordinatori della mostra, con ottime possibilità di vittoria grazie a un allestimento che possiede il pregio della chiarezza, sa rendere fruibile il rigore storico degli avvenimenti, riesce a mantenere viva ad ogni passo l’attenzione. Vent’anni in mille metri quadri sono spazio temporale e fisico, dove l’intento di raccontare la persona dietro il personaggio si amplifica e trova riscontri non soltanto nei grandi fatti, ma anche e molto nei dettagli che svelano un’inattesa e semplice quotidianità.

Proprio in questo, e per buona parte, sta il valore aggiunto di Tu y Todos: restituirci, o meglio rivelarci, il Che degli affetti, delle consuetudini, dell’intimità; il Che dei dubbi, dei conflitti interiori, delle scelte laceranti.

Tu y todos è lo straordinario, sconosciuto, archivio dell’esistenza di un uomo eternamente in lotta: sulle montagne della Sierra Maestra, per le strade di Santa Clara, nelle foreste del Congo e della Bolivia; con l’analfabetismo, la povertà, l’isolamento totale di Cuba; con il congresso delle Nazioni Unite e gli yankee invasori della Baia dei Porci: contro tanta parte del mondo, ostile a un’isola che prova ad incarnare l’idea di solidarietà e di uguaglianza sociale.

Altre lotte, non meno dure, nascono dall’amore verso un padre, una madre, una moglie, dei figli; dalle decisioni che occorre prendere all’improvviso, o che si impongono per coerenza; dai ricordi che ti seguono in capo al mondo, e mentre ti aiutano a sopravvivere aprono ferite impossibili da rimarginare. Di una mostra, chi scrive dovrebbe sempre suggerire, evidenziare, proporre, ciò che maggiormente lo ha colpito ed è rimasto impresso nella sua memoria.

Non vale per Tu y todos. Qui nulla vuole prevalere, dare spettacolo, stupire. Ciascun elemento, ciascun passaggio, ciascun particolare, concorrono a costruire un percorso conoscitivo capace di evocare in chi lo segue sdegno, smarrimento, tenerezza, commozione, rispetto, ammirazione.

Riescono a farlo, con identica forza, la pagina di un’agenda in cui, alla data del due giugno 1959, Guevara annota mettendoci due punti esclamativi Boda (matrimonio, il suo con Aleida), e la foto di Camillo Cienfuegos che sorridendo appoggia una mano su una spalla del Che; il foglio a righe riempito dei versi di La piedra, composta per la morte della madre Celia nel 1965, ed Ernesto davanti a una mappa mentre parla ai guerriglieri congolesi Simba nello stesso anno; la cartolina del caimano mandata al figlio Camillo dalla Tanzania, durante i sei mesi da clandestino seguiti al fallimento della rivolta in Congo, e la lettera di Fidel che cerca di convincerlo a tornare a Cuba.

Riesce a farlo con identica forza la terza delle ‘stanze’ collocate al centro dei mille metri quadri. Lì, circondati da pareti semitrasparenti sulle quali passano le immagini, si ascoltano le parole del Che, tragica cronaca della sconfitta in Bolivia; elenco di assalti, di compagni morti o feriti senza cure, che si interrompe a mezzogiorno del sette ottobre 1967.

Poche ore dopo la cattura, due giorni dopo la morte. Fin qui il combattente. Ma in una poesia per Aleida, scritta alla viglia della partenza, ecco la persona «Tu e tutti. I tutti che pretendono l’estremo sacrificio/ che la mia sola ombra oscuri il cammino! / Ma, senza violar le norme dell’amore sublimato/ ti porto nascosta nel mio zaino da viaggio».

Tu y todos per sempre, Comandante Che Guevara.

L’ALLESTIMENTO

Che Guevara Tu y todos è stata ideata e realizzata da Simmetrico Studio, e prodotta da Alma. Due gli anni di lavoro al progetto, che ha visto coinvolto un gruppo di dieci persone tra autori, curatori, docenti universitari e archivisti. Venti gli specialisti sul fronte degli allestimenti: art direction, sound design, luci e proiezioni, animazioni grafiche e video, montaggio, strutture.

Oltre duemila documenti (lettere, manoscritti, cartoline, fotografie) novantasette ore di filmati (spezzoni cinematografici, documentari, cinegiornali), quattordici ore di registrazioni di discorsi ufficiali, sono stati visionati in ventiquattro mesi, tre passati a Cuba e a stretto contatto con il Centro de Estudios Che Guevara diretto da Aleida March de la Torre, di cui Camillo Guevara March è coordinatore. Il percorso espositivo si chiude al piano superiore, dove il materiale non esposto è messo a disposizione del pubblico.

Circondate da una serie di magnifici ritratti del Che in formato gigante, alcune postazioni digitali consentono di accedere a veri e propri archivi interattivi. La prima schermata riproduce un vecchio schedario da ufficio, diviso a cassetti. T

occandone uno, si entra in un secondo archivio composto da ulteriori cassetti e voci di consultazione. Un gioco di scatole nelle scatole che incuriosisce e stimola ad approfondire. In fondo alla sala campeggia, sospeso, Il volto di Guevara, imponente opera dello scultore americano Michael Murphy, uno dei pionieri della Perceptual Art. Il Volto costituisce un notevole esempio di questa corrente artistica.

Vista di lato, infatti, la scultura è composta da singoli elementi in metallo nero, apparentemente non connessi tra loro. Spostandosi frontalmente, tali elementi acquistano unitarietà e disegnano il viso del Che immortalato dal fotografo Alberto Korda nel 1960 a L’Avana.

La colonna sonora originale che accompagna il cammino della mostra è stata scritta da Andrea Guerra, autore, tra gli altri, per Giuseppe Bertolucci, Rob Marshall, Gabriele Muccino, Ferzan Ozpetek, Ettore Scola. Guerra, nel 2005, ha vinto l’European Film Award come miglior compositore per le musiche del lungometraggio Hotel Rwanda, di Terry George. Chiude il cerchio dei contributi il documentario Che Guevara. Tu y todos, prodotto da Magnitudo Film con Alma e RedString Pictures.

Attingendo al patrimonio del Centro de Estudios, il racconto si muove ‘alla ricerca delle tracce filosofiche del Che’, chiamando in causa sostenitori e oppositori dei suoi ideali e raccogliendo le testimonianze di chi lo ha conosciuto di persona.

Lodevole iniziativa, parte del ricavato della mostra andrà a sostegno del centro educativo Bayt Al Amal – la casa della speranza – nell’ambito del programma della Fondazione Paoletti ‘Scuole nel mondo. L’educazione per ogni bambino’.

Il centro Bayt Al Amal si trova a Kilis, cittadina sul confine turco – siriano dove sono attualmente accampati quarantacinquemila profughi fuggiti dai bombardamenti che hanno raso al suolo Aleppo e il suo territorio.

BOX

Che Guevara. Tu y todos. Milano, Fabbrica del Vapore, Via Procaccini 4, fino al primo aprile 2018. Aperture straordinarie nei giorni festivi di fine anno. Per informazioni mostracheguevara.it.

Il catalogo, edito da Skira, 35 euro, non rende piena giustizia alla qualità e all’importanza della mostra. Un ottimo motivo per acquistarlo viene, tuttavia, dall’abbondanza di foto dell’epoca, scelte con una certa cura rispetto alle varie tematiche e ai vari periodi della vita del Che.

Il saggio introduttivo di Flavio Andreini si fa apprezzare per la chiarezza e per l’interesse degli spunti offerti al lettore. Ben organizzata ed esauriente la biografia a chiusura del volume