Il 10,2% delle famiglie ritarda il pagamento delle bollette per le utenze domestiche. La percentuale cresce tra i nuclei che pagano l’affitto: il 16,9%. In media, il 6,3% delle famiglie che pagano un mutuo sulla casa è ritardo di una rata. Le famiglie italiane «in difficoltà» con il pagamento delle spese per la casa sono circa 3 milioni, l’11,7% del totale. È la stima dell’Istat, secondo cui tanti sono i nuclei familiari che nel 2014 si sono ritrovati in arretrato con il pagamento delle rate del mutuo, dell’affitto o delle utenze domestiche.
Nero su bianco, questi sono i dati dell’Istat contenuti in un documento elaborato in occasione delle audizioni sulla legge di stabilità in Parlamento. Le categorie di famiglie maggiormente interessate dal problema sono quelle del quinto quintile, ovvero della fascia di reddito, più povero (29,2% sono state in arretrato con le spese per la casa, pari a 1 milione e 505mila famiglie) e, più in generale, quelle in affitto (27,6%, 1 milione e 320mila) o quelle gravate da un mutuo per la casa (14,8%, 561mila). Le spese per l’abitazione (condominio, riscaldamento, gas, acqua, altri servizi, manutenzione ordinaria, elettricità, affitto, mutuo) costituiscono infatti una delle voci principali del bilancio familiare. Nel 2014, l’esborso medio di una famiglia per queste spese è stato di 357 euro mensili, a fronte di un reddito netto (al netto delle poste figurative) di 2.460 euro mensili, con un peso del 14,5%. Le spese risultano più onerose nel Nord (15,2%) e nei comuni centri di aree metropolitane (16,1%).

«I dati – sostiene il presidente di Confedilizia, Giorgio Spaziani Testa – dimostrano, quanto importante sia stata la decisione di eliminare la tassazione sulla prima casa e, dall’altro, quanto urgente sia accompagnare tale intervento con l’adozione di misure che favoriscano l’affitto, attraverso una almeno parziale detassazione degli immobili locati». Di parere opposto il segretario generale della Cgil Susanna Camusso: «servono politiche sociali», «togliere la Tasi non aiuterà il problema della povertà». Il segretario della Uil, Carmelo Barbagallo, invece, propone che la detassazione della prima casa sia legata al reddito, per darla ai pensionati più poveri, rendendola «sociale e progressiva».
Il sabato è la giornata dei numeri sul fisco. Anche ieri la Cgia di Mestre non ha mancato di pubblicare un rapporto sullo stato, angosciante, della tassazione. La contingenza dell’uscita plurima dei dati permette di rappresentare la condizione materiale di un’ampia porzione di italiani nel momento in cui dai piani alti del governo si martellano le menti con un’unica verità: la crescita esiste, viva l’Italia «con il segno più». La crescita ci sarà pure, quella del Pil e del lavoro povero e precario. Ma crescono anche le tasse. Per la Cgia sono un centinaio tra addizionali, accise, imposte, sovraimposte, tributi, ritenute. Il costo? 8 mila euro tra imposte e tasse. Quasi 12 mila euro considerando anche i contributi previdenziali. Le imposte più «pesanti» sono due e si mangiano più della metà del gettito (il 53,1%):sono l’Irpef e l’Iva. L’Irpef garantisce alle casse dello Stato un gettito che supera i 161 miliardi di euro (il 33,2%, un terzo del gettito); l’Iva sfiora i 97 miliardi di euro (19,9% del gettito).