Allo studioso della natura interessa conoscere quali materiali, quali cose, utili o dannose per gli esseri umani, sono presenti in una merce, in un chilo di pane, in una saponetta, in un imballaggio, anche se all’acquirente in generale questo poco interessa in quanto per le sue scelte si affida alla pubblicità o ai propri gusti. E fa male.

Il diritto dei consumatori ad essere (abbastanza) informati su qualsiasi cosa comprano era riconosciuto e tutelato dallo stato con leggi che stabilivano la composizione dei principali prodotti e le indicazioni che devono figurare nelle etichette. Tali leggi sono state modificate dalla Comunità Europea che le ha uniformate al fine di assicurare la circolazione delle stesse merci in tutti i paesi dell’Unione.
I merceologi, gli studiosi del valore e della utilità delle merci, vorrebbero che i consumatori potessero conoscere la composizione di ciascuna nella maniera più dettagliata, ma questo non piace molto ai produttori che non hanno interesse a far sapere come fabbricano le cose, che cosa contengono e in quale quantità, ed hanno avuto cura, nella formazione delle leggi europee, che il consumatore sia informato, ma non tanto.

Prendiamo i prodotti per l’igiene personale e i cosmetici, saponi, shampoo, deodoranti, creme, profumi, rossetti, eccetera (pare 30.000), con migliaia di ingredienti chimici differenti, come tipo e quantità, da prodotto a prodotto.

I produttori hanno accettato che gli ingredienti siano indicati tutti, ma hanno ottenuto che non sia indicata la esatta quantità di ciascuno; si è arrivati al compromesso che gli ingredienti siano indicati in ordine di concentrazione decrescente: i primi nomi si riferiscono a quelli presenti in maggiore quantità, al di sotto della concentrazione dell’uno percento gli ingredienti possono essere scritti in ordine sparso.
Per rendere comprensibile a tutti i cittadini europei le sostanze presenti è stata predisposta la «Nomenclatura Internazionale degli ingredienti cosmetici», uno snello volume di 525 pagine disponibile anche in rete nel sito del Ministero della Salute.

In tale glossario le varie sostanze sono indicate con nomi un po’ in latino (aqua, per indicare l’acqua), un po’ in inglese (sodium chloride, il nome chimico del sale da cucina), un po’ in un anglo-latino maccheronico, come un ingrediente dei saponi chiamato «sodium tallowate», un termine che il consumatore curioso non trova in un dizionario di chimica, per indicare il sale di sodio dei vari acidi grassi del sego animale. Poiché l’olio di oliva gode di tanto prestigio, il sapone fatto con il sale di sodio dei suoi acidi grassi misti viene indicato con un improbabile «sodium olivate», pure sconosciuto alla chimica.

Sulle etichette i nomi degli ingredienti sono poi scritti in caratteri piccolissimi che spesso si possono leggere soltanto con una lente.
Eppure sarebbe interesse dei consumatori sapere, sulla base della loro quantità e concentrazione, se le sostanze presenti in un prodotto giustificano il suo prezzo; poi possono comprare quello che vogliono, ma sapendo di che cosa si tratta.