Non è vero che nella Capitale tutto va male, non è vero che tutto è sprechi, corruzione, ruberie, incuria, fragilità, inefficienza, disinteresse cinico e altre sacrosante lamentele rivolte al Potere costituito. Ci sono isole di umanità redenta che rinfrancano la mente. Ci sono isole d’eccellenza che rincuorano e danno vigore. Una di queste è Celio Azzurro, asilo interculturale unico al mondo.

IL CELIO È UNO DEI SETTE COLLI dell’antica Roma. È quindi nel cuore intimo della città, fra Terme di Caracalla e Colosseo. Al Celio, in Salita San Gregorio, riparato dal traffico e immerso nel verde, troviamo il luogo multietnico per bimbi romani e stranieri meno abbienti, una preziosa esperienza laica che Trump e i suoi poveri epigoni nostrani non capirebbero. Come non sono in grado di intenderla certi amministratori capitolini. La dirige chi, insieme ad altri, occupò lo spazio pubblico su cui sorge e la fondò nel 1990: un barbuto grondante di energia con dimensioni fisiche a cui un buon regista affiderebbe il ruolo di gladiatore o condottiero invincibile. Massimo Guidotti riceve i suoi ospiti con semplicità pari ai vestiti che indossa e la benevolenza che si accorda ai beneintenzionati, poco importa se questi siano un cronista passeggero o una famiglia bisognosa: classe 1958, animatore di professione e sovversivo per vocazione, ispirato a Danilo Dolci e allo psicopedagogo Daniele Novara, attivista nell’Arciragazzi del mitico Carlo Pagliarini.

L’ASILO FU LA PRIMA cooperativa sociale per bimbi, «sorto in un’area abbandonata, stimolato da un comitato popolare di genitori residenti», faro di altri 22 centri interculturali per minori nati in seguito nella Capitale. In origine fu un luogo di aggregazione per tenerelli di famiglie rifugiate dal Corno d’Africa, con l’idea innovativa di far interagire pargoli «italiani e forestieri per formare i cittadini del futuro e aiutare i nuclei familiari a integrarsi socialmente, una pedagogia dell’incontro» documentata nel 2010 col film di Edoardo Winspeare Sotto il Celio Azzurro. A soli sei mesi dall’inaugurazione il Celio fu distrutto da un incendio doloso e ricostruito subito con la solidarietà della Caritas allora guidata dal luminoso don Luigi Di Liegro, del Corriere della sera e dei costruttori edili. Senza alcun condizionamento e in assoluta libertà progettuale. I sindaci Rutelli e Veltroni riconobbero il pregio dei centri e la loro valenza adeguata ai bisogni della città firmando conseguenti contributi comunali.

MA DOPO DI LORO, GUIDOTTI e il Celio Azzurro vivono nella «continua emergenza». L’allora sindaco Gianni Alemanno prese l’accetta e tagliò i contributi del 30%. Il Celio promosse la brillante iniziativa, un po’ marxista, di «chiedere a chi poteva di versare una quota anche per chi non poteva, innescando così meccanismi di solidarietà tra famiglie», in base al nobile principio di dare a ognuno secondo i suoi bisogni e prendere da ognuno secondo le sue possibilità. Magica utopia.

PERALTRO, LUOGHI SIMILI suppliscono alle deficienze delle amministrazioni pubbliche che non sempre hanno come prioritaria la creazione adeguata di «posti negli asili nido e nelle scuole per l’infanzia, né offrono servizi e orari per venire incontro a genitori che lavorano e non godono di altre fortune e appoggi». Con Alemanno è scaduto pure l’ultimo bando annuale per assegnare i contributi. E da allora si è andati avanti per proroghe, anche di due mesi soltanto, mettendo in affanno strutture e famiglie, mentre -sostiene Massimo- necessita «un bando che unisca legalità e giustizia, puntando alla verifica sia dei requisiti tecnici dei centri, sia delle competenze e dei risultati espressi in anni di lavoro da chi si è impegnato concretamente».

LEGALITÀ E GIUSTIZIA che il terremoto di Mafia Capitale ha rovesciato nel loro contrario, facendo di tutte le cooperative sociali un solo fascio. Il sindaco Ignazio Marino -prima di dimettersi- teorizzò di ridurre i fondi da tre milioni a un milione, accordando contributi a soli 9 centri su 23. Il sindaco-chirurgo voleva tagliare per sanare i disastrati bilanci comunali, e per sanarli rifiutava di riflettere sui bisogni dei cittadini deboli a confronto con altri bisogni, ancor meno rifletteva sulla valenza culturale del Celio Azzurro e dei suoi fratelli minori, che in questo settore mette Roma sul podio planetario.

IL 21 FEBBRAIO sono stati chiesti al Celio Azzurro 242.585 euro entro trenta giorni. Sono gli ultimi sei anni di affitto calcolati a prezzo di mercato (5.676 euro al mese) e non a 1.135 euro pagati col canone «sociale». È uno degli esiti delle istruttorie e delle citazioni in giudizio della Corte dei conti che sta mettendo a rischio oltre 800 associazioni, centri sociali e interculturali, teatri e onlus di ogni tipo in affitto in una struttura del patrimonio «indisponibile» in concessione nella Capitale. Come la giunta Marino, che ha approvato una delibera (la «140»), anche quella dei Cinque Stelle guidata da Virginia Raggi è in affanno. La sua delibera 19 non risolve il problema: vieta la partecipazione al nuovo bando per le strutture ai soggetti «morosi» perché non hanno pagato il nuovo canone. Una follia amministrativa che rende pazza una città in ginocchio. La città reale è sbalordita, ma reagisce e lotta. Al Celio la parola d’ordine è una sola: resistere! Tentando, generosamente, di donare occhiali ai miopi. Perché emanciparsi è bello per tutti.

AL CELIO PICCOLI E GRANDI sono coinvolti tutto l’anno compresa l’estate, i nuclei a reddito esiguo pagano zero euro, la bambina Fayo fu ospite in origine e adesso vi insegna, non ci sono classi ma gruppi di venti cuccioli umani divisi per età (tre quattro cinque anni) con due educatori di riferimento (uomo e donna) al fine di sperimentare modalità d’approccio e relazioni poliverse. Al Celio esercitano se stessi alla sensibilità e all’incontro con lo sconosciuto, mangiano cibi differenti preparati da adulti e piccini differenti, confrontano moduli esistenziali distinti, stimolano curiosità e apprendimento, si lavora sulle emozioni e sul corpo, l’amicizia e gli affetti, l’immaginazione e la fantasia, il rispetto e la premura, i desideri e la realtà. Al Celio gli infanti si raccontano, si aprono al linguaggio e all’espressività della musica e della danza, in corsi gratuiti si addestrano mamme e papà all’arte delicatissima della genitorialità, la fiducia ruba spazio a traumi e negazioni. Al Celio entrano sessanta creature l’anno, piccoli fiori destinati a sbocciare in adulti veri. Modello d’avanguardia e punto di riferimento per istituti e università nel Globo, «un pezzo di cielo in terra» ha scritto una madre.

MASSIMO GUIDOTTI varca la soglia ogni giorno con entusiasmo e passione pari al primo giorno, come i suoi amici collaboratori, come i suoi frequentatori. Il Celio Azzurro è utopia materializzata, è centro di alta produttività nei valori culturali e alta competitività nella realizzazione di senso. Il Celio Azzurro è scuola di vita: che mille scuole di vita gareggino e milioni di persone sboccino