Centinaia di persone hanno continuato a protestare per le strade di Charlotte, per la terza notte di fila, sfilando pacificamente in un corteo attraverso la città per più di cinque ore, chiedendo giustizia per Keith Lamar Scott, e fermandosi nel punto in cui un manifestante è stato colpito alla testa durante la notte di mercoledì.

Si tratta del ventiseienne, Justin Carr, morto ieri a seguito di un colpo di pistola che l’ha raggiunto la sera prima durante un momento di scontri caotici. L’account ufficiale della polizia ha subito sostenuto che il colpo non è stato sparato da un poliziotto, ma questa versione è stata messa in discussione da alcuni testimoni oculari. La polizia di Charlotte al momento è sotto accusa e osservazione da parte dei cittadini della città (e non solo), a causa del filmato dell’uccisione di Scott, ripresa dalla telecamera posta sul cruscotto della macchina della Ncpd e che non viene reso pubblico come chiedono i manifestanti.

«I video visionati dalla famiglia hanno generato più nuove domande che risposte» ha raccotnato l’avvocato della famiglia. Ma oltre ai video della polizia ce n’è anche un altro realizzato con il cellulare dalla moglie di Keith L. Scott. Nel video si mostrano i momenti prima e dopo l’incidente, si sente la voce della moglie che prega il marito di uscire del suo camion, e le sue suppliche alla polizia affinché non gli spari in quanto disarmato.

Le manifestazioni sono proseguite a partire dalla sera e durante la notte, in modo per lo più pacifico, tanto che la polizia non ha applicato il coprifuoco che sarebbe dovuto entrare in vigore a partire dalla mezzanotte.

Gli unici momenti di tensione si sono verificati quando la protesta ha bloccato l’autostrada e la polizia ha lanciato lacrimogeni e usato lo spray urticante per disperdere la folla. A questa mossa non ha corrisposto un’azione violenta così come non sono avvenute aggressioni nei riguardi dei media, come durante la notte precedente. La popolazione nelle strade era diversa.

Volti e atteggiamenti diversi rispetto a quelli della sera precedente, molti manifestanti si rivolgevano direttamente ai poliziotti neri per ricordare loro da dove vengono: «Sei anche tu uno del quartiere – ha detto una ragazza ripresa in un video- Lascia la divisa dell’oppressore e aiuta la tua stessa gente».

Commenti alle vicende in corso a Charlotte non sono mancati dalle file dei politici americani; ha brillato per assoluta mancanza di lettura quella di Robert Pittenger, rappresentante repubblicano proprio del North Carolina che ha dichiarato alla Bbc che la ragione degli scontri nasce dal fatto che «I neri odiano i bianchi, perché i bianchi hanno successo e loro no», affermazione ritrattata ore più tardi e di cui si è scusato, ma che ormai aveva fatto abbastanza parlare.

Ha fatto parlare anche la dichiarazione di Trump, durante un comizio giovedì sera: «Abbiamo alcuni problemi reali e un paese ferito – ha detto- Molti americani stanno guardando i disordini a Charlotte svolgersi davanti ai loro occhi sugli schermi televisivi. Altri sono testimoni del caos e la violenza in prima persona». Si e detto poi preoccupato perché proteste e disordini danneggiano la posizione internazionale degli Stati uniti.

«Il nostro paese fa brutta figura davanti al mondo. Come possiamo essere leader quando non riusciamo nemmeno a controllare le nostre città? – ha chiesto Trump – Onoriamo e riconosciamo il diritto di tutti gli americani di riunirsi pacificamente e protestare , ma non esiste un diritto ad essere violenti o a minacciare la sicurezza e la pace altrui».

Dopo di ciò Trump ha aggiunto che la droga è un «grande fattore di ciò che si sta guardando in televisione»; anche se la sua campagna più tardi ha precisato che in quel passaggio The Donald non si stava riferendo ai disordini a Charlotte.

Nessun commento da parte di Hillary Clinton, invece, impegnata in un serie infinita di raccolta fondi per una campagna che diventa sempre più complessa.