È netta l’impressione che con l’attentato di Parigi la barbarie abbia infine colpito al cuore il suo obbiettivo.

Quando hanno ucciso Charlie ci hanno strappato colleghi e fratelli. Uccidere giornalisti può sembrare come sparare sulla croce rossa, una pulizia etnica contro le ultime bande randage di una professione estinta – ma non è casuale. In questo caso si trattava di compagni di strada su quel sentiero incerto iniziato per molti versi proprio nella loro città – quale miglior luogo della Ville Lumière per imporre il buio di un nuovo oscurantismo.

Il percorso di Charlie come quello di molti di noi è strettamente associato con un’altra stagione parigina, un maggio che segnò la primavera liberatoria della contestazione, della critica politica e mentale un laboratorio di libertà, di anarchie e laicisimi – anatema dei fascismi.

Fu a sua volta un pezzo importante di quel cammino libertario cominciato, sempre in quella città, ancora molti anni prima, con la rivoluzione dei diseredati sui potenti e ancora di più della ragione sulla superstizione. L’illuminismo della rivoluzione francese è atto fondativo di una modernità di cui fa parte il ’68 e anche le vignette di Wolinski e compagni con la loro carica di meravigliosa e “infantile” irriverenza.

Per questo abbiamo la sensazione che gli eserciti che vogliono il sonno del ragione non potevano scegliere vittime migliori da immolare sull’altare di una nuova fanatica restaurazione. Nell’era in cui ci vorrebbero trascinare, le decapitazione caricate su youtube e le torture “strategiche” scritte nei rapporti CIA sono armi dello stesso arsenale. L’asse rigido della nuova età dei fanatismi collega fatalmente le politiche di Ryahd e Tel Aviv ai risorgenti populismi europei e occidentali .

In questo crepuscolo, il coro degli opposti integralismi ci ripete che la ragione critica è un anacronismo, ci incita a lasciare l’infanzia delle vignette e di tornare alla religione, all’odio adulto e atavico – alla storia che, è utile ricordarlo, è durata ben più che la corta stagione della ragione.

È utile ricordare anche che l’era della “ragione” e andata a braccetto con quella dell’imperialismo coloniale più rapace a cui si possono ricondurre i mali congeniti di questa modernità che oggi minano forse mortalmente gli ideali dello stato liberale e della società pluralista.

La modernità ha seminato i semi della propria distruzione; della libertè, égalité, fraternité rimane poco. Della fratellanza hanno fatto ennesima strage il Kalashnikov di Rue Nicolas Appert, l’uguaglianza è un miraggio sempre più flebile in una società di mercato avanzato di cui è proprio la disparità la principale cifra. Della libertà non resta che un simulacro esportato a colpi di missili Hellfire sparati da droni telecomandati.

Di tutto questo la laicità, l’irriverenza e la somma sovversione della risata erano – sono – nemici naturali. È quello che ha fatto di Charlie Hebdo una vittima essenziale dei carnefici della modernità.