Nell’editoriale dell’ultimo numero di Charlie Hebdo, da ieri in edicola, il direttore Riss accusa Edwy Plenel, direttore del sito di informazioni Mediapart, di aver «condannato a morte per la seconda volta» la redazione del settimanale che il 7 gennaio 2015 è stata massacrata dai fratelli Kouachi (Riss è scampato per miracolo, Cabu, Charb, Wolinski e la parte restante della redazione sono stati uccisi). Per Riss, «indicare agli jihadisti le loro future vittime non è libertà di espressione»: Charlie Hebdo ha ricevuto negli ultimi giorni nuove minacce di morte, in seguito a una prima pagina che raffigurava il predicatore Tariq Ramadan.

PLENEL risponde che queste accuse mostrano soltanto «l’odio per il giornalismo d’inchiesta e coloro che difendono la Francia multiculturale», dopo aver liquidato su Mediapart la posizione di Charlie Hebdo come «la crociata degli imbecilli». Il dibattito è «una trappola, appiccicoso, impossibile», riassume il giornalista Fabrice Arfi. Con l’editoriale di Riss, la polemica ha assunto dimensioni enormi e ormai coinvolge anche Manuel Valls.

IERI MATTINA, alla radio, l’ex primo ministro ha accusato Plenel di «compiacenza, complicità intellettuale» con i terroristi, di essere all’origine di un «appello all’assassinio». A far esplodere la polemica sono state due prime pagine di Charlie Hebdo: una con una caricatura di Tariq Ramadan, che è stato denunciato per molestie sessuali, e l’altra con quella di Plenel («Caso Ramadan – Mediapart rivela: non sapevamo»).

LA TENSIONE riporta al 2015, nei giorni che hanno preceduto e seguito il massacro a Charlie Hebdo: una settimana prima dell’attacco al settimanale satirico, Plenel aveva presentato un suo libro sui musulmani accanto a Ramadan e qualche giorno dopo il massacro aveva affermato che il predicatore musulmano era «un intellettuale rispettabile», privo di «ambiguità». Nel frattempo Ramadan aveva criticato la grande manifestazione dell’11 gennaio a Parigi, milioni di persone a difesa della libertà di espressione, Io sono Charlie: il predicatore aveva affermato che il periodico aveva fatto un «uso vigliacco» della libertà d stampa con le caricature di Maometto, «per fare soldi».
Si ricorderà lo slogan coniato Io non sono Charlie e alcuni intellettuali, tra cui Emmanuel Todd, che sulla manifestazione dell’11 gennaio avevano affermato che non c’era tutta la Francia, solo quella «bianca».

Esplode una volta di più la divisione tra due posizioni che fanno riferimento alla sinistra: quella laica senza se e senza ma (Charlie Hebdo), che è stata accusata di «islamofobia», e quella che sostiene che in Francia esiste il «razzismo di stato» verso i musulmani, oggi sotto accusa per «incitare al crimine» (dopo le recenti minacce di morte contro la redazione di Charlie Hebdo). È in questo contesto che interviene Valls, l’ormai ex socialista che nel 2016 aveva parlato di «due sinistre inconciliabili», scagliandosi oggi contro Plenel e i suoi sbirri: «voglio che spariscano, sono pericolosi». Plenel, dal canto suo, accusa Charlie di guidare una «campagna generale di guerra ai musulmani». Valls è paragonato ai socialisti degli anni ’30 che hanno scelto la collaborazione con Vichy. Jean-Pierre Mignard, avvocato di Mediapart, socialista schierato con Macron, accusa Valls di «caccia alle streghe di natura totalitaria». L’ex primo ministro punta il dito contro una «sinistra sperduta».

NELLA POLEMICA, il «punto G» è stato presto raggiunto, con accuse reciproche di fascismo. Su Mediapart è stata pubblicata una petizione, firmata da 150 personalità della sinistra radicale, che accusa «una campagna politica che, lungi dal difendere la causa delle donne, la manipola per imporre al nostro paese un’agenda deleteria, fatta di odio e di paura». La battaglia ha preso inizio con le denunce di molestie e violenze contro Ramadan, fatte da due donne in Francia, a cui hanno fatto seguito dei racconti che vanno nella stessa direzione da parte di ex allieve svizzere del predicatore. L’università di Oxford ha sospeso Ramadan, che teneva un corso, in attesa di chiarimenti giudiziari.