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Champions League, settant’anni di pallone

I giocatori dell'inglese Wolverhampton con la coppa europea della prima edizioneI giocatori dell'inglese Wolverhampton con la coppa europea della prima edizione, nel 1954

Sport È appena iniziata l'edizione con il nuovo format che prevede una fase campionato a 36 squadre

Pubblicato 6 giorni faEdizione del 21 settembre 2024

Secondo la UEFA c’è una ragione per cui il calcio europeo è uno degli sport più popolari. Sul sito ufficiale è scritto che la ragione è che non si ferma mai. Da quando la Coppa dei Campioni è iniziata nel 1955, la UEFA ne ha costantemente adattato la formula e ne ha anche cambiato il nome, che dal 1992 è UEFA Champions League.

L’edizione entrata nel vivo questa settimana è la settantesima ed è per lo meno dubbio che i suoi fondatori potrebbero ancora riconoscere nell’attuale e ipertrofica kermesse calcistica una legittima erede della loro creatura, che fu pensata 70 anni fa in seguito a una memorabile partita giocata su un pesantissimo campo inglese sotto le luci di nuovi e potenti riflettori.

Nel clima aspro della Guerra fredda, la UEFA sorse quando il disegno europeista emise i primi vagiti. Dalla dichiarazione del ministro francese Schuman, nel 1951 scaturì la Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio, con cui Belgio, Francia, Germania Occidentale, Italia, Lussemburgo e Paesi Bassi misero in comune la produzione delle materie prime che erano la premessa indispensabile di qualunque sforzo bellico. Nel 1957, sarebbe seguita la firma del Trattato di Roma da parte degli stessi sei paesi e la nascita dell’Europa politica, sotto la tutela degli Stati Uniti d’America.

Anche a livello calcistico l’iniziativa fu assunta dalla Francia. Il presidente della federazione Henri Delauney, con il supporto dell’italiano Ottorino Barassi e del belga José Crahay, convocò una riunione a Basilea il 15 giugno 1954 e alla fine della giornata la Union of the European Football Associations (UEFA) poté dirsi costituita. Vi aderirono ben 25 paesi, inclusi l’Urss e tutte le «democrazie popolari» all’epoca collocate oltre la Cortina di ferro.

Se la nascita della Comunità Economica Europea aveva assunto un’eminente colorazione occidentale e anti-sovietica, l’europeizzazione del calcio vedeva quindi la luce con una tonalità compiutamente pan-europea.

Con altrettanta rapidità, furono poste le basi per la prima manifestazione calcistica europea. Qualcosa a cui far riferimento era già stato realizzato. Fra il 1927 e il 1939, le compagini austriache, ungheresi, italiane e cecoslovacche, cui a intermittenza si aggiungevano quelle svizzere, rumene e jugoslave, si erano contese la Mitropa Cup. Nel 1934, l’ex calciatore e giornalista transalpino Gabriel Hanot aveva proposto che ogni federazione maggiore inviasse due proprie rappresentanti a giocare un’intera stagione in un campionato straniero, mentre Jean-Bernard Lévy, presidente del Racing Club di Parigi, suggerì la molto avveniristica idea di una lega europea, secondo lui facilitata dalla diffusione dell’aviazione civile. Dal 1949, la Coppa Latina fu messa in palio fra Spagna, Francia, Italia e Portogallo, senza però suscitare soverchio entusiasmo, anche perché spesso le federazioni non designavano a rappresentarle la squadra campione.

Per un deciso cambio di passo fu necessaria una seria lesione al superiority complex inglese e alla grandeur francese.

La prima fu originata nel 1953 dalla clamorosa violazione del regale prato di Wembley da parte della portentosa Ungheria di Puskás, Kocsis e Hidegkuti, che sommerse i tronfi inventori del gioco sotto l’umiliante passivo di 3-6, cui seguì un ancor più deprimente 1-7 nella rivincita di Budapest del maggio successivo.

La stagione 1953-54 fu anche quella in cui il Wolverhampton vinse il primo titolo inglese della sua storia, dopo aver investito una somma considerevole in un moderno impianto di illuminazione.

Il Molineux Stadium non era il primo a dotarsi di riflettori, ma i Wolves furono i primi a farne uno strumento promozionale, organizzando una serie di prestigiose amichevoli in notturna. Quella più famosa, che innescò la catena di eventi che doveva condurre alla presente Champions League, vide opposti i padroni di casa ai magiari della Honvéd, che altri non erano che l’Ungheria mascherata.

Il 13 dicembre 1954, le tribune erano stracolme e persino la BBC la trasmise in diretta, un’occorrenza assai insolita per i tempi. Gli ungheresi impiegarono un quarto d’ora per garantirsi un comodo doppio vantaggio e più volte furono sul punto di dilagare, ma nell’intervallo l’allenatore inglese ordinò di annaffiare abbondantemente il campo e l’andamento della gara fu ribaltato.

Già zuppo per la pioggia, il fondo di gioco si trasformò in un «recinto per bovini», dove il gioco rozzo e muscolare dei padroni di casa garantì il 3-2 finale. L’orgoglio britannico era vendicato e prontamente la stampa proclamò il Wolverhampton «campione del mondo», col principale effetto di irritare la suscettibilità dei francesi.

Su L’Équipe, il già citato Hanot scrisse che l’affermazione era almeno avventata, poiché i Wolves non avevano restituito la visita alla Honvéd, né avevano affrontato altre formazioni titolate come il Milan, il Real Madrid o lo Stade Reims.

Favorevole a un torneo continentale che stabilisse finalmente una gerarchia fra i club coinvolti, il giornale francese prese la palla al balzo: fu lanciata l’ipotesi di una coppa a eliminazione diretta con partite di andata e ritorno, da disputarsi di mercoledì, il giorno in cui le tirature languivano per l’assenza di notizie sportive. Il progetto originario fu presentato il 4 febbraio 1955, prevedendo la partecipazione delle squadre vincitrici dei rispettivi tornei nazionali.

Il beneplacito della FIFA, il cui presidente Jules Rimet era azionista della società che editava L’Équipe e che aveva appena varato il settimanale France Football, fu concesso a condizione che i club fossero autorizzati dalle federazioni nazionali e che il nome «Europa» non comparisse nella denominazione ufficiale.

Nacque così la Coppa dei Campioni (in francese, Coupe des clubs champions européens), il cui trofeo fu offerto da L’Équipe. L’anno seguente, France Football inventò il «Pallone d’oro», il premio annuale da assegnare al miglior giocatore europeo.

La partita inaugurale andò in scena il 4 settembre 1955, con il 3-3 fra Sporting Lisbona e Partizan Belgrado, e il giugno seguente il Real Madrid del presidente Santiago Bernabeu conquistò la prima di cinque coppe consecutive.

L’emozionante appuntamento infra-settimanale offrì una pausa esaltante alla settimana lavorativa degli appassionati, trasformando profondamente la fruizione collettiva e la memoria del gioco. Caricato di un fascino tutto teatrale, con gli spalti al buio e le stelle illuminate sui tappeti erbosi, il pallone crebbe a dismisura, diventando un naturale prodotto televisivo e attirando imprenditori e capitali mai visti.

Con l’aggiunta delle altre competizioni per club, la Coppa UEFA (1955) e la Coppa delle Coppe (1960), nonché del quadriennale Campionato Europeo per nazioni (1960), l’europeizzazione del calcio si completò e sul piano tecnico-tattico prese lentamente forma il concetto sfuggente e però ancora oggi ripetuto di «calcio europeo», inteso almeno nel duplice senso di caratterizzazione distintiva verso l’esterno (riscontrabile dal 1960 nel confronto annuale della Coppa Intercontinentale fra i campioni d’Europa e i campioni del Sudamerica) e di agone speciale dove sono richieste doti specifiche per primeggiare.

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