Alle proiezioni di Avengers: Endgame il ritorno di T’Challa – ucciso «momentaneamente» da Thanos nell’episodio precedente: Infinity War – insieme al suo popolo proveniente dall’immaginario paese africano del Wakanda, era quello salutato con più entusiasmo dagli spettatori. Urla in sala, applausi, gruppi di amici che urlavano in coro «Wakanda!», o il saluto ufficiale di quel Paese fantastico: Wakanda forever. Episodi che rendono l’idea di quanto il supereroe interpretato da Chadwick Boseman, scomparso ieri a soli 43 anni per un tumore, avesse segnato l’immaginario collettivo. Il suo Black Panther – l’episodio del Marvel Cinematic Universe girato da Ryan Coogler e uscito nel 2018 – è stato uno dei maggiori successi nella saga degli Avengers, di cui è l’unico candidato all’Oscar come miglior film. E ha segnato uno spartiacque nel cinema hollywoodiano e nell’intrattenimento di massa, dimostrando che anche sul grande schermo era possibile quanto già avveniva sulle pagine dei fumetti di Stan Lee e Jack Kirby sin dal 1966, anno in cui Black Panther fa la sua comparsa su un albo dei Fantastic Four in contemporanea con la nascita del Black Panther Party negli Stati Uniti. Cioè rendere immensamente popolare un supereroe afroamericano -il primo – e superare una narrativa cinematografica di massa a solo uso delle proiezioni fantastiche del pubblico bianco, anche se Black Panther è stato apprezzato da spettatori di tutti i colori.

Il suo successo planetario arriva negli anni segnati da Black Lives Matter e dal dibattito sull’inclusività nel cinema, dove appunto l’uomo bianco continuava (e continua) a farla da padrone. Il volto di T’Challa, Chadwick Boseman, è stato intensamente amato proprio per questo, per aver prestato il suo corpo – già colpito dal cancro al colon dal 2016, cosa che l’attore aveva tenuto riservata – al supereroe che ha indicato una nuova direzione e delle nuove possibilità su una strada ancora lunga e impervia, nella quale la sua stessa persona di attore si è mischiata a quella del personaggio in una lotta che va ben oltre quella fra Avengers e aspiranti distruttori dell’universo.

Nato in South Carolina nel 1976, Boseman ha fatto il suo debutto come protagonista nel 2013 in 42 di Brian Helgeland, dove interpretava la star del baseball Jackie Robinson, primo giocatore afroamericano della Major League. Già dal 2016 però la sua carriera viene quasi interamente assorbita dal suo alter ego supereroico con l’uscita del capitolo della saga degli Avengers in cui la «pantera nera» fa la sua comparsa: Captain America: Civil War, dove T’Challa è un alleato di Tony Stark/Iron-Man nella guerra fratricida che lacera gli Avengers. Come destinato (anche dai «tipi» che incombono sulla carriera degli attori, e dall’aumento di film finalmente interessati ad affrontare la black history degli Usa) a portare sullo schermo personaggi afroamericani che hanno fatto la storia assumendo un ruolo in precedenza appannaggio esclusivo dei bianchi, l’anno successivo Boseman interpreta Thurgood Marshall (in Marshall di Reginald Hudlin) primo nero a diventare giudice della Corte suprema nel 1967. In un tweet di condoglianze, Martin Luther King III (figlio del reverendo), ha scritto infatti che Boseman – anche interprete di James Brown in Get On Up (2014) di Tate Taylor – «ha portato la Storia sul grande schermo».

Il 2018 è l’anno in cui arriva la fama mondiale con Black Panther, e Boseman vestirà ancora la tuta nera munita di artigli del re di Wakanda altre due volte: in Infinity War (2018) e Endgame (2019).
Il suo ultimo tweet, lo scorso 12 agosto, era un endorsement della candidata alla vicepresidenza Usa in ticket con Joe Biden, Kamala Harris. E anche lo sfidante di Trump ha reso omaggio all’attore sui social: «Il vero potere di Chadwick Boseman era più grande di qualunque cosa avessimo visto sullo schermo. Da Black Panther a Jackie Robinson, ha ispirato generazioni di persone, e mostrato loro che possono essere tutto ciò che vogliono – anche supereroi».

Nel suo film più recente, Da 5 Bloods di Spike Lee – ma sarà ancora sul grande schermo nel film postumo Ma Rainey’s Black Bottom di George C. Wolfe – Boseman è l’amico caduto in Vietnam dei protagonisti, un gruppo di veterani che ai giorni nostri torna nella giungla vietnamita proprio per ritrovare il corpo di Norman, l’amico ucciso dai vietcong, e riportarlo in America. Nei flashback, a differenza dei quattro compagni sopravvissuti – e invecchiati – Norman resta il ragazzo che era nei loro ricordi, l’unico a non essere stato scalfito nel corpo, nello spirito e nella tempra morale, dal passaggio del tempo.