Ordine, contrordine: una mattinata di grande confusione, iniziata con un comunicato della Prefettura di polizia di Parigi che alle 9 del mattino ha proibito la manifestazione di oggi, l’ennesima contro la Loi Travail, per finire, nel primo pomeriggio, con un’autorizzazione. Ma per un percorso più breve di quello proposto dai sindacati, Cgt e Fo in testa, che avevano delineato dei percorsi alternativi dopo aver rifiutato la contro-proposta del ministero degli Interni per una «manifestazione statica»: sarà un corteo di 1,6 km, Bastiglia-Bastiglia, lungo il bacino dell’Arsenale (con meno negozi e vetrine). «Valls ottuso e confuso», ha commentato Jean-Luc Mélenchon, ironizzando sulla manifestazione «ufficialmente autorizzata a girare in tondo in modo statico».
Un pasticcio.

Il mondo politico e sindacale è entrato in fibrillazione ieri mattina, dopo l’annuncio della «proibizione». La prova che Valls aveva deciso di perseverare nella linea dura, dopo l’intervista muscolosa di domenica sul Journal du Dimanche, dove il primo ministro ha chiesto senza mezzi termini ai sindacati di «non organizzare più questo tipo di manifestazioni». L’ultimo corteo, il 14 giugno, era stato molto violento, con l’episodio dell’attacco dell’ospedale pediatrico Necker da parte di un gruppetto di casseurs. Valls aveva mire politiche specifiche, mettere una nuova buccia di banana sotto i piedi già abbastanza instabili di Hollande? Il presidente, come al solito, ha giocato la carta dell’attesa. Ha chiesto «garanzie» ai sindacati sul controllo della violenza. Alla fine, il governo è stato costretto a cedere. «Una vittoria per i sindacati e la democrazia», hanno commentato Cgt e Fo. Il ministro degli Interni, Bernard Cazeneuve, per non perdere del tutto la faccia insiste: «Nessuna violenza sarà tollerata». Valls ha lanciato un appello al «servizio d’ordine» sindacale, per impedire violenze.

In mattinata, si è sentito di tutto. Gli schieramenti tradizionali, destra-sinistra, sono andati a pezzi. Marine Le Pen, che da mesi chiede di proibire le manifestazioni durante lo stato d’emergenza, ha parlato di «dimissioni di fronte ai casseurs» e di «negazione grave di democrazia». Nicolas Sarkozy, candidato non ancora dichiarato all’Eliseo per il 2017, ha spiazzato i suoi, dichiarando che è «sbagliato» proibire le manifestazioni. Tra i Républicains, però, sono prevalsi gli applausi al governo che sembrava aver deciso la proibizione.

A sinistra, è stata una levata di scudi. Il deputato socialista della «fronda», Christian Paul, ha parlato di «errore storico», l’ex ministro ora dissidente, Benoît Hamon, ha sottolineato la «ferita democratica» e «la provocazione politica inutile». L’ex ministra, Christiane Taubira, ha ricordato che «le nostre libertà pubbliche, conquistate, sono un bene prezioso, meritano di essere preservate e esercitate». André Chassaigne, del Pcf, è arrivato a paragonare la Francia di Hollande-Valls all’Ungheria di Orbán. Gli storici del movimento operaio sono stati chiamati a testimone, per ricordare i precedenti di questa più che sorprendente decisione: mentre il governo e il Ps hanno evocato il sit in al posto del corteo per l’apertura della Cop 21 (nel dicembre scorso, solo un mese dopo il massacro del 13 novembre), gli studiosi hanno fatto riferimento alle manifestazioni proibite nel 1906, nel 1908, e, soprattutto, sotto la V Repubblica, quella dell’8 febbraio ’62, durante la guerra d’Algeria.

Allora, la proibizione ebbe un epilogo tragico: il prefetto Maurice Papon (quello poi condannato per la deportazione degli ebrei della Gironda durante la seconda guerra) avevano ordinato la repressione, alla stazione Charonne ci furono 9 morti, molti militanti Cgt. Ultimamente, alcune manifestazioni sono state proibite a Parigi, come una per la Palestina, ma mai un corteo sindacale, per ragioni sociali, era stato annullato in Francia. Valls, «un provocatore», per Eric Coquerel, del Parti de Gauche, un «piromane» per la Verde Cécile Duflot. Pierre Laurent del Pcf si è detto «stupefatto» di fronte a un «autoritarismo irresponsabile». Anche la Cfdt, che pure è d’accordo con il testo della Loi Travail che ha contribuito a modificare, ha condannato la proibizione.

L’Eliseo ha ripreso la mano e evitato il peggio all’ultimo momento.
Ma il primo ministro ha mostrato la corda, costretto a rimangiarsi l’atteggiamento autoritario. La manifestazione resta a rischio, anche i sindacati di polizia hanno espresso preoccupazione. Il sit-in alla Bastiglia, la «manifestazione statica» proposta in un primo tempo come alternativa dalla Prefettura, rischiava di trasformarsi in una trappola per topi, nel caso di arrembaggio da parte dei violenti. Ma questo rischio non è escluso dal «corteo breve» Bastiglia-Bastiglia.