Blocco dell’aumento della contribuzione per i lavoratori autonomi e i collaboratori iscritti alla gestione separata Inps. È uno dei punti del «decalogo» presentato ieri a Roma dalla Consulta delle professioni della Cgil per le partite Iva non iscritte ad un ordine professionale. A partire da gennaio, 1,8 milioni archeologi, traduttori, consulenti, in generale professionisti e collaboratori, dovranno versare nelle casse dell’Inps un punto in più di contribuzione per una pensione che rischia di essere esigua (all’incirca 450 euro mensili) oppure inesistente. Dopo la creazione della Gestione Separata nel 1996, l’aliquota è cresciuta dal 10% al 27,72%. Dal 2014 ricomincerà ad aumentare di un punto ogni anno fino al 33% nel 2018 come previsto dalla Riforma Fornero. Le partite Iva «esclusive», iscritte solo alla Gestione Separata, versano inoltre contributi più alti rispetto agli autonomi iscritti agli ordini professionali che hanno casse previdenziali indipendenti, come ad esempio i commercianti o gli artigiani, (il 24% tra sei anni). Un’ingiustizia che colpisce persone che fatturano fino all’ultimo centesimo. Se l’aumento fosse confermato, chi tra loro guadagna mille euro al mese avrebbe a disposizione un reddito pari a 485 euro, con una perdita di 70 euro in un solo anno.

Insieme al blocco dell’aumento, nella legge di stabilità il sindacato chiederà al governo di inserire il «compenso minimo» per i professionisti con partita Iva. Questa misura dovrebbe essere la precondizione per creare una «rivalsa obbligatoria» per spingere i datori di lavoro a versare una parte dei contributi come accade per i collaboratori a progetto o per i dipendenti. Cgil chiede inoltre di rendere effettive le tutele per la malattia, la maternità, i congedi parentali, di estendere la «Mini Aspi» agli iscritti alla Gestione separata e il «Bonus precari» agli iscritti della Gestione Separata e ex Enpals. Si vuole così comprendere il lavoro autonomo e parasubordinato in una «contrattazione nazionale inclusiva», com’è accaduto per il contratto siglato per gli studi professionali. «Per la Cgil – afferma Davide Imola, responsabile dell’area professioni – è un passo avanti notevole rispetto a quando si occupava solo del lavoro dipendente». La segretaria Cgil Susanna Camusso intende «superare un sistema fiscale differente per ogni professione. Si deve arrivare a pagare non in base alla professione, ma in base al reddito e ai patrimoni». Sulle pensioni: «Bisogna costruire un sistema unico e solidale e pensare all’abolizione delle casse degli ordini professionali». Una posizione che, probabilmente, non verrà salutata con favore dagli ordini.

Con le partite Iva «non ordinistiche» è in corso un dibattito sul ruolo della contrattazione nazionale. Per queste ultime, essa non riguarda tutte le professioni, ma la Cgil la pensa diversamente. Si discute anche sull’universalità delle tutele sociali. Per gli autonomi il crisma del lavoro non passa più solo dalla subordinazione, ma risponde ad una pluralità di condizioni lavorative. La Cgil è orientata a estendere l’equo compenso per i giornalisti ad altre categorie. Per gli altri non è esclusa l’ipotesi del reddito di base o un salario minimo per il quale sarebbe tuttavia necessaria una radicale riforma del Welfare, a partire dalla Cig in deroga.