Bambini tra i 10 e i 14 anni al lavoro nei campi siciliani, come raccoglitori: figli di immigrati, a loro volta sfruttati, che li porterebbero con loro, caricandoli sul furgone dei caporali. La denuncia viene dalla Flai e dalla Cgil, che hanno prodotto un documentario, Terra nera, che verrà presentato il 12 marzo a Catania. Massimo Malerba, della Cgil di Catania, autore del video insieme al regista Riccardo Napoli, e Alfio Mannino, segretario della Flai Cgil catanese, spiegano che «nelle piazzole di raccolta e poi sui furgoni sono presenti ragazzini dai 10 fino ai 14 anni, e anche più grandi, che abbiamo ripreso con le nostre telecamere». «Porteremo il materiale in Procura», annunciano.

Ma non basta, perché sui furgoni dei caporali salgono bambini ancora più piccoli, anche di pochi anni, che però non vengono messi a lavorare: «I braccianti li portano con loro – raccontano i sindacalisti – per non lasciarli a casa da soli, ma in questo modo li sottraggono all’obbligo scolastico. In genere quelli molto piccoli vengono adagiati dentro le “gabbiette”, le cassettine bucate per la frutta, e lì restano tutta la giornata mentre i genitori eseguono la raccolta».

Il documentario è stato realizzato nelle campagne del catanese, ricche di olive e soprattutto di agrumi: in particolare i due autori hanno registrato immagini e testimonianze nelle piazzole di raccolta degli immigrati, dove avviene la selezione da parte dei caporali, nei paesi di Paternò, Adrano, Acireale e Aci Catena. Inoltre, hanno intervistato padre Beniamino Sacco, parroco di Vittoria, che qualche mese fa ha denunciato lo scandalo dei cosiddetti “festini agricoli”: lavoratrici rumene sfruttate e costrette ad avere rapporti sessuali con caporali e titolari delle aziende agricole.

Tutto per 15 euro

Lavoro minorile a parte, le modalità di sfruttamento cui sono sottoposti i migranti che vivono in Sicilia (in buona parte irregolari), sono più o meno simili a quelle che si registrano in altri territori ad alta intensità agricola, dalla Calabria alla Puglia. «Fanno 12 ore al giorno per paghe che vanno dai 20 ai 30 euro totali, da cui si deve sottrarre la percentuale da destinare ai caporali – spiega Malerba – In genere si va dai 5 ai 15 euro». Soldi non giustificati dal solo viaggio offerto ai braccianti: «La cifra è richiesta espressamente per ottenere in cambio la giornata – aggiunge il sindacalista – Se non paghi non puoi salire sul furgone, né avere il tuo posto in campagna. I caporali sono spesso rumeni, che sfruttano, e in molti casi anche terrorizzano, sia propri connazionali che immigrati di altre etnie».

I dati del lavoro nero in agricoltura sono molto alti in Sicilia, anche se spesso sfuggono alle statistiche. «Sulle 11 mila aziende agricole della regione – spiega Mannino – l’Inps ne ha ispezionate 270 nel 2014, e ha scoperto 570 lavoratori completamente in nero. Il rapporto è di un bracciante sommerso ogni 3». «Basti pensare – aggiunge il segretario della Flai – che nel registro anagrafico di Paternò sono iscritti soltanto 7 cittadini marocchini, mentre noi realizzando il video ne abbiamo trovati 43 accampati dentro la Falconieri, una scuola abbandonata e diroccata: vivono lì senza acqua né luce».

Tra nuovi arrivi con i barconi e migrazioni interne, da una provincia all’altra, è facile immaginare che censire non sia semplice. E anche quando i lavoratori ottengono il permesso di soggiorno, poi la truffa e l’abuso vengono perpetrati sulle giornate di lavoro: sempre citando i registri di Paternò, Mannino spiega che «su 250 stranieri iscritti, ben 80 risultano fare meno di 10 giornate lavorative l’anno. Ma in realtà la gran parte di loro ne fa oltre 150, solo che spesso le imprese ne segnano 7, 8 o 9 per poter evadere tasse e contributi».

Nella piattaforma del sindacato, c’è infatti la richiesta alle autorità di incrociare i dati dei permessi di soggiorno e delle ore lavorate. E poi ce ne sono altre cinque: 1) Riformare il mercato del lavoro, istituendo presso gli uffici di collocamento delle liste pubbliche cui potranno accedere le imprese. «L’esperimento è già stato attivato in Puglia, e ha ridotto la piaga del caporalato – spiega il segretario Flai – Noi proponiamo inoltre che le imprese che scelgano di servirsi solo presso le liste pubbliche possano ottenere una certificazione di qualità e agevolazioni per accedere ai fondi dell’Unione europea».

La richiesta numero 2) è quella di coordinare i controlli tra i vari enti preposti: ispettori ministeriali, Inps, Fiamme gialle e altri istituti, per renderli più capillari ed efficaci.

Reato penale per le imprese

Un’altra richiesta, la 3): è quella di completare la legge sul caporalato, facendo in modo che incorrano nel reato penale non solo i caporali, ma anche gli imprenditori che sfruttano il lavoro. La prima parte di questa riforma, voluta fortemente dal sindacato, è stata ottenuta nel 2011 e ha stabilito il reato di «intermediazione illecita» e «sfruttamento del lavoro».

La richiesta 4): Riformare la legge Fornero per i braccianti agricoli, anticipando l’età di uscita. Non si può faticare nei campi fino a 67 anni. Infine, richiesta 5): Nuovi ammortizzatori sociali, perché esiste già la disoccupazione agricola, ma servono tutele anche nei casi in cui non si effettua la raccolta, come le calamità naturali.

Il video verrà presentato il 12 marzo al Teatro Sangiorgi di Catania: parteciperanno – tra gli altri – la segretaria confederale Cgil, Serena Sorrentino, e la segretaria generale della Flai Cgil, Stefania Crogi.