La rabbia e l’indignazione sui social si è fatta sentire dopo che la proposta sull’anticipo pensionistico (l’Ape renziana) è stata ufficializzata dal governo. Andare in pensione anticipata facendo un mutuo con una banca, rinunciando fino al 20% dell’assegno in cambio di un prestito da restituire in vent’anni, è un’idea che è stata compresa per quello che è: una rapina. L’indignazione si è rivolta anche contro i sindacati che, in un comunicato non proprio felice e del tutto fuori corda, fino all’altro ieri parlavano di «novità positive» giunte dal primo confronto con il governo svoltosi il 14 giugno. Nella memoria collettiva sono ancora presenti gli effetti disastrosi della riforma Fornero, incassata dai sindacati quasi senza battere ciglio, preoccupati dal clima emergenziale in cui fu approvata una legge che ha aumentato l’età pensionabile e creato il disastro degli «esodati».

***Intervista a Christian Marazzi: «Tutta la vita con il debito grazie al piano Renzi sulle pensioni»

Quarantott’ore di inerzia hanno permesso al governo di ammantare la proposta di finanziarizzazione della pensione, e dell’indebitamento a vita, avanzata dal sottosegretario alla presidenza del Consiglio Tommaso Nannicini di un generale ed equivoco consenso, guarnito con una soddisfazione che in realtà non corrisponde ai dubbi e alle cautele dei sindacati. Questi ultimi, considerato il rischio di passare per quelli che stanno accettando un non meglio precisato scambio inconfessabile sulle pensioni, ieri hanno iniziato a frenare. Anzi, a precisare particolari decisivi, inviando messaggi chiari al governo per il prossimo tavolo di confronto, previsto per il 23 giugno.

Di buon mattino ieri un tweet di Massimo Gibelli, portavoce della segretaria della Cgil Susanna Camusso, sostenveva che la proposta del governo sulla flessibilità in uscita dal lavoro «è ancora molto lontana» dalla piattaforma unitaria sulle pensioni sottoscritta da Cgil, Cisl e Uil. Corso italia, ha ribadito Gibelli, chiede «la riforma strutturale della legge Fornero». Poche ore dopo, Camusso è intervenuta da Pavia, e ha precisato: «Vedo troppo entusiasmo sulla proposta del ritiro anticipato dal lavoro con il meccanismo ventennale dalle banche» ha detto, alludendo forse al governo, l’unico al momento «entusiasta». «Noi vogliamo ragionare invece su una riforma strutturale della legge Fornero per fornire risposte concrete ai lavoratori».

La richiesta di intervenire sul nocciolo della questione è stata preventivamente esclusa dal governo. Se ci sono ancora margini per intervenire sull’introduzione della finanza nelle pensioni anticipate (che sarà comunque volontaria) su questo punto le cose sono chiare. Non si tratta. Soddisfatta l’autrice della legge, Elsa Fornero che trova soddisfacente l’ipotesi finanziaria del governo sulla «flessibilità in uscita», a condizione che «i costi non ricadano sul bilancio pubblico». I 10 miliardi preventivati dovrebbero infatti ricadere sulle spalle dei lavoratori attraverso l’adozione di una «rata di ammortamento». «Dicono che non si cambia – argomenta Carmelo Barbagallo, segretario Uil – Va bene: faremo tante di quelle eccezioni che dovranno per forza ascoltarci».

Più chiaro sull’argomento è stato anche Maurizio Landini (Fiom) che ha definito «insensata» la proposta di Nannicini. «Non è utile che un tema di questa natura venga affrontato con espedienti di questo genere – ha aggiunto – La riforma Fornero va modificata strutturalmente e bisogna cambiare il sistema contributivo, introducendo un sistema pensionistico con elementi di solidarietà al suo interno e garanzie minime per tutti». Insomma potrebbe esserci un’altra via per la «flessibilità», anche se il governo sembra avere deciso di percorrere la propria.