È quasi una gara, tra la Cgil e la Fiom, per chi avrà la piazza di autunno. Maurizio Landini ha indetto ieri pomeriggio una manifestazione per il 25 ottobre, e Susanna Camusso – in serata, durante la nuova trasmissione di Giovanni Floris su La 7 – ha a sua volta annunciato una «manifestazione per il lavoro in ottobre». Due iniziative diverse, quindi, per parlare al governo: entrambe le organizzazioni, però, lasciano ancora aperta una “linea di credito” a Matteo Renzi, e non si contrappongono in maniera frontale al premier.

La mobilitazione Cgil, ha anticipato Camusso, verrà proposta al prossimo Direttivo, e verrà fatta entro il 10 ottobre. La segretaria Cgil ha detto di vedere «grande volontà di cambiamento nell’esecutivo, ma nello stesso tempo politiche in continuità con i governi precedenti, con tagli lineari alla spesa invece di investimenti per creare lavoro». «Le riforme, a partire da quella della pubblica amministrazione, non dovrebbero essere fatte contro il lavoro bensì contro i poteri che bloccano». Camusso ha concluso sull’articolo 18: «Proporremo noi stessi una modifica dello Statuto, perché diventi inclusivo di tutte le forme del lavoro. È necessario svoltare, bisogna smetterla con questa discussione tutta fatta sulla riduzione dei diritti».

I metalmeccanici torneranno in piazza a Roma, e anche a scioperare, seppure solo territorialmente. Ieri la Fiom ha tenuto la sua Direzione nazionale, un organo a metà strada tra la segreteria e il classico Comitato centrale, per la convocazione del quale non esistevano i tempi tecnici. Su proposta di Landini e della segreteria si è deciso un percorso di mobilitazione composito: 8 ore di sciopero da gestire sul territorio e una grande manifestazione nazionale a Roma per sabato 25 ottobre. Il tutto verrà ratificato nell’Assemblea nazionale dei delegati convocata a Cervia (Ravenna) venerdì 26 e sabato 27 settembre.

La piattaforma a sostegno della mobilitazione della Fiom non menziona direttamente il governo ed è tutta propositiva, in appoggio alle richieste già più volte presentate da Landini, ad esempio con la lettera a Repubblica di qualche mese fa: «Rilancio della politica industriale e degli investimenti pubblici e privati, incentivazione e rifinanziamento dei contratti di solidarietà, riduzione dell’orario per impedire i licenziamenti e per riformare davvero il mercato del lavoro», spiega lo stesso Landini.

È però evidente che questa mobilitazione dei metalmeccanici è stata decisa anche contro i ritardi dell’esecutivo, a partire da quelli sulla risoluzione delle tantissime crisi aziendali i cui tavoli si susseguono senza sosta al ministero dello Sviluppo, diretto da quella Federica Guidi che ieri si è detta favorevole a cambiare l’articolo 18 perché in buona sostanza «i lavoratori hanno troppo peso all’interno delle aziende».

Nessuna menzione di Renzi, invece, sebbene la minoranza interna della Rete 28 aprile abbia contestato il rapporto di Landini con il presidente del consiglio. In serata il segretario generale Fiom era proprio a Firenze, unica festa de l’Unità ad averlo invitato, a parte quella di Reggio Emilia. Già nell’incontro del 27 agosto a palazzo Chigi, Landini aveva fatto richieste molto precise a Renzi per risolvere le tante crisi aziendali, da Termini Imerese a tutta la siderurgia (Lucchini, Ilva, Ast Terni), dall’Eni all’information technology (a partire da Alcatel).

Una sorta di ultimatum mandato direttamente al presidente del consiglio: o si cambia verso davvero nella politica industriale o la Fiom farà opposizione nel Paese. Rimandando il giudizio alle prime settimane di settembre, concedendo dunque un’ultima apertura di credito per il premier definito nei giorni seguenti «un interlocutore attento».

Maurizio Landini è quindi convinto che la possibile svolta arriverà in questi giorni e dunque continua a stare attento a non attaccare frontalmente Renzi. L’attacco dunque è tutto per la ministra Guidi e l’idea di seguire le ricette di Confindustria: «Sul lavoro bisogna cambiare verso, ma bisogna farlo cambiando le politiche dei governi che hanno preceduto questo», ha detto ieri sera appena arrivato a Firenze. «Le ricette di Confindustria che punta a cancellare i diritti e i contratti nazionali non ci sembrano la strada da percorrere», ha spiegato.

Ma ad anticipare la Fiom nella scelta della piazza, stavolta è arrivata la Fim Cisl. Che già domenica aveva deciso di «portare la crisi sotto palazzo Chigi». Martedì 30 settembre «centinaia di delegati, lavoratori, cassintegrati, delle aziende in crisi dell’industria metalmeccanica» terranno «un grande presidio» sotto la presidenza del consiglio «per suonare la sveglia alla politica e al governo».

La piattaforma Fim è però ben diversa da quella della Fiom: «La politica, il Parlamento, il governo devono affrontare i veri nodi competitivi all’origine della crisi: infrastrutture, costo dell’energia, costo del denaro e credito, giustizia e regole certe». «Porteremo la crisi dell’industria sotto i palazzi – spiega il segretario Fim, Beppe Farina – Se non si agisce subito rischiamo di perdere un patrimonio enorme, fatto di competenze, eccellenze e saperi. Non ce lo possiamo permettere».

L’ultimo sindacato confederale metalmeccanico, la Uilm, non ha ancora deciso il da farsi anche perché è alla vigilia del congresso nazionale, che si terrà a Reggio Calabria dal 16 al 18 settembre. Con Fiom e Fim invitati e presenti.