Per ora ha vinto lei, o almeno dicono così le cifre ufficiali: Susanna Camusso ieri, presentando il prossimo congresso di Rimini (dal 6 all’8 maggio), ha tentato di mettere la parola fine sullo scontro che ha caratterizzato gli ultimi mesi. Quello con la Fiom di Maurizio Landini, che le contesta di aver firmato un Testo unico sulla rappresentanza penalizzante per il sindacato, i delegati e i lavoratori. Landini ha consegnato, come la stessa segretaria aveva chiesto al congresso della Fiom, i dati relativi alla consultazione dei metalmeccanici: ma senza poter scorporare quelli degli iscritti alla Cgil.

Quindi «una somma non si può fare – ha spiegato Camusso ieri in conferenza stampa – Non possiamo calcolare mele e pere insieme. In ogni caso, su 447.614 votanti alla nostra consultazione, ha detto sì all’accordo il 95,5% dei votanti. E se pure volessimo aggiungere quelli della consultazione Fiom, il sì sarebbe al 66%. Quindi il mandato dei nostri iscritti è chiaro: adesso si apre la fase dell’applicazione dell’accordo».

Il referendum indetto dalla Fiom nelle fabbriche – dove hanno potuto votare anche i non iscritti alla Cgil – ha visto 237.220 votanti, e il no all’accordo ha prevalso all’86,6%. Un esito che non basta a ribaltare il risultato finale, anche se la somma è appunto impossibile non solo per motivi tecnici, ma anche perché le due parti non si riconoscono reciprocamente la legittimità delle due consultazioni. A questo punto, come si procede?

Abbiamo chiesto a Camusso se 1) intenda rispondere alla richiesta fattale da Landini, nel confronto tra i due al congresso Fiom, di «cambiare insieme quel testo». E 2) se in generale il suo prossimo mandato di 4 anni alla Cgil (appare scontato che verrà confermata) sarà caratterizzato da un maggior coinvolgimento delle categorie e più in generale di tutta la confederazione negli snodi vitali per il sindacato: visto che non solo Landini ma tanti segretari di categoria hanno spiegato di non essere stati sentiti prima della firma di quel testo, e di essere stati messi davanti al fatto compiuto al Direttivo del 17 gennaio.

«Violerei i principi della democrazia se dopo una consultazione degli iscritti, andassi contro al Testo unico: è una cosa che evidentemente non mi si può chiedere», ha risposto la segretaria Cgil alla prima domanda.

Però, nella risposta alla seconda domanda, quella sul coinvolgimento delle categorie, ha lasciato uno spiraglio aperto: «Il tema è stato già affrontato nei direttivi. Nel merito ogni accordo è migliorabile: penso ad esempio a un tema, il voto dei lavoratori sulle intese aziendali firmate dalle Rsu. Il Testo unico adesso dovrà essere tradotto nei rinnovi nazionali, e lì si potranno declinare delle modifiche: come metodo, ci siamo impegnati a coordinare i rinnovi contrattuali».

Ma la Cgil ieri ha anche presentato il suo Primo maggio: che sarà, come ha detto la stessa Camusso, «anche quest’anno, purtroppo, una festa dei disoccupati». Eppure il segnale che vogliono dare i tre sindacati – con Bonanni e Angeletti questa mattina la segretaria sfilerà a Pordenone – è che alla crisi e ai morsi della globalizzazione si può resistere: la città friulana è infatti sede di uno stabilimento della Electrolux, quello di Porcia, e le mobilitazioni in quel caso stanno pagando.

Il pomeriggio si terrà il consueto Concertone di San Giovanni, a Roma. E poi dal 2 al 4 maggio, a Rimini, le Giornate del Lavoro, una «festa» di dibattiti, musica, cinema e teatro che la Cgil ha deciso di dedicare al Paese (invitati tanti ministri e intellettuali) giusto prima del congresso. Il 5, una giornata speciale di confronto con il sindacato europeo. Infine, il 6-8 maggio il Congresso: dove è stato invitato anche il premier Matteo Renzi, che però non ha ancora detto se verrà.

Camusso ha anche parlato della riforma del pubblico impiego messa in campo ieri da Renzi: «Noi siamo pronti a discutere – ha detto – Ma se si decide senza i lavoratori, è difficile recuperare l’efficienza».

Un’ultima domanda, l’abbiamo posta sul decreto Poletti: la Cgil andrà in piazza o no? «Abbiamo sempre detto che quella riforma è sbagliata, perché il governo prometteva un contratto con più garanzie e invece ora moltiplica la precarietà, togliendo le causali. Continueremo a chiedere modifiche al Senato, e per un’eventuale risposta ci consulteremo con Cisl e Uil: con i quali non c’è esattamente lo stesso giudizio, anche se oggi vedo qualche preoccupazione in più rispetto all’inizio».