Il pulmino della legalità che la Cgil ha messo in circolo in tutta Italia fa tappa a Palermo proprio nel giorno dell’elezione di Sergio Mattarella: nel capoluogo siciliano diluvia per tutto il giorno, ma c’è un’eccitazione particolare. Soprattutto alla Camera del Lavoro, dove sfilano le storie di chi ha perso il posto dopo il sequestro delle imprese di cui erano dipendenti: e sembra quasi che il nuovo presidente della Repubblica, ma soprattutto il premier Matteo Renzi, possano ascoltare. Una richiesta su tutte: una legge per contrastare l’illegalità, con il recupero dei beni confiscati alla mafia, norme efficaci sugli appalti, un intervento deciso contro la corruzione e l’evasione fiscale.

E niente norma del 3%, quella infilata dalla famosa “manina” nel decreto fiscale, sospeso per aspettare l’avvicendamento al Quirinale ma che il premier vuole riprendere al consiglio dei ministri del 20 febbraio. La segretaria Susanna Camusso lo ha detto ieri, nell’ultima tappa a Napoli del pulmino Cgil, dove è intervenuto anche il presidente dell’ autorità Anticorruzione Raffaele Cantone: «Penso sia un profondo errore ritenere che chi fa volutamente dell’evasione entro un certo limite debba essere considerato non punibile. Ciò induce all’idea che fare i furbi viene premiato anziché contrastato».

«Io riattivo il lavoro»

La Cgil con la sua campagna sostiene una proposta di legge di iniziativa popolare – la 1138, «Io riattivo il lavoro» – che è attualmente in discussione alla Commissione Giustizia della Camera, accanto a una sugli stessi temi presentata da Rosi Bindi. La Commissione vorrebbe arrivare a una sintesi tra le due proposte, e ha dato tempo fino al 27 febbraio per gli emendamenti: poi si dovrebbe (si spera) approdare all’Aula. I punti salienti della legge ce li riassume Luciano Silvestri, della Cgil nazionale: 1) dotare di risorse e personale l’Agenzia nazionale per i beni confiscati, in modo che quei beni possano essere riassegnati prima possibile; 2) creare un albo degli amministratori giudiziari, e formarli: devono essere dei veri e propri manager, o perlomeno devono farsi affiancare da manager, e non ridursi a curatori fallimentari che portano a morte il bene confiscato; 3) istituire un Fondo di rotazione, per prestiti agevolati alle cooperative o agli stessi amministratori giudiziari, in modo che possano affrontare i problemi di liquidità delle imprese da riassegnare; 4) creare le condizioni perché le banche agevolino le imprese, ad esempio accettando di estinguere l’ipoteca sul bene: «È accaduto di recente con il latifondo palermitano Verbumcaudo – spiega Silvestri – Unicredit ha accettato di estinguere l’ipoteca e adesso il bene è gestito da tre cooperative; 5) sostenere i lavoratori con gli ammortizzatori sociali, almeno nella fase della start-up».

Questo nello specifico della proposta di legge, ma la Cgil sostiene poi una riforma più generale: lo stop alla norma-“manina” del 3%, come detto. E poi, dice Silvestri «aumentare i tempi della prescrizione, perché sono troppo bassi, ripristinare il reato di falso in bilancio, garantire la trasparenza negli appalti e le clausole di salvaguardia per i lavoratori».

Coi criminali ti va meglio?

Proprio il già citato feudo Verbumcaudo ha subito una piccola intimidazione, di recente, ma fortemente simbolica, come spiega il segretario generale della Cgil di Palermo, Enzo Campo: «Hanno sparato un colpo di fucile contro l’insegna del feudo, centrando il simbolo della Repubblica italiana».

Campo e la Cgil di Palermo hanno raccolto un gruppo di lavoratori che hanno raccontato le loro esperienze, alcune positive, altre purtroppo ancora non risolte, dopo il sequestro delle loro aziende per mafia: «Il messaggio che ci preme dare più di tutto è quello che non si pensi che con la mafia si trova lavoro, mentre si perde non appena arriva lo Stato, la legalità. Perché purtroppo qui la tentazione è forte: non dimenticherò mai la manifestazione alla vigilia del maxiprocesso a Cosa nostra, nel 1986, dove alcuni lavoratori, molto probabilmente organizzati per provocare, alzavano il cartello “Con la mafia si lavora, senza no”. Il sindacato non può permettere che accadano queste cose».

Eppure può succedere, soprattutto in tempi di crisi: e quei cartelli si potrebbero rivedere, se lo Stato non fosse efficiente nell’assicurare che dopo il sequestro di un’impresa, segua poi una rimessa in carreggiata della produzione e dei lavoratori che incolpevolmente sono rimasti coinvolti.

Ad esempio parla un lavoratore edile della Ati Group, grossa azienda edile confiscata, che tuttora è in cassa integrazione. Gli ex dipendenti non sanno più a che santo votarsi, e per fortuna grazie al sindacato e alle pressioni della politica, ultimamente si è riusciti a far riassumere questi lavoratori nell’appalto per la ricostruzione del viadotto Scorciavacche, crollato pochi giorni dopo l’inaugurazione lo scorso Capodanno: ma i lavori tardano a partire. All’iniziativa Cgil è invitato anche Carmelo Miceli, segretario del Pd palermitano, renziano: la Cgil chiede che il Pd sostenga la sua proposta di legge, e che magari proprio i deputati siciliani se la prendano a cuore.