Nel grottesco polverone di accuse, smentite e giustificazioni seguito alla tragedia di Ceuta dello scorso 6 febbraio, restano, ben visibili due punti fermi: i quindici migranti morti nel tentativo di aggirare il confine spinato che separa il Marocco dell’enclave spagnola e il fatto che la Guardia Civil non ha rispettato la legge sull’immigrazione, che prevede che chiunque arrivi a toccare il suolo spagnolo debba essere assistito e identificato.

Una violazione a cui, secondo il ministro dell’Interno Jorge Fernández Díaz, bisogna rimediare. Non, però, sanzionando la condotta della Guardia Civil, come sarebbe logico e come chiede a gran voce l’opposizione al governo, ma cambiando la legge «per avere più controllo sulle frontiere e creare una normativa che dia alle forze dell’ordine uno strumento adatto ad affrontare queste situazioni». In altri termini l’intenzione sarebbe quella di disegnare una legge ad hoc per sigillare il confine marocchino consentendo espulsioni indiscriminate e dando alla Guardia Civil la possibilità di rispedire legalmente e immediatamente al mittente i migranti che tentano di oltrepassare la barriera spinata. Magari sparando pure proiettili di gomma, com’è avvenuto lo scorso 6 febbraio. Sarebbero stati proprio questi spari, insieme al lancio di fumogeni, ad aver seminato – secondo le ricostruzioni – il panico tra i migranti, causando l’affogamento di quindici di loro a poche bracciate dalla spiaggia ceutí di El Tarajal e sotto lo sguardo della Guardia Civil, che – secondo le testimonianze di varie Ong – avrebbe poi prelevato ed espulso i ventitré superstiti.

Un episodio gravissimo che ha scatenato un acceso dibattito parlamentare, durante il quale tutta l’opposizione ha chiesto la testa del ministro degli Interni, che ha però difeso la condotta delle forze dell’ordine. Lo stesso ha fatto il premier Rajoy, che ha affrontato per la prima volta l’argomento dopo undici giorni di sconcertante silenzio. Secondo il presidente del governo, «i proiettili non furono esplosi sulle persone (ma i video lo smentiscono) e i fatti non sarebbero avvenuti in territorio spagnolo (secondo il governo non si è in Spagna finché non si superano i posti e i controlli di frontiera)». Una penosa giustificazione che scarica la responsabilità sul Marocco e riduce la vita di quindici perone a una questione di centimetri.

Fernández Díaz ha rivolto un appello alla Ue: «L’Europa – ha dichiarato il titolare degli Interni – oltre che elargire consigli, deve dare finanziamenti. La Spagna ha speso 60 milioni negli ultimi 5 anni e non può affrontare il problema da sola. I paesi che hanno confini extraeuropei, hanno diritto di chiedere aiuto alla Ue per far fronte a un fenomeno di questa portata». Una richiesta d’aiuto che è anche una frecciata al commissario europeo per gli affari Interni Cecilia Malmström, che ha duramente criticato l’uso dei proiettili di gomma: «Come garante dei trattati, la Ue si riserva il diritto di intraprendere le azioni dovute qualora si dimostrasse che un paese dell’Unione ha violato le norme».

Alcune risposte potrebbero arrivare già nelle prossime settimane: i filmati registrati dalle telecamere disseminate lungo il perimetro della recinzione sono stati consegnati ieri ai giudici spagnoli, che potranno così far luce su alcuni punti controversi dell’operato della Guardia Civil. A questo punto anche il ministero dell’interno li ha resi pubblici sul suo sito web sbandierando una tardiva operazione «trasparenza». I video della tragedia, nove in tutto senza audio e con scarsa risoluzione, sono preceduti da una spiegazione assolutoria del comandante della Guardia Civil Fernando Cubillo.

Intanto, nonostante la tragedia, le pressioni migratorie su Ceuta e Melilla – con i centri di accoglienza al collasso – non accennano a diminuire: lunedì scorso più di 200 migranti subsahariani (il 6 febbraio furono 250) hanno tentato un assalto alla frontiera di Melilla – il quinto dall’inizio dell’anno – e circa un centinaio di essi sono riusciti a raggiungere la città spagnola. I dati del ministero degli Interni dicono che nel 2013 circa 4.200 persone sarebbero entrate in Spagna attraverso le due enclave in territorio marocchino, facendo segnare un aumento del 48% rispetto al 2012. Secondo un rapporto governativo, una colonia di circa 30.000 persone (molte meno secondo le Ong) vive accampata a ridosso delle due enclave in attesa di un’occasione per oltrepassare la frontiera. Coloro che riusciranno a entrare in Spagna hanno circa una possibilità su due di essere respinti: dei 13.241 immigrati «irregolari» transitati dai centri di immigrazione di tutto il paese nel 2012, 5.924 sono stati infatti espulsi.