L’obiettivo è ambizioso: provare a ricostruire uno dei momenti più controversi e drammatici della storia italiana: gli anni del terrorismo e delle stragi. Lo strumento è quello della fiction, forma di racconto quasi inevitabile se si vuole portare al grande pubblico su una tv generalista una struttura narrativa altrimenti ostica e complessa. Ma complicato, perché è facile scivolare nella schematizzazione di personaggi e eventi, o peggio alterare il fatto storico. In ogni caso Gli anni spezzati, la serie diretta da Graziano Diana per Raiuno, nasce a rischio polemiche. Divisa in sei parti, stasera e domani ne «Il commissario» rievoca la figura di Luigi Calabresi, il 13 e il 14 «Il giudice» vedrà Alessandro Preziosi nei panni del magistrato Mario Sossi e Ennio Fantastichini in quello del collega Francesco Coco, a completamento del trittico, il 28 e il 29 «L’ingegnere» con Alessio Boni e Giulia Michelini, affronta il tema degli anni di piombo dal punto di vista familiare nel dramma di un dirigente che scopre il coivolgimento della figlia in una banda di terroristi.

Un progetto di non facile realizzazione; l’idea è del 2005 ma il budget iniziale è ristretto – 9 milioni di euro. Anche la posizione dei parenti delle vittime non è stata affatto scontata; Mario Calabresi, il figlio del commissario e ora direttore della Stampa, non ha voluto essere coinvolto ma si è riservato di valutarlo dopo la messa in onda». Lo conferma anche il produttore della fiction, Alessandro Jacchia: «Abbiamo coinvolto molta gente, le famiglie come Sossi e Coco hanno collaborato raccontando storie e aneddoti, altre come Calabresi sono rimaste volutamente e legittimamente fuori».

Il regista Graziano Diana (nel curriculum molta commedia al cinema nei 90 e negli ultimi anni sul piccolo schermo La vita rubata con Beppe Fiorello e nel 2010 Edda Ciano e il comunista con Stefania Rocca e Alessandro Preziosi), spiega la ragion d’essere de Gli anni spezzati – che ha avuto il patrocinio dell’Associazione nazionale della Polizia di Stato e dell’Associazione Vittime del terrorismo – è più che giustificata: «Sono passati oltre 40 anni, 44 dalla strage di Piazza Fontana e ci sembra una distanza giusta per affrontare questi argomenti. Una serie che vuole essere spettacolare drammaturgicamente, ma rigorosa nel rispetto dei fatti».

Diana offre alla platea televisiva tre figure simbolo, ma non vuole sentire parlare di schematizzazione o semplificazione dei caratteri. «Tentiamo – spiega dalle colonne di Repubblica – di far passare le divisioni ideologiche non attraverso gli slogan ma attraverso le persone. Rileggiamo quegli anni restituendo anche i lati positivi, c’è la scena dell’allunaggio che lega insieme anarchici e poliziotti, un momento in cui esiste un futuro possibile, che va a spegnersi nella violenza. I ragazzi conoscevano l’impegno, il futuro era qualcosa da costruire con le nostre mani».

Il racconto del primo film in onda stasera e domani alle 21.10 su Rai, si apre nel 1969 con le indagini di Calabresi all’indomani della strage di piazza Fontana. A interpretarlo è stato chiamato Emilio Solfrizzi: «Quando mi hanno proposto di partecipare ci ho riflettuto molto – ha spiegato nei giorni scorsi alla stampa l’attore romano – non è facile entrare nei panni di un personaggio che è anche un simbolo di un’epoca, che porta con sè anche delle implicazioni ideologiche, politiche». Nel cast dell’episodio troviamo Luisa Ranieri nel ruolo di Gemma, la moglie del commissario.