Grande successo di partecipazione alle elezioni europee per le liste a sinistra di Macron, tra diverse sfumature dal rosso al rosa pallido, accanto a un’offensiva verde. Il rovescio della medaglia è una dispersione del voto che può tradursi in una netta diminuzione della rappresentanza di questa area politica nel prossimo europarlamento: in Francia lo scrutinio europeo è proporzionale con circoscrizione unica nazionale e lo sbarramento è al 5%, percentuale che poche delle 8 liste rosa-verdi riusciranno a oltrepassare (ma basta il 3% per ottenere il rimborso delle spese di campagna). Corrono in otto perché tutti vogliono “contarsi”, grazie al proporzionale, per pesare sugli schemi futuri di egemonia a sinistra. L’ultima nata è la lista Urgence écologie, fondata da Delphine Batho (deputata che ha ereditato la circoscrizione di Ségolène Royal ed effimera ministra dell’ambiente all’inizio della presidenza Hollande), assieme a Antoine Waechter, vecchio ecolo centrista, su posizioni ecologiste radicali.

In questo panorama a sinistra della République En Marche, centrista ormai più attirata dalla destra, ci sarà un assente clamoroso: per la prima volta dal 1979, il Partito socialista non correrà con la sua sigla. Solo due anni fa, il Ps concentrava gran parte del potere, presidenza della Repubblica, primo ministro, ora gli resta il controllo di una buona fetta di Regioni e qualche grande città, prima di tutto Parigi, Lille, anche Lione (con qualche distinguo). Il Ps ha votato la fusione con il movimento Place Publique, fondato il 6 novembre scorso dall’intellettuale Raphaël Glucksmann, che sarà capolista. I candidati saranno divisi tra Place Publique, Ps, e qualche gruppetto, tra cui Cap21, che un tempo era alleato del gollista Alain Juppé e nel 2017 ha fatto campagna per Macron. Nel Ps ci sono molti scontenti (e anche in Place Publique, fondata da tre persone, una di loro, l’economista Thomas Porcher, ha già abbandonato il movimento).

Glucksmann era partito con l’idea di creare un movimento di unione, Place Publique avrebbe dovuto essere il punto di convergenza di tutta l’area a sinistra di Macron che resta europeista convinta, cioè con l’esclusione della France Insoumise di Jean-Luc Mélenchon. Ma solo il Ps ha risposto presente, anche perché l’attuale segretario, lo sconosciuto Olivier Faure, non aveva nessuna voglia di assumersi in prima persona una sconfitta annunciata alle europee.

La figura di Glucksmann suscita qualche perplessità, dubbi sulla sua capacità di parlare a un elettorato popolare, interrogativi su un percorso di apprendista politico che lo ha portato a consigliare Micheil Saakachvili in Georgia e la rivoluzione arancione di Maidan in Ucraina. Glucksmann ha il sostegno delle sindache di Parigi e Lille, Anne Hidalgo e Martine Aubry.

Tutte le liste fanno riferimento all’ecologia, speso con differenze talmente sottili che rischiano di sfuggire al comune elettore. In testa all’offensiva verde c’è Europe Ecologie di Yannick Jadot (ex Greenpeace). Europe Ecologie punta a superare la France Insoumise, per essere la prima forza di opposizione non nazionalista. Ma ultimamente delle dichiarazioni di Jadot – sul registro “né destra né sinistra” – hanno creato confusione (che si aggiunge alle perplessità sulla numero due, Michèle Rivasi, sospettata di essere “no Vax”). Sul fronte verde-rosa, Génération.s di Benoît Hamon, che aveva cercato di imporre senza successo un “voto cittadino” (su Internet) per arrivare a liste di unione a sinistra, fa riferimento alla corrente “Primavera europea” presente in altri paesi Ue, ma in Francia non ha trovato alleati di peso. Il Pcf presenta una sua lista, sono falliti i tentativi di alleanza con Hamon, mentre è da tempo sotto tensione l’intesa con la France Insoumise, stabilita alle ultime presidenziali. Completano la lista degli otto, le due formazioni trotzkiste, Npa e Lutte ouvrière.

La rivolta dei gilet gialli non sta portando voti alla sinistra di Macron (anche se i gilet non riusciranno a presentare delle liste per le europee). Il presidente è impegnato in un testa a testa con il Rassemblement national. «Non è facile esistere» ammette un deputato France Insoumise, che stando agli ultimi sondaggi potrebbe più che dimezzare i voti di Mélenchon alle presidenziali (dal 19,5% al 7-9%). Lo scrutinio europeo non è il più favorevole per un partito che è ambiguo sull’Europa: La France Insoumise continua a parlare di Piano B (uscita dai Trattati cioè Frexit) se il Piano A (riforma dei Trattati) non funziona. La capolista, Manon Aubry, è molto giovane e praticamente una sconosciuta. Ma questa caratteristica è condivisa da altre liste, a cominciare dal Rassemblement national che ha scelto un ventenne ignoto, Jordan Bardella, o anche la République en Marche, che dovrebbe presentare capolista la ministra degli Affari europei, Nathalie Loiseau, una diplomatica anch’essa poco conosciuta.