C’erano una volta i Cinque Stelle antipetrolio che strillavano: «Giù le mani dal nostro mare». C’erano una volta, appunto. Perché, adesso, il governo gialloverde, dei grillini e della Lega, si conferma…fossile e, tra gli strali ecologisti, rafforza la tesi ambientalista che sostiene non ci sia alcuna «discontinuità rispetto a quelli che lo hanno precededuto».

Ecco, così, spuntare sul Bollettino ufficiale degli idrocarburi (Buig), pubblicato a fine 2018, autorizzazioni a trivellare i fondali di Basilicata, Calabria e Puglia. Con decreto del 7 dicembre scorso, il ministero dello Sviluppo economico, del ministro Luigi Di Maio, ha infatti conferito tre permessi, della durata di sei anni, alla società Global Med, che può «bucherellare» lo Jonio, usando la tecnica dell’air gun, in un area complessiva di 2.200 chilometri quadrati.

NELLO STESSO BOLLETTINO c’è la concessione di coltivazione denominata Bagnacavallo alla Aleanna Italia Srl, accordata per la durata di vent’anni e situata nel territorio della provincia di Ravenna. Il progetto prevede la realizzazione e la messa in produzione di cinque pozzi, due esistenti e tre nuovi.

E c’è pure la proroga di concessione di coltivazione «San Potito», per 15 anni, dal 2007 al 2022, in favore della Società Padana Energia Spa sempre in provincia di Ravenna. In programma la messa in produzione di cinque pozzi, suddivisi in tre aree. La concessione è contigua a quella di Bagnacavallo. «Adesso – attacca il movimento No Triv – non ci vengano a dire che il rilascio di nuovi permessi è colpa dei tecnici o di… quelli che c’erano prima».
In ballo – viene ricordato – c’è anche il progetto «Masseria La Rocca», spinosa questione che riguarda il territorio di Brindisi di Montagna, in provincia di Potenza.

L’istanza si riferisce ad un’area di 13,5 chilometri quadrati e contempla l’esecuzione di studi geologici e geochimici, il rilievo sismico per circa 20 chilometri, l’esecuzione di un rilievo magnotellurico e perforazioni, per esplorazioni, della profondità di circa 7mila metri. Insomma, il territorio devastato.

«C’È STATO IL TOUR ELETTORALE a ottobre di Di Maio, titolare del Mise, in Basilicata – ricorda Enrico Gagliano, dei No Triv -. Quindi, su Facebook, il 12 dicembre, il vicepremier ha ribadito lo stop al progetto, ma il 21 dicembre il Consiglio dei ministri ha deciso di presentarsi dinanzi alla Corte costituzionale contro No Triv, Regione Basilicata e Comune di Brindisi di Montagna, che stanno cercando di bloccare il progetto di Eni, Total e Rockhopper Exploration». Una manciata di giorni or sono il M5S è tornato sull’argomento, riaffermando che fermerà l’iniziativa. E Di Maio ha anche spiegato che il Governo lancerà a breve «un nuovo piano clima-energia che si baserà sulle rinnovabili».

Intanto però hanno il via libera piattaforme e ricerche che si servono di esplosioni sottomarine «impattanti e con potenziali rischi».

«NEL GARBUGLIO DI QUESTO settore – spiega Enzo Di Salvatore, costituzionalista – solo modificando le leggi si possono ottenere reali cambiamenti. Le soluzioni normative sono state indicate da un pezzo, ma nessuna di esse è stata inspiegabilmente tradotta in atti e fatti concreti».

«Evidentemente, – riprendono i No Triv – la situazione politica ed i rapporti di forza tra i due azionisti del governo Conte non consentono di uscire dalla gabbia del petrolio. I Cinque Stelle – sottolineano – non sono riusciti neppure a far passare, nell’ultima manovra, sotto forma di emendamento, due punti a noi molto cari e dirimenti: moratoria delle nuove attività “petrolifere” per la durata di due anni e reintroduzione del Piano delle aree». Riguardo ai permessi a perforare lo Jonio, «abbiano presentato le osservazioni contro le tre concessioni – dichiara Mediterraneo No Triv – segnalando le numerose potenziali criticità. A subire ripercussioni negative sarà innanzitutto il comparto della pesca. A rischio poi il turismo, altra voce economica di estrema importanza per le tre regioni interessate. Del tutto ignorate anche le preoccupazioni in merito alla fragilità delle coste, così come per l’enorme patrimonio di coralli rossi presenti nei fondali e per i cetacei, la cui sopravvivenza è seriamente messa in pericolo dall’air gun».

«LE REGIONI INTERESSATE – concludono i No Triv – debbono mobilitarsi, con azioni forti e incisive, soprattutto se si considera che molte altre sono le compagnie petrolifere in attesa di sapere se anche loro potranno cercare greggio in quella parte di mare. Si tratta di istanze che, insieme, coprono, sostanzialmente, quasi del tutto l’area del Golfo di Taranto…Anche noi stiamo valutando i passi da compiere contro questo ennesimo scempio».