«Viviamo con disagio le sempre più ampie aperture al governo e gli ammiccamenti con il Pd». Così tre deputati di Forza Italia giustificano la scelta di lasciare il partito di Berlusconi e passare nel gruppo parlamentare della Lega. La fuga, pianificata per tempo, fa esplodere in pieno sole il conflitto nel centrodestra. I tre fuggiaschi ripetono gli argomenti di Salvini, che già al mattino attribuiva a «un pezzo di Forza Italia» la trattativa con il governo per «inciuci e posti». A sentire le deputate Ravetto e Zanella e il deputato Carrara (che secondo la testimonianza di Calenda qualche mese fa voleva scappare sì, ma in direzione opposta, non sopportando che Fi si facesse comandare da Salvini), adesso è la Lega a rappresentare «il luogo di aggregazione di tutto il centrodestra».

La Lega che all’inizio della legislatura spaccò il centrodestra per fare un governo con i 5 Stelle, e Berlusconi dovette abbozzare, sarebbe diventata oggi il baluardo contro gli accordi con i 5 Stelle e il Pd. Accordi che Berlusconi giura non si faranno mai, spiegando invece che «Forza Italia non ha intenzione di partecipare a maggioranze o governi con forze politiche incompatibili, ma sente il dovere di assumersi le responsabilità verso la nazione». Il Cavaliere reagisce a sera a quella che considera una dichiarazione di guerra di Salvini con una lunga nota. Nella quale ricorda che «il centrodestra esiste in Italia come possibile maggioranza di governo solo dopo e per effetto della mia discesa in campo nel 1994». Oggi le cose sono molto diverse e Forza Italia langue nella parte bassa dei sondaggi, è ferma al 5-6 percento delle ultime regionali, e Salvini fa quello che per anni ha fatto Berlusconi: attirare i transfughi. Non solo a Roma, è appena passato alla Lega un deputato dell’Assemblea regionale siciliana di quel centro moderato a nome del quale parla il Cavaliere. E parla per ricordare a Salvini che «senza Forza Italia e senza le altre forze politiche che rappresentano culture e tradizioni fondamentali nella nostra democrazia come quella democristiana, quella liberale e quella socialista non avremmo un centrodestra, ma una destra isolata in Italia e in Europa, non in grado di vincere le elezioni né di governare il paese, esattamente come avviene in Francia per il Front National». Dove però è soprattutto il sistema elettorale a doppio turno a fermare Le Pen, che comunque ha quattro volte le percentuali attuali del Cavaliere.

E così Salvini non fa alcun passo indietro. Anzi, oltre ad accogliere i fuggitivi, si complimenta con il procuratore di Catanzaro Gratteri che manda agli arresti domiciliari il presidente del Consiglio regionale della Calabria di Forza Italia. Alla nota di Berlusconi risponde persino irridente, «non ho tempo per polemiche politiche o inciuci, lavoro con tutto il centrodestra per una coalizione unita e concreta». Disprezzo che fa il paio con il «meglio così» che il Cavaliere fa filtrare a commento dell’addio dei tre deputati. Ma soprattutto la Lega insiste nel puntare il dito contro la norma a favore di Mediaset contenuta nel decreto Covid che sta per arrivare in aula alla camera. E presenta una pregiudiziale di costituzionalità costruita proprio sulla norma che il Cavaliere ha strappato al governo, quella che lo mette in condizione di trattare con maggior forza con Vivendi. «Troppi articoli che non c’entra niente con la lotta al Covid», sostengono i leghisti che al senato hanno votato contro l’emendamento pro Mediaset in commissione e si sono astenuti in aula. Mentre Fratelli d’Italia, che presenta analoga pregiudiziale, dice che però che resta favorevole ad aiutare l’azienda del Cavaliere.