Sacre… mazzette. A L’Aquila spuntano le tangenti per la ristrutturazione delle chiese. E lo scandalo, l’ennesimo di post sisma costellato da una miriade di casi di mazzette, tocca il ministero per i Beni culturali e il turismo (Mibact), dove sono state effettuate anche perquisizioni. La nuova inchiesta della Procura conta, al momento, cinque arresti e 17 indagati che costituivano un “comitato d’affari” che aveva messo su, per l’occasione, anche un ufficio preposto.

E’ un intreccio, quello stanato, di funzionari della Direzione regionale dei Beni culturali, professionisti, tecnici e costruttori. In carcere sono finiti Nunzio Massimo Vinci, 52 anni, imprenditore, residente a Carlentini (Siracusa), e Alessandra Mancinelli, 56 anni, residente ad Avezzano, funzionaria del Mibact che è stata immediatamente sospesa dal servizio. L’ufficio nel quale la donna lavorava si è occupato di un progetto che ha portato al recupero di 116 chiese nell’Aquilano.

Ai domiciliari gli imprenditori Patrizio Cricchi, 37 anni, nato a Roma e che vive a Rieti e Graziano Rosone, 49 anni, dell’Aquila; e Luciano Marchetti, 71 anni, nato a Camerino (Macerata) e residente a Roma, ex vice commissario alla Ricostruzione a cui viene contestato di avere firmato interventi da progettista quando era ancora in carica. Lui era, dunque, secondo l’accusa, ai vertici della struttura commissariale creata per portare avanti la ricostruzione, prima coadiuvata dall’ex capo della Protezione civile Guido Bertolaso e poi dall’ex presidente della Regione, Gianni Chiodi.

I reati contestati, a vario titolo, sono corruzione aggravata, falsità ideologica in atti pubblici, distruzione e occultamento di atti veri, turbativa d’asta, millantato credito, emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti. Nel corso dell’operazione sono state effettuate 25 perquisizioni che hanno coinvolto ditte, uffici di aziende, architetti, ingegneri, faccendieri per conto della Curia, ma anche avvocati laziali ed emiliani. Perquisizioni eseguite tra L’Aquila, Avezzano, Roma, Bologna, Pescara, Rieti e Chieti. Le verifiche da parte della magistratura, di polizia e finanza, sono partite nel 2012.

La cricca aveva trovato il sistema per affondare gli artigli soprattutto negli appalti per il recupero del ricchissimo patrimonio storico-artistico. Al centro della vicenda, in particolare, la risistemazione di due chiese distrutte il 6 aprile 2009: le Anime Sante nella centralissima piazza Duomo, all’interno del quale gli operai sono ancora all’opera, e Santa Maria a Paganica, che, danneggiata e rinata dopo il terremoto del 1703, figura tra i monumenti da salvare.

Ci sono intercettazioni telefoniche e ambientali ad incastrare gli inquisiti, ma anche testimonianze. E un filmato del 7 giugno 2013, di 22 secondi: è stato girato a Carsoli (Aq) e racconta lo scambio di denaro. «La dazione di una tangente dell’1%, cioè 190 mila euro, – spiega il capo della Mobile dell’Aquila, Maurilio Grasso – sui 19 milioni necessari per la ricostruzione di Santa Maria a Paganica». Una prima tranche è stata consegnata in strada, poi la sosta in un ristorante. Ripreso il passaggio dei contanti tra imprenditori e Marchetti: a riporre, poi, il tutto in borsa la Mancinelli che giorni prima si era lamentata di «non aver visto ancora una lira, mai».

Il personaggio per antonomasia è Marchetti. E’ stato lui a decidere di puntellare gran parte dei beni artistici, per poterli salvare. In passato era stato alto dirigente del ministero dei Beni culturali e commissario per la Domus Aurea. Mentre lavorava all’Aquila era spuntato il suo nome tra i 450 di clienti della cosiddetta «lista Anemone» che avrebbero beneficiato dei lavori dell’imprenditore finito nella maxi inchiesta dei grandi appalti. Ha ricoperto incarichi anche nella gestione del post-terremoto di Marche e Umbria. È stato anche direttore regionale dei Beni culturali nel Lazio.

«Non esiste un sistema L’Aquila del malaffare – assicurano il questore Vittorio Rizzi e il procuratore Fausto Cardella -, ma esistono soggetti interessati alla ricostruzione e disposti ad aggiudicarsi gli appalti attraverso le bustarelle. Pagando…» .

«Dalle indagini – aggiunge il sostituto procuratore Antonietta Picardi e il particolare è riportato pure nell’ordinanza del gip – è emerso persino un tentativo di cambiare il Dpcm per i beni ecclesiastici, chiedendo “ritocchi” alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Ma la modifica non è avvenuta. Comune e Governo sono riusciti a resistere, ad andare dritti e a non fare correzioni, malgrado pressioni continue e costanti». Le lettere che sollecitavano modifiche sarebbero dovute essere consegnate dalla Mancinelli all’ex premier Enrico Letta e a suo zio Gianni, già sottosegretario alla presidenza del Consiglio dei ministri.