Assolto perché il fatto non costituisce reato. Con questa formula il gup del tribunale di Spoleto ha deciso di escludere dal processo sul Centro Polivalente di Norcia il suo progettista, l’architetto Stefano Boeri.

La procura, che per lui aveva chiesto una condanna a dodici mesi, valuterà alla consegna delle motivazioni della sentenza (entro novanta giorni) se ricorrere o meno in appello. «La formula dell’assoluzione – spiega il procuratore capo Alessandro Cannevale –  è legata alla carenza dell’elemento soggettivo del reato, di cui il giudice valuta la sussistenza o l’insussistenza. Il dispositivo lascia quindi desumere che siano stati ritenuti sussistenti i reati contestati ma esente da colpa il direttore dei lavori».

A processo, per gli stessi fatti, infatti ci andrà comunque il sindaco di Norcia Nicola Alemanno, e la prima udienza è fissata per il prossimo 26 novembre.

Boeri, dal canto suo, è soddisfatto dell’esito giudiziario della vicenda, quantomeno per la parte che lo riguardava direttamente: «Sono felice per questa sentenza di piena assoluzione. Impegnarsi per un’architettura al servizio delle situazioni di emergenza rappresenta il valore più profondo della nostra professione. Adesso il mio unico desiderio è che il padiglione temporaneo realizzato a Norcia venga presto restituito alla cittadinanza». L’architetto è stato rappresentato in aula dagli avvocati Carlo Cerami e Francesco Arata.

Il centro polivalente è stato costruito dopo i terremoti del 2016 e del 2017 grazie alla raccolta fondi «Un aiuto subito» promossa da Corriere della Sera e Tg La7. Nel gennaio del 2018 la struttura è stata posta sotto sequestro dalla procura perché costruita scavalcando le leggi urbanistiche e paesaggistiche in vigore nell’area, a poche centinaia di metri dalle mura che circondano il centro storico di Norcia, a distanza ravvicinata rispetto alle Sae in cui ancora vivono i terremotati. La linea difensiva, sul punto, è che quelle leggi siano state derogate a causa della situazione d’emergenza e che, in ogni caso, si tratterebbe di una struttura completamente smontabile, tanto che si sta già ragionando su un altro luogo all’interno del territorio comunale dove spostarla e aprirla al pubblico.

Boeri, che aveva scelto il rito abbreviato, esce dunque dal processo, ma lo stesso non si può dire per il sindaco Alemanno, che aveva al contrario optato per il rito ordinario e dovrà rispondere in aula di falso, abuso edilizio e violazione del Codice dei beni culturali e del paesaggio. Il reato di falso viene contestato perché, scrive la procura, il sindaco aveva «attestato in un’ordinanza che trattavasi di struttura temporanea per le esigenze pubbliche della popolazione e ancora che l’istallazione era temporanea per tutto il periodo connesso allo stato d’emergenza, mentre sia nel testo dello schema di convenzione stipulato col comitato donatore sia in una delibera di giunta, l’opera era ripetutamente qualificata come struttura permanente polivalente, denominazione questa conforme alla struttura e alle sue caratteristiche tecniche e alla destinazione dell’opera». L’abuso edilizio, invece, dipenderebbe dall’aver «realizzato l’opera in assenza della necessaria e preventiva valutazione d’incidenza ambientale, del nulla osta dell’ente Parco e del necessario permesso a costruire». Infine la violazione del codice dei beni culturali e del paesaggio deriverebbe dalla realizzazione del Centro all’interno della «fascia di rispetto dei corsi d’acqua, trattandosi di area collocata a meno di 150 metri dal torrente Torbidone», riaffiorato dopo la scossa del 30 ottobre 2016.