Nuove strutture nelle quali accogliere i richiedenti asilo vulnerabili e le famiglie con bambini che hanno presentato domanda di protezione internazionale. Centri che, pur senza appartenervi, sarebbero comunque simili a quelli che oggi fanno parte del Sistema di protezione richiedenti asilo e rifugiati (Sprar) gestito dai Comuni e che invece il decreto sicurezza del ministro degli Interni Matteo Salvini riserva in futuro solo a coloro che avranno ottenuto lo status di rifugiato e ai minori non accompagnati.

Le nuove strutture sono la soluzione alla quale al Viminale si starebbe pensando per venire almeno in parte incontro alle richieste avanzate dai sindaci italiani, sempre più preoccupati dalle conseguenze che il decreto, che potrebbe diventare legge il prossimo 23 novembre, potrà avere sui territori che governano.

Se ne è parlato anche in una delle ultime riunioni del tavolo tecnico che periodicamente – alla presenza del sottosegretario agli Interni Nicola Molteni – riunisce a Roma i tecnici del ministero e i rappresentanti dell’Anci, l’Associazione dei comuni italiani. E pur senza entrare in particolari, che qualcosa si starebbe muovendo lo ha confermato anche il presidente dell’Anci e sindaco di Bari Antonio Decaro: «Stiamo registrando negli ultimi giorni, a partire dall’incontro con il sottosegretario Molteni, un’apertura, una disponibilità al dialogo da parte del governo con i Comuni», ha spiegato Decaro intervenendo giovedì alla presentazione del Rapporto annuale Sprar.

Questo naturalmente non significa che il decreto – che ha ottenuto il via libera del Senato e ora si trova in Commissione Affari costituzionali della Camera – verrà modificato. Il testo è blindato e sarà molto probabilmente licenziato la prossima settimana. L’eventuale creazione delle nuove strutture riguarda quindi il futuro.

Il destino dei cosiddetti migranti vulnerabili è una delle questioni poste dai sindaci a Salvini. Si tratta di persone che nel Paese di origine o nel loro viaggio verso l’Europa hanno subito torture, violenze sessuali, vittime della tratta di esseri umani, persone con problemi di carattere sanitario o donne sole in stato di gravidanza. Ma anche famiglie con bambini al seguito. Fino a poco tempo fa una volta presentata la richiesta di protezione internazionale venivano inseriti nel circuito Sprar dove, oltre a cibo e alloggio, ricevevano assistenza medica, psicologica e un supporto legale. Il decreto li destina invece nei cantri di accoglienza straordinaria (Cas), dove le stesse tutele non sempre sono garantite. E non parliamo di piccoli numeri. Stando infatti a quanto riporta il Rapporto dell’Anci sul sistema Sprar, dei 36.995 migranti accolti nel 2017, i nuclei familiari sono stati 2.117 (per un totale di 6.346 persone) e 7.800 i migranti con esigenze particolari.

Per loro la situazione non cambierà, visto che il decreto prevede che quanti sono già inseriti nel circuito Sprar possano continuare a restarci. Il problema di pone quindi per quanti arriveranno in futuro. Anche se il numero degli sbarchi è in continua diminuzione è facile prevedere che saranno comunque migliaia le persone che non potranno più accedere al sistema di protezione, tanto che i Comuni hanno calcolato in 280 milioni di euro in più i costi sociali ai quali dovranno far fronte.

Il malumore che da tempo serpeggia tra i sindaci per quello che vedono come uno smantellamento dello Sprar è alto, e non esclude gli amministratori di centrodestra. Leghisti compresi che pur non partecipando alle riunione della commissione Immigrazione dell’Anci in privato non nasconderebbero di essere preoccupati. E lo stesso vale per le amministrazioni guidate dal Movimento 5 Stelle. Pochi giorni fa Laura Baldassarre, assessore alle Politiche sociali della giunta guidata da Virginia Raggi, ha spiegato quanto potrebbe accadere nell’immediato futuro: «Se il decreto Salvini non cambierà, 1.059 persone solo a Roma uscirebbero dal sistema Sprar, con due effetti negativi: che i servizi sociali si dovrebbero fare carico di queste persone, e non ce la fanno, e che aumenterebbero le situazioni di illegalità».