Le autorità Ue sapevano degli strumenti per truccare le misurazioni delle emissioni auto fin dal 2013: lo afferma il quotidiano britannico Financial Times, in una ricostruzione pubblicata ieri. Tesi, peraltro, già anticipata due giorni fa da un articolo di Giorgio Ferrari su il manifesto.

Il giornale inglese spiega che un rapporto del Joint Research Center dell’Ue era stato messo a disposizione dei vertici comunitari già due anni fa (ma i primi dati risalgono al 2011), e conteneva il suggerimento di effettuare i test sui gas inquinanti su strada e non “in laboratorio”: le officine attrezzate, cioè, dove si simula l’andatura delle auto. Indicazione che arriva anche, da almeno un anno, dall’International Council on Clean Transportation (Icct), ente finanziato dalle fondazioni create da Bill Hewlett e David Packard (noti magnati dell’elettronica): è l’Icct, istituto americano, ad aver svelato i trucchi di Volkswagen sul Nox, e ad aver spiegato che le emissioni omologate sono superate da quelle su strada addirittura nell’ordine del 40%.

Il software, come è noto, era installato nei motori diesel, e attivava una sorta di blocco – o meglio, di forte limitazione – delle emissioni nocive solo quando la macchina era sottoposta a dei test: riconoscibili perché la macchina ha un’andatura più regolare e soprattutto non effettua curve, muovendosi sempre in una sorta di rettilineo virtuale (la vettura è in realtà ferma, si muove su dei rulli, come un tapis roulant). Una volta in strada, l’emissione veniva di nuovo “liberalizzata”: e via a un inquinamento che, come detto, poteva superare anche del 40% quello misurato sul percorso del test.

Il Financial Times punta il dito sulla lobby dei costruttori automobilistici, colpevole a suo parere di aver truccato il sistema di rilevamento dei dati: «L’incapacità delle autorità regolatorie in tutta la Ue di denunciare questi trucchi porta alla luce il potere delle lobby dell’industria automobilistica europea che ha scommesso molto sui diesel – scrive l’Ft – Circa il 53% delle nuove auto vendute nella Ue sono diesel, rispetto al circa 10% dei primi anni ’90».

Quindi, insomma, il diesel è un grande affare, e così si comprendono gli interessi – e oggi i “drammi” industriali e finanziari – che gli girano intorno. E il potere delle lobby, a Bruxelles, è fortissimo, si sa: Greenpeace individua una vera e propria “lobby del diesel”, che avrebbe investito solo nel 2014 ben 18 milioni e mezzo di euro per sostenere la propria azione e difendere il proprio “credo”.

La Commissione Ue, dal canto suo, risponde a queste accuse tramite un portavoce: spetta ai singoli stati, dicono a Bruxelles, scovare eventuali trucchi come quelli messi in piedi da Volkswagen (e in effetti è vero che la regolazione su questo terreno è lasciata molto agli Stati membri, in particolare ai governi e ai ministri dell’Ambiente). Dall’altro lato, le stesse autorità della Ue spiegano di aver voluto introdurre i test su strada fin dal prossimo anno: come dire, noi, il nostro, lo abbiamo fatto.

Dal fronte italiano ieri ha parlato il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan: «Temo – ha detto – conseguenze che mi auguro siano limitate. A catena ci potrebbero essere effetti sull’industria italiana che non ha colpa». Il problema, ha sottolineato Padoan, «non è solo tedesco ma anche europeo, oltre che americano. In questo momento l’Europa sta facendo molta fatica a uscire dalle conseguenze della recessione e se la fiducia viene intaccata, la propensione all’investimento si indebolisce», mentre «l’azione di politica economica di questo governo è volta a consolidare la fiducia».

Ma iniezioni “renziane” di fiducia o meno, sono comunque circa 1 milione le auto con la centralina truccata in Italia, a fronte dei 2,8 milioni di vetture tedesche. In tutto, Volkswagen si prepara a effettuare un maxi-richiamo, scrivendo personalmente a tutti i clienti, che poi potranno effettuare una revisione, ovviamente gratuita.

«Sono in corso i controlli per verificare il danno provocato anche in Italia da Volkswagen – ha spiegato ieri il viceministro ai Trasporti, Riccardo Nencini – La previsione è di chiudere questa indagine entro pochi mesi. C’è una stima di massima che parla di circa 1 milione di veicoli coinvolti»