Vigilia di Natale con un’escalation di violenza in Centrafrica. A Bangui, vicino all’aeroporto (dove sono rifugiate più di 30mila persone) ieri dei soldati del Ciad che fanno parte della Misca (la missione africana dell’Onu in Centrafrica) hanno sparato contro una manifestazione di contestazione del presidente centrafricano Michel Djotodia, facendo un morto e un ferito grave. Domenica, c’è stata una manifestazione a Bangui contro la presenza dei francesi in Centrafrica, accusati di “parzialità”. A manifestare ieri erano dei cristiani che contestano la legittimità del presidente musulmano François Djotodia (salito al potere nel marzo scorso con un colpo di stato contro il cristiano Bozizé), a sparare dei soldati musulmani del Ciad, l’accusa di “parzialità” rivolta ai francesi viene dalla minoranza musulmana mentre i cristiani accusano anche i soldati congolesi della Misma di farsi pagare dai musulmani per evitare di difenderli. In altri termini, c’è un forte rischio di una degenerazione del dramma centrafricano in una guerra di religione. Con la Francia in difficoltà, accusata di sostenere i cristiani in Centrafrica mentre è alleata del Ciad nell’intervento in Mali. Parigi già pensa ad allungare i tempi dell’intervento, iniziato per durare “qualche mese”, mentre ora il ministero della difesa parla di almeno “sei mesi, un anno” e ammette di avere “delle riserve” pronte a rafforzare la presenza di 1600 uomini in Centrafrica. Le autorità religiose centrafricane – l’arcivescovo cattolico, il presidente della comunità islamica e quello dell’Alleanza degli evangelici – hanno firmato una lettera comune, consegnata a François Hollande in occasione del breve (e movimentato) scalo a Bagui, il 10 ottobre scorso di ritorno dalla cerimonia a Soweto per Mandela, che imbarazza Parigi: i tre religiosi si interrogano sul ruolo dei soldati del Ciad che partecipano alla Misca, sospettandoli di venire in appoggio degli ex Seleka (i gruppi a maggioranza musulmana che hanno sostenuto il colpo di stato di Djotodia) e accusandoli di “gravi violazioni dei diritti umani”. Chiedono che le truppe del Ciad vengano ritirate dalla Misca. Il Quai d’Orsay ha confermato ieri che la Francia “rinnova il proprio completo sostegno alla Misca”, non potendo evidentemente agire contro i soldati dell’alleato Idriss Deby, il presidente del Ciad. Sul terreno, la situazione è sempre più tesa. Dopo l’attacco del 5 dicembre, c’è già stato un migliaio di morti in scontri tra gruppi rivali. Il conflitto diventa sempre più religioso, soprattutto a Bangui e nella regione di Bossangoa. Qui, secondo un rapporto di Human Right Watch del 19 dicembre, il Centrafrica sta vivendo “un’escalation di atrocità settarie”. I tre capi religiosi, che sono pero’ sempre più contestati nei rispettivi campi, il 7 dicembre hanno condannato la deriva dello scontro confessionale, considerato un “recupero politico” con il “pretesto” dell’appartenenza religiosa. Il Centrafrica non è certo ancora la Somalia, ma i rischi esistono di uno scontro sempre più violento tra la maggioranza cristiana e la minoranza musulmana, che dal colpo di stato del marzo scorso controlla la presidenza. E’ da tempo che i politici locali soffiano sul fuoco dello scontro religioso, Bozizé aveva evocato “il rischio wahabita”, Diotodia ha proclamato di incarnare un “potere musulmano”.

La contestazione della componente ciadiana della Misca, da parte dei cristiani centrafricani, complica le cose, perché Parigi aveva pianificato di cedere progressivamente la gestione del peace keeping alla forza interafricana, forte di 4mila uomini. Al Consiglio europeo dello scorso fine settimana, François Hollande non ha convinto i partner a partecipare all’intervento in Centrafrica. Forse la Polonia manderà una cinquantina di uomini e il Belgio darà un aereo. Gli Usa verseranno 100 milioni di dollari di aiuti, ma non invieranno nessun soldato.