Cineforum, attività di mutualismo, servizi gratuiti, sportello psicologico, laboratori contro bullismo e ludopatia, corsi di italiano, mense popolari, corsi di giornalismo, carnevale liberato, proposte sulle politiche sociali, sul diritto all’abitare e sull’utilizzo dei beni confiscati, mobilitazioni in vista della giornata della Memoria e dell’impegno il prossimo 21 marzo e per il 23 maggio in ricordo della strage di Capaci, spettacoli teatrali e tanto altro.

Queste alcune delle attività e proposte concrete messe in campo dalla affollata assemblea «Centocelle è CøAsa Nostra» che si è tenuta ieri presso la scuola via dei Sesami, nel V municipio a Roma. A promuoverla moltissime realtà: tra queste l’Ic Via dei Sesami, l’associazione Islamica in Italia, diverse cooperative sociali, Libera contro le mafie, la libera assemblea di Centocelle, Nonna Roma, Cgil, Fiom, Usicons, Comitato del Parco, Piazza del dialogo, Casa del Popolo di Centocelle, centro di giornalismo permanente, Agende Rosse, associazioni di commercianti, studenti e altri.

È la risposta a quanto avvenuto lo scorso novembre nel quartiere di Centocelle, balzato suo malgrado agli onori delle cronache in seguito agli attentati e alle bombe contro la libreria Pecora Elettrica, la pinseria Cento55 e il Baraka bistrot. La cittadinanza e le reti sociali si sono organizzate portando in piazza prima migliaia di persone per rispondere al clima di paura e intimidazione prodotto dalle organizzazioni criminali e poi costruendo attività di mutualismo e condivisione dal basso. Perché le condizioni che hanno determinato quel contesto non sono cambiate, nonostante non vi sia più l’attenzione dei media. Il quartiere, così come il resto della città, è da molto tempo vittima di attività e iniziative criminali. La penetrazione mafiosa, il numero dei clan, le piazze dello spaccio sono in costante aumento nella Capitale, secondo i dati della Direzione Distrettuale Antimafia. A Roma ci sono 94 clan e 100 piazze dello spaccio. E le mafie sono forti quando la democrazia è debole.

Non può definirsi libera una città in cui intere parti di territorio, settori dell’economia e relazioni sociali sono in mano alle organizzazioni criminali. Non si può definire libera una città in cui una persona su tre è a rischio di esclusione sociale, 135 mila giovani non lavorano, non cercano lavoro perché convinti che non lo troveranno, non studiano e non sono nemmeno in formazione, 150 mila anziani vivono con meno di 11 mila euro all’anno e non possono affrontare una spesa imprevista, 40 mila sono le persone senza dimora e 15 mila le famiglie che aspettano una casa popolare da vent’anni.

L’aumento della povertà economica, culturale, unita all’insufficiente impegno di tutte le forze politiche sulla priorità di sconfiggere povertà e mafie, come obbliga la Costituzione, ha rafforzato le organizzazioni criminali e indebolito gli anticorpi sociali, seminando un clima di paura, fomentando la convinzione, sbagliata, che individualismo e competizione, che la legge del più forte, sia la via più facile per poter migliorare la propria condizione materiale, favorendo ulteriori disuguaglianze e corruzione. Invece, la lotta alle mafie è innanzitutto una battaglia per la democrazia, un esercizio di partecipazione collettiva, per ottenere quella concreta giustizia sociale che rende praticabili diritti, garanzie e miglioramenti economici e sociali per le classi lavoratrici e i settori popolari disagiati.

C’è un potere criminale, ma c’è anche e soprattutto una criminalità del potere ancora più grande a Roma. Le mafie oggi sono più forti e sono favorite dalla loro capacità di adattamento ai nuovi contesti sociali e dall’assenza di risposte adeguate da parte della politica. La forza delle mafie oggi, sta fuori dalle mafie: nella zona grigia, nella convergenza degli interessi economici, nella povertà culturale e relazionale, nelle alleanze di potere, nel patriarcato e nella sottomissione, che legittimano la cultura mafiosa, nell’insofferenza per la democrazia, nella cultura della scorciatoia, nella deresponsabilizzazione individuale che sposa l’idea dell’uomo forte al comando, nella negazione del diritto. Parliamo di culture, comportamenti e obiettivi complici o funzionali a quelli mafiosi. Siamo tutti e tutte chiamati a unire il nostro impegno per far crescere la consapevolezza e la partecipazione. Sono questi i veri anticorpi di contrasto alle mafie. Di questo le mafie hanno paura. Cultura, bellezza e diritti sono strumenti straordinari di cambiamento e di contrasto alle mafie. Povertà culturale, economica, razzismo, subalternità e sottomissione a chi si crede più forte sono i loro alleati. Oggi nessuno ce la fa da solo a combattere le mafie. Serve una dimensione collettiva dove ognuno faccia la sua parte.

*Coordinatore nazionale della Rete dei numeri pari