Non sono più i tempi dell’avvocato Gianni Agnelli che per comprare Platini doveva attingere dal bilancio Fiat. La Juventus è una piccola parte dell’impero globale Fca controllata solo parzialmente dalla cassaforte di famiglia Exor. Fatto sta che trovarsi licenziato o in contratto di solidarietà nel giorno in cui la squadra aziendale compra per 110 milioni di euro Cristiano Ronaldo provochi legittimamente rabbia. Una rabbia che ha portato il sindacato Usb a proclamare sciopero a Melfi dalle 22 di domenica alle 6 di martedì e il sindacato Si Cobas a protestare a Pomigliano.

«Ci viene detto che il momento è difficile e bisogna ricorrere agli ammortizzatori sociali in attesa del lancio di nuovi modelli che non arrivano mai mentre sono dichiarati migliaia di esuberi – spiega in una nota l’Usb – . E mentre operai e famiglie stringono sempre più la cinghia, la proprietà decide di investire su un’unica risorsa umana tantissimi soldi. È normale che una sola persona guadagni milioni e migliaia di famiglie non arrivino alla metà del mese?», conclude l’Usb. Lo sciopero lo faranno in pochi, ma la mossa mediatica è riuscito.

A Pomigliano invece i cinque ex operai del Si Cobas licenziati nel 2014 dopo aver inscenato il suicidio di Marchionne ed estromessi definitivamente da una recente sentenza della Cassazione che ha dato ragione all’azienda, hanno attaccato manifesti con la foto di CR7 e la scritta «Per Ronaldo 400 milioni… Agli operai solo calci nei coglioni». La foto del famoso calciatore acquistato dalla Juventus compare pure sulla maglietta di uno degli ex operai, licenziati per aver messo in scena il «suicidio» di Marchionne. Nella foto lo stesso manichino «impiccato» nel 2014 davanti al reparto logistico di Nola, ma con la testa di Ronaldo e la scritta «400 milioni presi dalle tasche degli operai? No grazie. La faccio finita». «Non potranno licenziarci anche dalla Juve», commenta l’operaio con sarcasmo.

Il futuro dello stabilimento di Pomigliano intanto è ancora appeso. Proprio ieri l’azienda ha richiesto un incontro al Mise con i sindacati per rinnovare la cassa integrazione. Non va meglio a Torino dove Mirafiori è ormai deserta e gli operai per lavorare vengono spostati a Grugliasco: gli ultimi 294 solo due giorni fa per l’uscita dalla produzione della Mito.

Chi si attendeva impegni precisi dalla riunione dal Comitato aziendale europeo di lunedì e martedì a Torino è rimasto deluso. «Nessun impegno, Fca ha chiarito che comunicherà, modello per modello, i lanci e le allocazioni produttive – spiega Michele De Palma, segretario nazionale Fiom – . Noi siamo molto preoccupati per la situazione produttiva e occupazionale degli stabilimenti di Torino, Modena e Pomigliano, a cui si aggiungono incertezze sullo stabilimento di Pratola Serra, in seguito alla progressiva dismissione dei motori diesel».

In verità la Fim Cisl parla di 9 modelli sui nuovi 11 che saranno prodotti in Italia e di piena occupazione, ma la Fiom contesta questa lettura. «I nove modelli erano già stati annunciati il primo giugno all’Invvestor Day, in questi due giorni non è arrivata alcuna novità», attacca De Palma. «Non mi aspettavo succedesse, anche se è vero che c’è un’urgenza per Pomigliano, Mirafiori e Modena di avere modelli», riconosce Gianluca Ficco della Uilm.

Intanto a Torino ieri e oggi si tiene il Global meeting di Fca, la riunione dei sindacati di tutti i paesi in cui il marchio ha stabilimenti. «L’azienda nell’ultimo incontro a Detroit si era presentata, questa volta no e, diversamente da altre multinazionali come Volkswagen, continua a non riconosce il sindacato globale», conclude De Palma.