Ministri, banchieri, rappresentanti delle istituzioni, esponenti dell’economia e della finanza. Tutti presenti all’assemblea dell’Associazione Bancaria Italiana, in occasione del suo centenario. Ad inaugurarla è il presidente Antonio Patuelli che, dopo aver ringraziato Sergio Mattarella, Ignazio Visco e Giuseppe Conte per la loro presenza, mette sul tavolo questioni importanti, auspicando per l’Italia un ruolo di «co-protagonista di una nuova Europa democratica e solidale».
Tuttavia la sua relazione non si concentra soltanto su quello che potrebbe essere, ma anche su ciò che è. Infatti subito dopo Patuelli introduce temi di stretta attualità, evidenziando la necessità di un clima di fiducia, che non sia minato da «regole inapplicabili come il bail in». Ha poi lanciato un invito a non demordere davanti ad uno spread elevato, che appesantisce i fattori produttivi, e ha chiamato in causa l’articolo 47 della Costituzione che tutela il risparmio, sostenendo che tutti i depositi devono essere inattaccabili e che non devono essere scambiati impropriamente per investimenti.
Giuliano Calcagni, segretario generale della Federazione italiana sindacato assicurazione credito (Fisac Cgil), ha dichiarato di aver apprezzato l’invito propositivo di Patuelli a non demordere davanti ad un quadro non incoraggiante: «Condivisibile il non rassegnarsi davanti alla stagnazione e al declino. Quindi bene Patuelli su questo punto». Calcagni ha poi chiarito anche la sua posizione sul tema del bail in: «Non è pensabile che il bail si addebiti a chi usa, in qualche maniera, una cassaforte errori dei manager o incapacità di gestione delle banche».
Nel complesso l’approccio emerso nella relazione di Patuelli ha riscosso diversi apprezzamenti all’interno del mondo sindacale, come dimostrano anche le parole di approvazione di Massimo Masi, segretario generale della Uilca.
L’attenzione dei sindacati è poi tutta sul rinnovo del contratto nazionale dopo le tante uscite di questi anni di crisi. «Anche per noi, come ha detto Patuelli il contratto nazionale sarà occasione razionale e costruttiva di dialogo che porti alla definizione dei giusti equilibri per il benessere di tutti coloro che lavorano nel settore».
«Dopodiché – prosegue Calcagni – bisogna tener conto del quadro che si ha davanti: il governo continua a parlare di occupazione manipolando i dati Istat. In realtà le ore lavorate sono meno rispetto agli anni passati, gli ordinativi industriali sono in calo, le domande di credito da parte delle aziende flettono in maniera paurosa, gli investimenti pubblici sono insufficienti per rilanciare il lavoro».