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Centazzo, una riflessione su arte e vita

Book Note A volte, a portare «in direzione ostinata e contraria», oltre che le personali contingenze del carattere – peraltro non certo sgradite a tutti: spesso è solo franchezza sincera – è […]

Pubblicato circa 2 mesi faEdizione del 3 agosto 2024

A volte, a portare «in direzione ostinata e contraria», oltre che le personali contingenze del carattere – peraltro non certo sgradite a tutti: spesso è solo franchezza sincera – è la vita stessa e quanto ti sei scelto di fare. Da una vita, e suo malgrado in direzione ostinata e contraria, è un batterista, percussionista, compositore e sperimentatore che risponde al nome di Andrea Centazzo. Già l’elenco delle attività del musicista udinese, da decenni trasferitosi negli Stati Uniti, può dare qualche indizio sul perché spesso Centazzo trovi motivo per alterarsi: perché nel nostro paese chi armeggia creativamente e con cognizione di causa con attrezzi che servono a portare il ritmo o colori timbrici particolari viene guardato con sospetto se si cimenta con la composizione, o con l’opera contemporanea, e sembra invadere orticelli presidiati altrui. A Centazzo è successo spesso, ricevendo risposte che sarebbero pure esilaranti, se non fossero invece prova dell’abissale fondo di pregiudizio che aureola malignamente i musicisti poco classificabili in recinti stretti: «Se cambi, la critica e il pubblico smettono di seguirti, questa è la triste realtà che ho sperimentato sulla mia pelle». Sta di fatto che Centazzo, oggi settantaseienne, deve ancora fare una bella fatica per portare avanti la sua quotidianità, non potendo contare su trascorsi da insegnante nei conservatori. S’è sempre messo in gioco, e quando la sua musica ha assunto tratti più comunicativi e gioiosi, o addirittura è servita come efficace «musica d’uso» per le colonne sonore, apriti cielo: sono fioccate le accuse di tradimento di una nobil causa peraltro mai affrontata in prima persona da chi alza cartellini di espulsione dal campo musicale. Tutto questo e molto altro, con una quantità di aneddoti e fatti su come s’è articolata la vita e il pensiero musicale di Andrea Centazzo (riaffacciatosi sul mercato con un disco splendido, Indian Summer) lo trovate in un volume monografico curato in forma d’intervista da Sergio Armaroli, vibrafonista eccellente, amico e sodale di Centazzo da lunga pezza: suona peraltro proprio nel disco appena citato. Il testo è Bacchette magiche/Conversazioni e divagazioni sulla percussione, l’arte, la vita, Manni Editore. Dunque un addetto ai lavori delle percussioni che intervista un maestro scomodo e diretto delle percussioni: una panoplia di riflessioni sulla tecnica, il contesto umano, la temperie culturale, sociale e politica di un’Italia e di un mondo che non c’è più.

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