Il jazz come musica che «accoglie le differenze di linguaggio dall’Europa all’Asia, passando per una immaginaria via della seta e che si pone come metafora di una grande apertura culturale e sociale». Parole di Giorgio Li Calzi, musicista e direttore artistico del Torino Jazz festival, la cui sesta edizione si è chiusa ieri con migliaia di presenze (oltre 22.000) e una serie di ripetuti sold out.
A far da palcoscenico ai concerti molti luoghi della cultura del capoluogo piemontese, come il conservatorio Giuseppe Verdi dove Terje Rypdal ha portato – in una delle esibizioni più applaudite – il suo quartetto. Il settantenne chitarrista norvegese ha infatti rinnovato nei ’70 il linguaggio della chitarra elettrica, muovendosi sicuro sulle strade del jazz rock, come dimostrano i suoi celebri tempi dilatati e le progressioni armoniche fonte di ispirazione dello stile di band come i Sigur Ros. Un musicista con un background variegato che dal rock abbraccia il barocco di Bach fino alle atmosfere glaciali dei compositori nordici contemporanei.

A Torino ha impressionato per la capacità di sintesi e per la perfetta fusione del suo stile con la tromba di Palle Mikkelborg, un altro grande nome della scena nordica. Danese, 77 anni, ha duettato con la chitarra di Rypdal dando vita a originali e affascinanti paesaggi sonori.
Altre atmosfere nei 60 minuti di show alle Ogr, l’ex officina riparazioni ferroviaria trasformata in sede per mostre e, appunto, eventi musicali. Sul palco la strana alleanza tra Fabrizio Bosso e il collettivo della Banda Osiris con il loro stile surreale e goliardico.

Alleanza insolita solo sulla carta perché i loro mondi sono più vicini di quanto si pensi. Così a Bosso che rispolvera Mario Riva introducendo la serata sulle note di Domenica è sempre domenica, risponde il quartetto di ottoni trasformando uno storico Dalla (L’anno che verrà) in un cahier de doléances sul mestiere dello squattrinato musicista. Il canovaccio di ripercorrere la biografia artistica di Bosso, diventa quindi occasione per esplorare due modi di vivere la musica, dimostrando che il gioco e il classico – come nel caso di una splendida esecuzione di The Shadow of your Smile risolta in un duetto tra la tromba di Bosso e il pianoforte di Julian Mazzariello – possono tranquillamente convivere.

Ancora la scena nordica – tra le più vitali presenze del jazz europeo – protagonista alle Ogr con Nils Petter Molvaer e il suo gruppo. Fuori dagli schemi, il trombettista e compositore norvegese si è ritagliato un ambiente dove convivono insieme al jazz le sperimentazioni tra generi di Bill Lasswel e la world music. E dove si aggira anche lo «spettro» di Miles Davis così da dar vita a un set dove accanto a qualche inevitabile fragilità si palesa una costruzione sonora dai chiaroscuri indubbiamente affascinanti. Merito anche delle incursioni alle tastiere e al basso dell’ottimo Jo Berger Myhre.
In coda al Tjf (spazio Mrf) oggi un fuori programma ideato da Virgilio Sieni con l’accompagnamento musicale e dal vivo di Michele Rabbia, Torino ballo 1945 grande adagio popolare, con il coinvolgimento di danzatori e cittadini di ogni età.