«Dal momento in cui si nasce, si vive e si muore ogni giorno. Se si vive bene si allontana la morte, anche se la vita si consuma. E si vive bene se si sta dalla parte degli oppressi».

SONO STATE LE ULTIME PAROLE pubbliche di Giovanni Franzoni, pronunciate domenica scorsa in quella che poi è stata la sua celebrazione eucaristica di commiato nella Comunità cristiana di base di San Paolo.

Lì ha percorso il proprio cammino di fede da quando, nel 1974, venne allontanato dalla basilica di San Paolo fuori le mura – di cui era abate – e poi sospeso a divinis per le sue scelte politiche troppo di sinistra per la Chiesa democristiana di quel tempo, fino al 13 luglio, giorno della sua morte.

Le ricorda una donna della Cdb di San Paolo, durante il funerale di Franzoni, celebrato ieri mattina sotto un tendone del Centro anziani del Parco Schuster, accanto alla basilica, dove si sono ritrovate cinquecento persone per dare l’ultimo saluto a Franzoni, anzi a «Giovanni, fratello, amico e compagno», come viene ripetuto in numerosi interventi.

UN FUNERALE secondo lo stile delle Comunità di base: una celebrazione collettiva, in cui si alternano letture bibliche ed evangeliche, parole tratte dai libri di Franzoni («la vita non è bella quando non ci si sente circondati da amore»), canti religiosi e laici, come Eppure il vento soffia ancora, di Pierangelo Bertoli.

Intanto si raccolgono le offerte da destinare ai palestinesi di Gaza e ai bambini di strada del Guatemala seguiti da Gerardo Lutte, un altro dei preti della stagione del dissenso cattolico; e come Gracias a la vida, di Violeta Parra, ricordando gli esuli cileni accolti nella comunità di San Paolo dopo di golpe di Pinochet del 1973.

Fra i presenti, oltre alle compagne e ai compagni di strada di Franzoni nella Cdb di San Paolo e nelle altre comunità di base – dall’Isolotto di Firenze al Cassano di Napoli –, anche gli scout, oggi 50-60enni, che ebbero come assistente Franzoni quando era ancora abate.

POI MINA WELBY, che era qui anche dieci anni fa, quando in comunità venne celebrato quel funerale religioso che il card. Ruini negò a suo marito.
«Pezzi» di Chiesa cattolica romana, come il direttore della Caritas di Roma, mons. Enrico Feroci, e l’attuale abate della basilica di San Paolo, per «dare l’ultimo saluto a chi mi ha preceduto nella comunità benedettina».

I redattori delle riviste con cui Franzoni ha collaborato, Confronti (erede di Com, fondata anche da Franzoni) e Adista. Rappresentanti e credenti in altre fedi: valdesi, metodisti, musulmani, perché «prima di essere ebrei, cristiani, musulmani o atei siamo esseri umani», dice l’imam dei palestinesi di Roma.

Molti prendono la parola. Il coordinatore nazionale di Pax Christi, don Renato Sacco, legge il messaggio di mons. Bettazzi, vescovo emerito di Ivrea, presente al Concilio Vaticano II insieme a Franzoni e anch’egli fra i protagonisti del dialogo fra cattolici e comunisti negli anni ’70-’80: «le sue prese di posizione sulla Chiesa dei poveri e sul dialogo con i comunisti sembrano appartenenti al passato», scrive Bettazzi, ma gli resta «il merito di una profezia sulla Chiesa dei poveri, sull’ecologia, sulla nonviolenza e la pace, perseguita con sincerità, con coraggio e con la coscienza di una fede sincera». «Ha lasciato la sicurezza dei muri del convento per far parte di una comunità che si è messa in cammino, senza pecore o sudditi», ricordano altri.

«PAPA FRANCESCO ha chiesto perdono ai valdesi per le persecuzioni inflitte loro nei secoli scorsi, mi piacerebbe che ora lo facesse anche nei confronti di Franzoni e dei suoi compagni», suggerisce Marco Davite, caporedattore della trasmissione Rai Protestantesimo.

«Vedo Giovanni in questa cassa e mi chiedo: come è possibile rinchiudere i suoi pensieri lì dentro?», domanda Margherita, una donna della Cdb di San Paolo.
Poi la bara, poggiata in terra e «accerchiata» dai giovani della comunità davanti ad un tavolo-altare rivestito della con la bandiera della pace, viene sollevata e portata fuori, fra gli applausi di tutti e la commozione di molti. «Ciao fratello, amico, compagno Giovanni Franzoni».