Gli eventi che portarono alla caduta del regime socialista in Cecoslovacchia partirono nel gennaio ’89, quando furono represse dalla polizia le commemorazioni del sacrificio di Jan Palach. Le proteste proseguirono per tutto l’anno ed ebbero l’apice il 17 novembre, quando il corteo in memoria degli studenti cechi uccisi durante l’occupazione nazista fu caricato dalla polizia sul Corso nazionale a Praga. Pochi giorni dopo si formò la piattaforma Forum civico, che concordò con il Partito Comunista il passaggio di potere. Il 29 dicembre l’allora parlamento comunista elesse presidente della repubblica Václav Havel. Le prime elezioni plurali furono convocate per giugno 1990.

Un altro miglio importante fu la liberalizzazione dei prezzi e del commercio avvenuta nel 1991 e la privatizzazione delle aziende statali nel 1992. Contestualmente fu approvata la legge sulla restituzioni, grazie cui rientrarono in possesso dei loro beni le famiglie aristocratiche e borghesi oltreché la chiesa. Con il ritorno al sistema politico plurale furono ripetuti gli scontri sull’assetto istituzionale del paese. L’incomunicabilità tra i politici cechi e quelli slovacchi sfociò nel 1992 nella decisione di sciogliere la federazione.