In giugno di quest’anno ha toccato la soglia dei cinquant’anni ma Cecilia Bartoli è riuscita a mantenere quell’immagine di gioventù e freschezza che l’ha imposta all’attenzione del pubblico internazionale alla fine degli anni Ottanta. È uno dei motivi per cui la sua carriera sembra quella di una veterana, oltre alla girandola dei tanti cambi di look e di repertorio vocale fra gala e riscoperte di repertorio, dal barocco alle dive del belcanto romantico, da Salieri a Caterina di Russia. Sono venute poi le responsabilità artistiche a Salisburgo e una nuova dimensione nel modo di produrre e organizzare la musica. Davanti al pubblico romano però Cecilia Bartoli è più a nudo che mai: è il pubblico italiano, il più severo con lei da sempre nonostante i trionfi, ma anche la platea della città dove è nata e ha studiato, dove c’è chi la ama e crede nel suo talento da sempre, ma anche gli scettici difficile da incantare con i lustrini di un gran galà, non importa quanto prestigioso o esclusivo. Un concerto dedicato a Mozart, in programma domani sera con il coro e l’orchestra dell’Accademia di Santa Cecilia, e la complicità sul podio di Antonio Pappano è forse il modo migliore per tornare a casa. Del resto da Mozart è partita la scintilla iniziale per il successo, con lo spartito delle arie di Mozart sotto il braccio la giovanissima Cecilia si è presentata a Salisburgo davanti a Karajan, ormai molto anziano ( sarebbe morto due anni dopo).
«Per me era tutta una novità – ricorda Cecilia Bartoli – l’audizione era programmata a Salisburgo, ricordo l’arrivo in questa città fredda, una città nordica per me Alla Grosses Festspielhaus per quell’audizione eravamo in due, l’altra cantante era il soprano Sumi Jo. Solo una lucina sul palco illuminava il pianoforte verticale, il resto della sala era al buio. Karajan era in sala ma potevamo vederlo, ci parlava attraverso un microfono. Una situazione che intimidiva molto, anche se il Maestro fu gentilissimo: io cantai Mozart e Rossini, e venni scelta per la Messa in Si minore di Bach. In verità Mozart mi ha portato fortuna anche in un’altra audizione importante, con Daniel Barenboim, un’altra delle grandi bacchette con cui è iniziata la mia carriera».

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È questo il repertorio che lei consiglia anche ai giovani cantanti, per iniziare la carriera?

Mozart senz’altro, ma anche Rossini. Se si è capaci di coltivare con costanza la musica di questi due compositori si può sperare di assicurarsi una buona longevità vocale. Accanto a loro dobbiamo ricordare il repertorio barocco. Mozart amava molto Handel e ha saputo raccogliere le tante influenze che venivano dai grandi compositori del Settecento. Questi compositori possono servire per prepararsi in modo solido a una carriera professionistica e possono essere di grande utilità anche per chi dopo si dedicherà alla musica romantica

Cecilia Bartoli ha percorso in lungo e in largo la musica di Mozart, ma soprattutto si è divertita a cambiare spesso parte all’interno delle varie opere, nel Così fan tutte addirittura ha cantato le tre parti femminili. Come mai?

Le prime arie che ho studiato sono state proprio quelle di Cherubino nelle Nozze di Figaro: il ventaglio di varietà e possibilità che offre Mozart non ha mai smesso di affascinarmi. Peraltro a ben vedere non interpreto solo parti scritte per voci femminili. Il nostro concerto di compleanno, che è un omaggio e anche un ritratto, include un mottetto molto famoso come Exultate Jubilate, scritto a Milano per un castrato famoso, Venanzio Rauzzini: mi confronto spesso anche con questo tipo di vocalità che ha un virtuosismo molto particolare, per via delle caratteristiche fisiche dei castrati. Per il resto il programma che abbiamo messo a punto con Pappano offre una galleria delle voci predilette da Mozart, dal Laudate Dominum dei Vesperae solennes de Confessore K 339, fino alle arie da concerto, come la splendida Ch’io mi scordi di te, con il pianoforte obbligato. Una scena d’opera vera e propria, scritta per il soprano Nancy Storace, che Mozart amava moltissimo e per cui ideò la parte di Susanna nelle Nozze di Figaro. E poi una delle più belle parti ‘maschili’ delle opere di Mozart, Sesto nella Clemenza di Tito, di cui canto l’aria “Parto, Parto”

Come si ritrova oggi nel confrontarsi con le sue stesse interpretazioni mozartiane?

La maggiore difficoltà nella musica di Mozart resta racchiusa proprio nella segreto di quella sua estrema semplicità e immediatezza. Più la sua musica suggerisce un tratto di semplicità più di solito è difficile da eseguire. Per raggiungere quella semplicità serve spesso un grande lavoro dell’interprete anche sotto il profilo tecnico: spesso la voce si trova completamente scoperta, quasi a nudo, e allora sono necessarie tecnica e discipina terribilmente solide, ma anche una notevole sensibilità. Per interpretare Mozart servono anche capacità e equilibrio nel dosare l’elemento strumentale e la propria carica di umanità.
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