Ogni autocrate ha le blandizie che più gli si addicono, devono aver pensato le feluche che in queste ore stanno organizzando la visita del presidente turco Recep Tayyip Erdogan a Roma, domani e lunedì.

Così, se per compiacere il presidente iraniano Rohani furono incappucciate le statue «nude» dei Musei capitolini, nel caso del Sultano turco, niente di meglio che una visita superblindata, da zona di guerra, con droni, soldati sui tetti, innalzamento al livello 2 di allarme generale, 3.500 militari per le strade a tutela dei cortei di auto con bandierine italo-turche.

Il questore Guido Marino e il comitato provinciale dell’ordine pubblico hanno organizzato «briefing operativi» con i servizi di sicurezza turchi e schierato «squadre speciali Nbcr dei Vigili del fuoco», per far fronte all’allarme «terrorismo». E di nuovo si sfiora il ridicolo: perché queste fantomatiche «squadre speciali» altro non sono che i pompieri in tuta anti-contaminazione utilizzati per le bonifiche. Qui servirebbero a contenere gli effetti di eventuali attacchi chimici, biologici o con gas nervino.

Comunque un spiegamento di forze pari solo a quello visto durante la ricorrenza del Trattato di Roma con tutti i leader europei concentrati nei pochi isolati dei palazzi capitolini. Per «onorare» Erdogan, e farlo sentire a casa, il cuore della capitale – dal Vaticano al Quirinale e Palazzo Chigi – per 24 ore sarà trasformato in una vera e propria green zone stile Baghdad. In questa zona rossa sarà in vigore un totale divieto di manifestazioni. E qui veniamo al dunque. O al perché.

La mano che dovranno stringere il presidente Sergio Mattarella, papa Bergoglio e il premier Paolo Gentiloni gronda sangue. Questa è la prima visita in un’Europa ancora «preoccupata» dall’inizio dello sconfinamento delle truppe turche con al seguito 25 mila miliziani dell’opposizione anti-Assad nell’enclave controllata dalle unità kurde dell’Ypg che hanno sconfitto l’Isis. La visita p ufficialmente sarebbe per discutere della questione di Gerusalemme. Ma è chiaro come sia volta a uno sdoganamento dell’operazione «Ramo d’Ulivo» cercando orecchie sensibili in uno dei paesi più interessati al «contratto» di Ankara con l’Europa per fermare i migranti.

Le comunità kurde in Italia hanno reti di solidarietà. I Consigli comunali di Firenze e Pisa hanno approvato mozioni di condanna dei massacri in atto ad Afrin, ieri a Pisa e in altre città si sono svolti cortei e presidi contro la visita di Erdogan, nella capitale sono comparse scritte cubitali «Erdogan not welcome» e bandiere del Pkk e dell’Ypg sui balconi.

Nei Giardini di Castel Sant’Angelo, appena oltre il limitare della green zone, dalle 11 alle 14 di lunedì si terrà un presidio autorizzato. Mentre l’Associazione giuristi democratici chiede al governo e al capo dello Stato di non ricevere Erdogan che «si è reso responsabile di un attacco alla popolazione di Afrin, in aperta violazione del diritto internazionale» o di chiedergli conto «dei crimini commessi».

Il Sultano vuole invece dimostrare che tutti i suoi oppositori sono soltanto terroristi e che è lui ad essere minacciato.