Esiste una trama, composta da fili diversi ma evidentemente intrecciati fra loro, che mostra un generale e rinnovato interesse per l’elettronica del nostro paese. Questo macro-genere, che vede i Kraftwerk tra i principali precursori dell’ormai storico linguaggio, ha attecchito da noi per via dell’immediatezza e della varietà della proposta – con specifiche varianti: house, techno e via elencando – che col passare degli anni conta sempre più proseliti. Non è passato certo inosservato il lavoro svolto da numerosi dj, ad esempio della scena techno romana: Lory D, Mauro Tannino, Leo Anibaldi, Marco Passarani e successivamente Tiger & Woods, basta dare un’occhiata a magazine online come Fact Magazine e Electronic Beats o a database di settore come Resident Advisor e Juno, fino al più generico Discogs per accorgersene. Posto che rimane operazione ardua fare una mappatura il più possibile esaustiva dei nomi che negli ultimi cinque anni almeno hanno intrapreso discorsi artistici degni di attenzione, si proverà ugualmente a circoscriverne una manciata, tra quelli che vengono ritenuti di maggiore interesse.
Si diceva della scena elettronica romana, che è sempre stata tra le più attive. Oltre ai nomi più noti ce ne sono altri che stanno cercando la loro strada. Uno che opera da qualche anno e si fa rispettare anche all’estero è Polysick, che nel 2012 pubblica un interessante album per la Planet Mu di Mike Paradinas. In Digital Native egli riesce a sintetizzare umori electro con forti riferimenti ancestrali e simbolici – si sa anche della sua passione per la library-music, altro fenomeno di recente tornato parecchio in auge. Nella capitale opera poi un vero outsider come Luciano Lamanna, alfiere di una techno oscura e dalle forti influenze industrial, tra i suoi moniker: Lunar Lodge, Balance (interessante 3, album uscito per la Subsound Records) e Der Noir. Altro artista di punta è Donato Dozzy, in passato resident-dj al Brancaleone: due lavori per l’etichetta di Seattle Further Records e una pletora di 7 e 12”. Poi la collaborazione col sodale di origine calabrese Neel (anche lui di base a Roma) a nome Voices From The Lake, un paio di notevoli pubblicazioni per l’austriaca Editions Mego, in particolare il Live at MAXXI: qui si misurano con una forma di elettronica che ricalca addirittura territori non lontani da certo progressive-rock più etereo. Nel frattempo hanno messo su una label, la Spazio Disponibile, e se ne vanno a suonare in giro per il mondo. Dozzy è stato negli Usa e in Giappone, al prestigioso Labyrinth Festival e ha coltivato collaborazioni coi Retina.it e Anna Caragnano, con quest’ultima ha fatto uscire un disco dalla forte impronta etno-magica a nome Sintetizzatrice; intanto conversa con una delle pioniere dell’elettronica statunitense, Suzanne Ciani, e porta avanti le etichette Dozzy Records e Aquaplano (dal titolo di un brano dell’amato Paolo Conte). Di rilievo l’ultimo suo The Loud Silence, dove processa il suono dello scacciapensieri creando un tappeto ritmico evocativo che rimanda direttamente e in maniera sorprendente ai lavori di Claudio Rocchi (lo ammette egli stesso nelle note di copertina), in particolare a quella perla rara e ormai fuori catalogo chiamata Suoni di frontiera.
Sempre per la Further è uscito da qualche tempo Hyperboreal, ultima fatica di Manuel Fogliata, meglio conosciuto come Nuel. Anche Fogliata è sodale di Dozzy (il cui vero nome è Donato Scaramuzzi) nel progetto The Aquaplano Sessions. Dopo l’interessante Trance Mutation, con Hyperboreal il producer romagnolo mette a fuoco tutta una serie di stimoli che gli servono per esprimersi attraverso i suoi immaginari tableau vivant, in sostanza una sorta di techno-drone la sua, sempre materica ma mai troppo ritmica. Intanto è già uscito un altro 12” per la francese Latency, Unveiled.
Altro nome emerso più di recente è quello della bolognese Caterina Barbieri, che vira verso lidi decisamente non techno ma di stampo più minimalista, va specificato. Per lei, nella sezione Cassauna dell’americana Important Records (in catalogo giganti come Harry Bertoia, Eliane Radigue e William Basinski), una cassetta caratterizzata dalle note del Buchla, storico sintetizzatore che ha avuto l’onore di suonare durante la residenza come guest composer all’EMS di Stoccolma. Vedremo che tipo di sviluppi ci saranno in futuro, per il momento potrete accaparrarvi una copia della ristampa del suo Vertical.
Lasciamo l’Italia per approdare in Germania, dove nascono liaison legate ovviamente alla città musicale per eccellenza, Berlino. Qui ad esempio opera un’etichetta come la Marmo Music, che ha fatto esordire i Tru West con all’attivo due album appartenenti alla serie The Decline of Western Civilization, nome punk e speciale attitudine elettronica, per una sorta di jazz tribaloide che si bagna in un fiume di ritmi primitivi. C’è poi Inner8, cioè Daniele Antezza: materano, da tempo vive lì ed ha fatto uscire nel 2015 un interessante album omonimo per la sua Undogmatisch. Il giovane artista proviene dai notevoli Dadub (col socio Giovanni Conti), alfieri di una raffinata proposta che non ha nulla da invidiare a tante più blasonate produzioni europee.
E tornando in Italia, coi Dadub ha collaborato pure lo storico act campano dei Retina.it. Nicola Buono e Lino Monaco sono in pratica dei veri prime-mover dell’elettronica di casa nostra, la loro peculiarità è quella di licenziare dischi piuttosto diversi tra loro, ma tutti ascrivibili all’innata passione per la techno e la ricerca su ritmiche e atmosfere; vantano in passato uscite per la chicagoana Hefty e per la spagnola Semantica Records (uno split proprio con Donato Dozzy). Sodale del duo di Pompei è poi Matter, cioè Fabrizio Matrone. Il suo retroterra si divide tra post-punk e amore per il catalogo metal della inglese Earache, vanta anche pubblicazioni di stampo più isolazionista come Heidseck. Matrone ha già fatto uscire tre lavori per l’ucraina Kvitnu (ora con base a Vienna), l’ultimo si chiama Paroxysmal e vi spacca i timpani come pochi sanno ancora fare bene. Più giovane è Nicola Pedone in arte Shapednoise, che col suo Different Selves (Type Recordings) alza la posta utilizzando volumi quasi impossibili, immaginate di rimanere intrappolati in una stanza buia con lo stereo che non riuscite a spegnere, perché appunto non vedete nulla.
Rimanendo in Germania c’è poi l’attività della Stroboscopic Artefacts, agguerrita etichetta gestita da Luca Mortellaro in arte Lucy: davvero notevole l’ultimo album, Self Mythology, tra piglio Zen e oscura psichedelia dalle tinte etniche (si segnala l’altrettanto interessante Churches Schools and Guns di un paio di anni fa). La Stroboscopic ha dato alle stampe numerose compilation e pubblicato nomi internazionali di una certa caratura: Kangding Ray, Perc.
A chiudere questa breve carrellata le produzioni della milanese Haunter Records. Dietro questo nome si celano dei ragazzi che fanno capo al «tavolo suono» del Macao, ormai punto di riferimento per le serate di orientamento elettronico a Milano. La prima uscita risale al 2013, ma stanno continuando a sfornare cose interessanti, tra cracked electronics and irregular noise, come amano affermare nel loro claim di presentazione. Vanno citati almeno i lavori di Heith, Cage Suburbia e la proposta più suadente di Petit Singe.
Si può senza dubbio affermare che nel vasto panorama internazionale dell’elettronica gli italiani hanno storicamente sempre fatto bene. E probabilmente continueranno a fare ancora meglio. Siete avvisati.

FUORI I DISCHI

Donato Dozzy “The Loud Silence” (Further Records)
Polysick “Digital Native” (Planet Mu)
Neel “Phobos” (Spectrum Spools)
Voices From The Lake “Live at MAXXI” (Editions Mego)
Donato Dozzy & Nuel “The Aquaplano Sessions” (Spectrum Spools)
Nuel “Hyperboreal” (Further Records)
Balance “3” (Subsound Records)
Caterina Barbieri “Vertical” (Important Records)
Tru West “The Decline of Western Civilization II” (Marmo Music)
Inner8 “Inner8” (Undogmatisch)
Retina.it “Descending into Crevasse” (Glacial Movements Records)
Matter “Paroxysmal” (Kvitnu)
Shapednoise “Different Selves” (Type)
Petit Singe “Tregua” (Haunter Records)
Lucy “Self Mythology” (Stroboscopic Artefacts)