Una mano piccola e nodosa intenta a tracciare lettere accurate e un po’ tremolanti su un quaderno di scuola a quadretti. La grafia di chi ha appreso la scrittura come emanazione diretta del corpo, attestazione incontrovertibile di sé, senza mediazione di schermi, o digitazione di tasti.

Allora dal fotogramma si innalza lieve un suono di fisarmonica alla Yann Tiersen, mentre una voce zampilla fresca e insieme antica,accogliente, a dar suono a ciò che la mano imprime. “Mi chiamo Giovanna Marturano, sono stata una partigiana, ho militato nelle Brigate Garibaldi del PCI”.

Che effetto fa oggi sporgersi su quell’immenso giacimento di azioni, di coraggio e di passioni, di coerenti nitide direzioni, di presa in carico della propria responsabilità morale come tutt’uno inseparabile dalla coscienza di sé e dalla propria capacità di incidere, senza né surrogati né deleghe, che è parte del tracciato delle donne nella Resistenza, nella Ricostruzione, e come in questo caso, nel Partito Comunista? In questa notte di indistinto etico, di preteso“nuovo” come valore tout court, è forse troppo forte, talmente luminoso da non sopportarlo, da coprirsi gli occhi?

Di certo, specie se parliamo del precipitato immane delle singole soggettività, che pure sono in parte emerse in questi 70 anni (bello sarebbe citarle tutte, le conosciute e le sconosciute …), si tratta di un patrimonio ancora non sufficientemente esplorato, un vaso di Pandora che più si rivela e più si mostra in grado di diffondere tutta la propulsività di quella speranza che il mito racconta fosse rimasta sul fondo. Penso a un nostro personale Spirit of ‘45, ovvero a quella alchimia individuale e sociale che Ken Loach ha finemente cercato di rievocare per il suo Paese: antidoto dunque all’oblio coatto, al brutto nonsense attuale, penso a quel mood, a quelle tappe di trasformazione operate nel pieno post-traumatico della guerra, unitamente ai report passati attraverso la pelle di chi quella lunga stagione l’ha vissuta.

Vissuto. Ecco uno dei punti. Le testimonianze di queste donne come portatrici di memoria fertile e salubre, come bene comune energetico che lo scorrere del tempo, ove non si sia corsi opportunamente ai ripari, mette in pericolo di estinzione e cancellazione. E poi la questione del come raccontare. In questo 2014. In cui un lavoro ancora sulla carne viva come La Donna nella Resistenza di Liliana Cavani, girato a 20 anni da quegli eventi, non è più possibile. Adesso che siamo davvero sul limitare, e che non solo le protagoniste di quegli anni stanno per eclissarsi, ma che anche il contesto i valori in cui la loro azione si è prodotta rischiano di sparire, di non essere più leggibili.

Poi accade che Todomodo, un gruppo fondato nel 2005 dai tre filmaker indipendenti, Claudio Di Mambro, Luca Mandrile e Umberto Migliaccio – cercatori di personaggi ai margini della memoria collettiva, autori di diversi documentari su donne e uomini dell’antifascismo militante – si imbatta in Giovanna Marturano.

Una nuvola morbida e ondulata di capelli bianchissimi intorno al viso, i canyon delle rughe che incredibilmente coesistono alle guance arrotondate, la statura bonsai, e poi gli occhi: come due brillii grigioverde liquido, come profondità novecentesca di sguardo delle nostre nonne … Quando la incontrano, Giovanna è già una quercia secolare, quasi una tartaruga delle Galapagos. “Sono nata il 27 marzo del 1912”.

E dunque nata a Roma da una famiglia sarda, padre “colto e burbero”, funzionario dello Stato, si nutre alla fonte illuminata della madre che, pur nella matrice percettiva oscura del fascismo, la esorta sempre a far riferimento solo alla luce della propria coscienza. Le prime esperienze antifasciste sono a fianco del fratello, compagno di classe di Giorgio Amendola, e della sorella. Sempre attraverso la madre, fermata dopo una esperienza di attivismo antifascista in Francia, tocca con mano la condizione dei confinati a Ponza. Tra loro conosce anche il suo futuro marito (“Mio caro, hai preparato la banda …, la strada coperta di petali di rosa?). Quindi i primi lavori con i compagni romani che le chiedono di fare lezione sull’”abc del comunismo”. Quando l’arrestano per le sue traduzioni nella tipografia del fratello (che a sua volta conosce carcere e confino), non ha paura, così come aveva riso loro in faccia quando l’avevano minacciata di immergerla nella calce viva se non si fosse iscritta al Guf. E poi gli albori della presa di coscienza femminista, mentre il fratello medico parla ancora di inferiorità cerebrale femminile, la sensibilizzazione delle donne romane, il loro coraggio e l’adrenalina degli assalti ai forni. Quindi la Liberazione, i festeggiamenti per il diritto di voto, mentre il maschilismo all’interno del partito è un muro prima che da scalare da rivelare apertamente; e poi il lavoro come archivista del gruppo comunista alla Camera, fino alla decisione di lasciarlo, causa burnout nel seguire anche i figli: da allora continua “solo” quello in sezione ricoprendo ruoli sempre più di responsabilità …

“Perché non c’è altra via che combattere. Dal lavoro si può andare in pensione, dalla lotta no”, cosa sarebbe, dice autoironica, senza questo amore reale per le sorti delle persone, se non una vecchina che si lamenta dei suoi mali? In lei, malgrado l’intensità violenta dei colpi della Storia (sebbene le siano state risparmiate le prove più estreme), c’è una gioia una levità una autenticità che incanta i tre registi. “Così era il clima di allora nella vita partigiana, antiretorico, antidrammatico, casalingo e domestico anche se eravamo alla macchia e la morte girava lì intorno …”, scrive Renata Viganò a proposito della sua esperienza diretta consegnata a L’Agnese va a morire. E Giovanna non è soltanto un’incredibile centenaria combattente, Giovanna, grazie all’incontro di Todomodo con i disegni di Maurizio Ribichini e con le animazioni di Salvo Santonocito e Adriano Mestichella, è e sarà per sempre Bimba col pugno chiuso, una figuretta in bianco e nero, tra collage e acquarelli, ritagli di foto e vecchie cartoline, a specchiarsi nelle bambole di stoffa che lei stessa crea. Allora, se anche decidesse di andarsene davvero, guarda caso un anno fa, subito dopo aver visto gli esiti rinfrancanti e deliziosamente poetici di questo “empatico documentario animato”, Bimba è viva e continuerà ad esserlo e a fare capolino dagli occhi di tutte le ragazze e i ragazzi che saranno gemme e sensi di quella bellissima quercia.

Senza dire poi che il film, come per fortuna sempre più progetti, germina da Produzioni dal Basso, ossia da 441 persone e realtà associative italiane che lo hanno fatto proprio. Qualcosa che va oltre il supporto meramente economico … A proposito del lavoro col Soccorso Rosso, Giovanna racconta di come ci si occupasse delle famiglie dei compagni licenziati o al confino, collette in cui anche chi aveva quasi nulla non si risparmiava. Ricevendo uno di questi meravigliosi pacchi dono, qualcuno aveva detto: “Io non conoscevo il partito comunista. Un fratello non avrebbe potuto fare di più”. Grazie Giovanna, per questa nuda verità, grazie per dirci col tuo semplice puro esserci, ciò che possiamo essere, ciò che non può morire.

Bimba col pugno chiuso (2013) si deve a: Giovanna Marturano (Bimba), Todomodo, ossia Claudio Di Mambro, Luca Mandrile, Umberto Migliaccio (regia fotografia montaggio e suono), Maurizio Ribichini (disegni), Adriano Mestichella, Salvo Santonocito (animazioni), Paolo Camerini, Amy Denio, Roberto Fega, Bianca Giovannini, Roberta Montisci, Ludovica Valori (musiche originali), Daniela Bassani Marzia Cordò, Stefano Grosso (montaggio del suono e mix), Andrea Aureli, Delphine Regnauld (traduzioni). In coproduzione con Produzioni dal Basso, con il contributo della Provincia di Roma e di Radio Popolare Roma. Il documentario (http://bimbacolpugnochiuso.wordpress.com/), continua il lavoro intrapreso da Giovanna nei confronti delle generazioni a venire con proiezioni tra scuole e festival in Italia e all’estero ed è disponibile on demand presso https://vimeo.com/ondemand/bimbacolpugnochiuso.

Maurizio Ribichini, illustratore e fumettaro ha pubblicato le raccolte Le Straordinarie Avventure Qualsiasi e Storie fragili.

Giovanna Marturano Grifone ha raccontato delle sue origini in Memorie di una famiglia comune, Edizione Quaderni Irpini (1997).