Roberto Speranza, a due giorni da piazza Santi Apostoli giudicando le tante reazioni politiche alla vostra manifestazione, l’idea di riunire chi è a sinistra del Pd è più vicina o più lontana?

Innanzitutto sono molto contento di com’è andata sabato. È l’inizio di un viaggio, dovevamo dare un messaggio netto e credo che sia arrivato. Ora ribaltiamo la piramide: partiamo dal progetto, non dai nomi e dalle sigle. Il messaggio complessivo di piazza Santi Apostoli è la centralità della questione sociale e del lavoro, tornando ad assumere il punto di vista dei deboli, la necessità di un cambio di linea in economia mettendo al centro gli investimenti. È un’agenda alternativa al renzismo.

La piazza di sabato era intitolata «Insieme». La domanda è duplice: con chi e per fare cosa?

Vogliamo costruire un’area progressista. A me piace chiamarla di centrosinistra anche se ha bisogno della radicalità di Corbyn e di Sanders. Ribaltare la piramide significa proprio che partendo dall’agenda, dal programma, dalle cose che condividiamo è molto più facile capire chi ci sta e dove si arriva.

Lei auspica che in quest’area ci sia anche chi sabato non era con voi e invece era al Teatro Brancaccio il 18 giugno?

Io auspico che questa area si allarghi il più possibile sia a chi era al teatro Brancaccio sia a chi nel Pd non condivide la linea Renzi. E sottolineo che sabato in piazza c’erano persone di entrambe queste due esperienza. Ed è stato un ottimo segnale.

Da sinistra sono arrivate critiche sia da Sinistra Italiana («Giudizio sospeso, ma sono perplesso», ha detto Nicola Fratoianni) che da Tomaso Montanari («Poco coraggio, tutto già deciso senza invitarci»): pensa siano recuperabili?

Non mettiamo veti, nessuno può metterli in questo momento. Cerchiamo invece di costruire un’agenda attrattiva, sfidante. In queste ore ho sentito molti esponenti di quest’area e dico loro che non dobbiamo perdere l’occasione di tenere assieme il popolo di sinistra, milioni di italiani che chiedono una nuova casa politica. C’è bisogno di generosità, non di distinguo.

Lei dice che siete partiti dalla proposta e non dai nomi, però il leader l’avete già scelto. Anche Bersani – che è stato il più applaudito – ha incoronato Giuliano Pisapia.

Giuliano in questo momento è oggettivamente quello che può garantire di allargare maggiormente il campo. Detto questo noi non abbiamo bisogno di uomini soli al comando ma di una squadra. La generosità con cui Pisapia si è messo in cammino è un segnale importante per costruire una sinistra la più plurale e aperta possibile. Mi pare stucchevole fare tutti i giorni l’esame del sangue a Pisapia: in quanti si aspettavano che avrebbe chiesto il ritorno dell’articolo 18 nell’intervento di sabato? Allora dico: battiamoci in campo aperto per creare un altro modello culturale. Cambiare il Jobs act, cambiare la Buonascuola, rimettere l’Imu per i miliardari, bloccando le trivelle e il “ciaone” a chi le subisce a pochi chilometri dalle proprie coste: è una sfida per la sinistra, una sfida del Paese.

Dall’altro lato politico, lei ha invitato Orlando a seguirvi ma dal Pd le risposte sono state quanto meno interlocutorie…

Osservo che nel Pd si va esaurendo il tempo degli eroi, del Renzi intoccabile e incriticabile. E questo mi fa piacere. Io mi rivolgo innanzitutto alla comunità del Pd da cui provengo e che conosco. La prospettiva di cambiare il Pd dal di dentro è sempre più flebile, per questo credo che tanti ci seguiranno e che creare un programma coraggioso di centrosinistra accelererà questo inevitabile processo.

Ci sono già incontri fissati con i tanti movimenti in campo a sinistra? L’appuntamento dato da Pisapia è a settembre. Si parla di gruppi comuni in parlamento, si faranno?

A quell’appuntamento dobbiamo arrivare pronti. Ora bisogna andare sul territorio perché il nostro non può e non deve essere un percorso calato dall’alto.

Come ci arriverete? Mpd-Articolo 1, le Officine del programma di Pisapia, Campo progressista, la Boldrini… Marcerete divisi per colpire compatti? A ottobre vi ritroverete sempre sotto l’insegna di “Insieme”? Sarà il nome della lista unitaria?

Noi di Mpd lo stiamo facendo da tempo e continueremo a farlo. È necessario che le comunità territoriali possano partecipare, serve coraggio e può arrivare solo dal basso. Da qui ad settembre ci incontreremo sicuramente. “Insieme” era il nome della piazza di sabato, l’inizio di un percorso. Il nome finale, spero unitario, lo decideremo con tutti i protagonisti di questo viaggio che mi auguro siano i più numerosi possibili, sia dal Pd che dalla sinistra.