Onorevole Fratoianni, per Nichi Vendola sul caso Spinelli sono state dette ‘troppe parole’. Ce l’aveva anche con lei, che ha parlato di «logica miserabile»?

Non credo. Il mio era un giudizio sul metodo. Fare cose diverse da quelle dichiarate è un errore, ma può succedere. Il punto è che si è voluto costruire un percorso a parole innovativo e inclusivo; e invece lei ha scelto il collegio in cui optare in completa solitudine. Magari, come dice, avrà parlato con qualcuno, ma non si è consultata con i luoghi e le persone che hanno costruito la lista Tsipras, l’assemblea dei comitati, quella dei candidati. Questo metodo getta un’ombra sugli esiti di questa esperienza. C’è perfino un tratto umano che si è rivelato deludente. A proposito di questo, abbraccio Marco Furfaro (il primo dei non eletti al centro, ndr): non si ricostruisce nessuna politica senza recuperare una dimensione umana.

Alla fine Barbara Spinelli vi ha accusato di avere una linea «ambigua».

Sel discute in pubblico. Ciascuno ha una posizione. Io ed altri per esempio ci siamo battuti per la lista Tsipras e abbiamo fatto bene perché la sua piattaforma è quella giusta per rispondere alla crisi dell’Europa. Abbiamo preso il 4 per cento, fino al giorno prima nessuno ci avrebbe scommesso. Un risultato ancora più significativo di fronte a quello di Renzi. Ma è insopportabile, ed eloquente, pensare che Sel sia inaffidabile perché discute al suo interno. Ed è inaccettabile che la nostra ricerca, quella del famoso «con Tsipras ma non contro Schulz», venga trattata come il gioco delle tre carte. Non stiamo a metà, stiamo con Tsipras. Ma da qui ci muoviamo per rompere gli argini, per costruire coalizioni possibili e cambiare l’Europa. Dov’è l’ambiguità?

Forse il punto è un altro: l’idea che la lista Tsipras sia alternativa al centrosinistra. Sel invece non lo è.

Questa è un’altra forzatura colossale. Abbiamo costruito una lista sulla base dei dieci punti del programma di Tsipras, che tutti hanno accettato e rispettato. Il resto è insopportabile esercizio di un’idea proprietaria che torce gli obiettivi a seconda del punto di vista. Il centrosinistra oggi in Italia non c’è più, ma resiste in molte città. Siamo alternativi al centrosinistra di Milano, del Lazio, di Cagliari, a quello di tante amministrazioni? Noi di Sel no.

In alcune c’è anche il Prc.

Ci sono persino posti in cui il Prc è dentro e Sel no. Comunque rifiuto la logica di chi non si pone il tema dei rapporti di forza. Segnalo che Tsipras, che è un dirigente di grande lucidità, quando il prossimo anno vincerà le elezioni in Grecia, si porrà il problema delle alleanze. Come sempre quando ci si propone il cambiamento.

In Sel che farete? Vi dimetterete, cambierete linea?

Il mandato di un gruppo dirigente è sempre a disposizione, sarà il partito a decidere. Quanto al cambio di linea, bisogna intendersi: non ho mai pensato che Sel dovesse sciogliersi in una ‘costituente’ affastellata e improvvisata. Né il 4 per cento può essere considerato un punto di arrivo. Io credo che Sel debba continuare a lavorare per una sinistra non minoritaria ed autonoma. Considero minoritaria una sinistra che pensa al quadro politico come inamovibile e la relazione con le altre forze impossibile. Ma è minoritaria anche una sinistra che pensa al rapporto con il Pd come l’unico orizzonte possibile.

Dà dei minoritari a Spinelli ma anche a Migliore?

E’ minoritario chi dice che il Pd è la nuova Dc, chi pensa nei termini amico/nemico. E dall’altra parte anche chi non aggiorna l’analisi sul centrosinistra. Resta che il rapporto con il Pd è fondativo, per Sel. No. Nel 2009 Sel nasce per fare della sinistra un luogo utile al paese. In quel contesto il tema era costruire un’alleanza che potesse far cambiare il paese. Oggi il quadro è diverso. Le larghe intese continuano ad essere la forma della governance. Partire dall’alleanza non ha senso.

Ma con il Pd al 40,8 per cento ci può essere una sinistra utile che non sia alleata del Pd?

Come si vede dai ballottaggi, le cose cambiano veloci. La sinistra è utile se è in grado di aggregare consenso. Ma se è sbagliato ridurla a un’ancella del Pd, dall’altra parte è sbagliato rinchiuderla nell’autoreferenzialità, un rischio che nella lista Tsipras c’è. Persino per chi pensa che l’alleanza sia inevitabile – io penso che sia auspicabile per un governo di cambiamento – cosa è più utile: che una piccola forza entri nel Pd o che ci sia una forza più grande che porti un valore aggiunto?

Cosa proponete per uscire da questo cul de sac? In Sel avete ancora la maggioranza?

Leggo che all’assemblea nazionale ci saranno molti documenti, ma potrebbero anche diventare uno solo. Dobbiamo dire che Sel c’è e rilanciare la nostra iniziativa. Confermare la nostra opposizione al governo delle larghe intese, la cui natura non cambia almeno finché non cambia la base parlamentare. Terzo, lavorare alla costruzione di una sinistra autonoma. Evitando che quel 4 per cento scivoli in una deriva minoritaria.

Quindi restate nella lista Tsipras?

Finita la fase emergenziale del voto, i luoghi sono tutti da definire. Ma restiamo ovunque si possa costruire una sinistra innovativa. Ci sarà un’assemblea della lista? Dobbiamo esserci. Lì abbiamo trovato tanti e tante interessate a questa sinistra. Studenti, reti. Sia chiaro, non mi basta: continuerò a discutere con chi nel Pd ha posizioni diverse da Renzi, e a costruire un’offerta politica per chi nei 5 stelle vive una crisi vera. Ma in quel 4 per cento della lista Tsipras c’è molto di noi. C’è anche chi ha con noi un pessimo rapporto, ma questo non ci farà diventare un corpo esterno.