Il replicante alla carica di premier ucraino Arsenij Yatsenjuk ha dato disposizioni a Naftogaz per il pagamento sia del debito, sia per la fornitura fino a fine anno del gas russo. Questo il passo immediato seguito all’accordo di giovedì notte a Bruxelles tra Mosca e Kiev. Essenziale è stata l’intermediazione Ue, sotto forma di garanzia monetaria, avendo detto chiaro e tondo Aleksej Miller che Gazprom può riprendere le forniture di gas in 2 giorni, ma che, per problemi finanziari, d’ora in poi Kiev dovrà vedersela con la comunità internazionale, dato che la Russia non farà più credito. Kiev-Ue salderà entro fine anno a Gazprom 3,1 dei 5,3 miliardi di dollari di debito e pagherà in anticipo le prossime forniture: sarà così garantito il flusso di gas russo all’Europa. Felicitazioni reciproche tra Putin, Merkel, Hollande e Poroshenko.

E il Presidente ucraino, ha condotto ieri i colloqui con Arsenij Yatsenjuk («Fronte popolare») e Andrej Sadovij («AutoAiuto») per la formazione della nuova coalizione di governo, dopo le elezioni del 26 ottobre. Per ora in forse la partecipazione (voluta da Yatsenjuk, ma non da Poroshenko) alla coalizione del Partito radicale; anche «Patria» di Julia Timoshenko pare non sia stata invitata ai colloqui. La Commissione elettorale centrale ha annunciato comunque un probabile riconteggio delle schede, legato anche alla pretesa dei neofascisti di Svoboda (sotto la soglia del 5%) di essere stati boicottati «da agenti russi».

Il Blocco Poroshenko disporrà alla Rada di circa 130 deputati, contro un’ottantina del Fronte popolare del premier Yatsenjuk. Il secondo è però il partito uscito vincitore dalle urne (in Russia chiamano apertamente in causa gli Usa per l’impennata dal 8% pronosticatogli alla vigilia al 22% dei risultati) e il suo leader e nuovamente primo ministro, ha già proposto un nome originale per la coalizione – Ucraina europea. Se questo è ciò che porta in dote il Fronte popolare a quello che viene definito un «matrimonio di convenienza», per parte sua il programma presidenziale «Strategia-2020» prevede una sessantina di riforme «che possono cambiare il paese».

Riempiendo di contenuti quella «grande forza filo europea» così acclamata dai media nostrani, Poroshenko dà avvio al più sostanziale dei dettami di Bruxelles e propone di privatizzare tutte le miniere; quelle che non si riuscirà a vendere verranno eliminate. Agli attuali 5 o 6 milioni di disoccupati se ne aggiungeranno dunque altre decine di migliaia. D’altronde, è questa la prescrizione Ue per i pazienti che si affidano alle sue cure; nel caso dell’Ucraina sembra essere scritta su un vecchio ricettario. La questione delle privatizzazioni – e della guerra tra clan per gli accaparramenti – ha costituito infatti l’ossatura di tutta l’Ucraina postsovietica e già da diversi mesi si parlava di un programma per la vendita di circa 170 imprese statali: «un’altra redistribuzione di proprietà e guerra tra oligarchi»scriveva Ria Novosti nel luglio scorso.

Un’operazione speculativa, scrive il vice direttore dell’Istituto di Informazione scientifica Dmitrij Efremenko: «con la guerra nel Donbass, solo investitori disposti a lavorare in situazioni ad altissimo rischio investiranno in Ucraina».

La questione delle privatizzazioni si pone in maniera d’altronde relativa proprio nel Donbass, dove anzi si parla da tempo di rinazionalizzare diverse imprese e dove domani si terranno le elezioni nelle Repubbliche di Donetsk e Lugansk, che Mosca ha da tempo annunciato di voler riconoscere, nonostante le minacce della Commissione europea di inasprimento delle sanzioni. A onor del vero, mentre vari partiti russi (Pc, Ldpr, Russia giusta e Patria) annunciano l’invio di osservatori al voto, non è ancora detto che l’esercito ucraino non sia pronto a impedirlo, con una democratica massiccia offensiva. Mentre proprio ieri dalla regione di Donetsk è giunta notizia del rinvenimento di un’altra fossa comune con i corpi di 286 donne e il premier Aleksandr Zakharcenko ha detto che circa 400 donne dai 18 ai 25 anni sono scomparse nell’area di Krasnoarmejsk, dove era acquartierato il battaglione neofascista «Dnepr-1».