[do action=”citazione”](…) E ora José?
La festa è finita,
la luce si è spenta,
la gente è partita,
la notte è ghiacciata,
e ora José?
e ora, che è di te?
di te che non hai nome,
che prendi in giro gli altri,
di te che fai versi,
che ami, protesti?
e ora José? *[/do]

Due ore dopo la chiusura dei seggi esce il risultato, con Bolsonaro presidente. È da non crederci: al 21% di astensioni, al 2,15% di schede bianche e all’8% di schede nulle. Numeri che sarebbero bastati per una svolta. Dappertutto scoppiano i fuochi d’artificio.

Quindi non è contato niente che grosse aziende avessero spinto Bolsonaro pagando profumatamente per orchestrare una marea di fake news sui social contro il Pt, con uno schema di donazioni non contabilizzate e vietate per legge, nonostante ormai non ci fosse alcun giudice disposto a impedirlo.

Tra le notizie false sui social c’era quella che il candidato Fernando Haddad aveva creato un «kit gay», cioè un programma “omosessualizzante” destinato a essere implementato nelle scuole pubbliche. Ci ha creduto l’80% degli elettori di Jair Bolsonaro.

Tra l’altro, la gang del Psl aveva già scatenato una vera caccia alla giornalista che aveva pubblicato le prove del piano sulla Folha de São Paulo . Anche qui restando impunito.

[do action=”citazione”]E ora, José?
Sei senza una donna,
sei senza discorso,
senza tenerezza,
ora non puoi più bere,
non puoi più fumare,
non puoi neppure sputare,
la notte è ghiacciata
non è arrivato il giorno,
non è arrivato il tram,
non è arrivato il riso,
nemmeno l’utopia
e tutto e finito
e tutto è sfuggito
e tutto si è ammuffito,
e ora, José?[/do]

Tornando a casa, attraverso il centro di San Paolo sotto una pioggia di grida volgari contro il Pt. Alla tv rivedo lo stesso ghiaccio dei tempi grigi della dittatura, con tanto di preghiere e sfilate di soldati e carri armati nelle capitali. Piango. «Stammi bene, non preoccuparti», mi telefona un amico. È una parola. Dai social arrivano messaggi disperati da tutte le parti. Mi dicono di una deputata bolsonarista del Sud, «antifemminista e cristiana», che ha creato una specie di numero verde, incitando gli studenti a registrare i loro prof nel caso in cui loro parlassero di genere o di politica, per poi farli denunciare e processare.

Scatta un flusso di messaggi allo scopo di salvaguardare la libertà di insegnamento – da pezzi della Costituizione a numeri di avvocati, sindacati e quasi un manuale di come comportarsi in classe dinanzi a minacce simili.

A vittoria consumata, il presidente neo eletto chiede al suo braccio destro, un senatore della bancada della Bibbia, di recitare una preghiera prima del suo primo pronunciamento. Appunto, il predicatore Magno Malta (impegnato in una crociata disastrosa contro la pedofilia, poiché piena di fede ma priva di prove) occuperà l’appena creato «Ministero della Famiglia» – della famiglia tradizionale, ovviamente.

La notte tra domenica e lunedì, scatta l’allame dagli attivisti: comunità quilombola (di afrodiscendenti ex schiavi, ndr) e villaggi indigeni subiscono attacchi e sono incendiati in diverse parti del paese. Al riguardo, il lunedì mattina Bolsonaro fa già sapere che il Ministero dell’Ambiente e quello dell’Agricoltura diventano uno solo. Contenta la tribuna ruralista, contenti i proprietari terrieri e contenta la Rete Globo, che dall’uscita della presidente Dilma Rousseff, nel 2016, ha abbracciato la “causa” dell’agrobusiness con tanto di spot pubblicitari sotto lo slogan: «L’agro è pop».

[do action=”citazione”]E ora, José?
La tua dolce parola,
la gola, la dieta,
il tuo istante di febbre,
la tua biblioteca,
il tuo giacimento d’oro,
il tuo vestito di vetro,
la tua incoerenza,
il tuo odio: e ora?[/do]

Il lunedí 29 ottobre sarà una giornata fredda e lunga. La mattina presto passo in “redazione”, la sede del sindacato dei lavoratori delle banche, dove vanno per informarsi i giornalisti impegnati/indipendenti o senza una testata specifica. Nessuno sorride. Gli amici si scambiano lunghi abbracci, singhiozzi e lacrime sentite. «Parlano addirittura del ritorno al creazionismo nei libri scolastici», dice un collega, da quello che si apprende dalle agenzie. Anni fa hanno tolto sia la Filosofia che la Psicologia dal curriculum scolastico. Mai avremo pensato di cadere così in basso. Fino alla fine della giornata, annuncieranno l’abolizione del Ministero dello Sport e possibilmente di quello dei Diritti Umani.

Mercoledì scorso il Senato ha cercato di votare un progetto di legge che classifica come atti di terrorismo le proteste, le manifestazioni e «il fare o non fare qualcosa per motivazioni politiche, ideologiche o sociali» – udienza posticipata. Lo stesso giorno il Movimento Brasile Libero (un branco “apolitico” al quale piace tanto la rete, tale e quale al M5S italiano) cercava di far votare il progetto Scuola Senza Partito, con leggi per imbavagliare gli insegnanti pubblici. Uguale, udienza posticipata. Sembra che non sarà così facile realizzare tutto ciò che vorrebbe il nuovo governo.

I disagi, invece, sono stati all’ordine del giorno durante tutta la settimana. Per esempio, i sostenitori di Bolsonaro hanno rilasciato una lista da 700 nomi di artisti da boicottare – tra questi, i soliti Chico Buarque, Caetano Veloso e Gilberto Gil, insieme all’ex asso del calcio Walter Casagrande e al giornalista Juca Kfouri, della Democrazia Corinthiana, e tanti altri personaggi importanti da far vergognare di non esserci dentro.

Alla scuola dove insegno italiano viene a trovarmi un mio ex allievo. Ha le mani fredde, ed è  agitato: «Lo sai quando ti ho detto di essere gay?». Sì, che me lo ricordo. Appariva in aula col rossetto, lo smalto, degli orecchini enormi, e indossava spesso una maglietta del Corinthians, col suo nome scritto dietro. «Non scherzare con queste cose», gli dicevo, allora. «Se poi becchi un omofobico che ti ammazza?». Mi aveva risposto: «È la vita, prof». Ora invece non ride più. «Ho molta paura. Cioè, non so da dove veniva il mio coraggio di prima. Non sapevo cosa fosse dovermi preoccupare di cosa mettermi addosso o di quello che sono, ho l’impressione di essere odiato da tutti». Ci salutiamo, e lui se ne va dandomi della compagna.

Piango per lui, perché si sa già che, a Brasília, Bolsonaro ha già firmato il compromesso per annullare tutti i matrimoni gay. Uno a uno i colleghi vengono ad abbracciarmi. Un’amica ha anche lei gli occhi lucidi. «Uno del terzo anno mi ha detto che la Costituzione è inefficace contro le pallottole, che bisogna andare armati».

Sarà come ha scritto Hannah Arendt, che la massificazione della società fa emergere una folla pronta a obbedire, mai a obiettare, incapace di esprimere giudizi morali. Una folla contenta, ad esempio, del governatore di Rio Wilson Witzel, che intende combattere la violenza posizionando cecchini pronti a sparare sui tetti di tutte le zone violente dello Stato. La maggior parte dei brasiliani è d’accordo con la nuova first lady, seconda la quale «il popolo ha bisogno di aver paura pur di rispettare le leggi».

 

[do action=”citazione”]La chiave nella mano
Tenti di aprire la porta,
non esiste porta;
vuoi morire nel mare,
ma il mare è seccato:
vuoi ritornare a Minas,
Minas non c’è più.
José, e ora?[/do]

In tanti sono d’accordo che il Pt doveva fare marcia indietro prima di lanciare un suo candidato alle presidenziali, che doveva prendersi del tempo per ricostruirsi, e che essere al potere non poteva contare più di tutto ciò che il paese stava per perdere.

Alla fine della settimana il giudice Sérgio Moro, lo stesso che ha messo Lula in galera, accetterà da Jair Bolsonaro l’incarico per il ministero della Giustizia. Non sarà un ministro, ma un superministro – la prova che mancava che da giudice lui ha sempre fatto il politico.

[do action=”citazione”]Magari tu gridassi,
magari tu piangessi,
magari tu suonassi
il valzer viennese,
magari tu dormissi,
magari ti stancassi,
magari tu morissi…
ma tu non muori,
tu sei duro, José[/do]

Non fa ridere perché non è nemmeno una battuta la storia che si sta raccontando in Brasile, di una finale di calcio giocata tra le squadre «A» e «B». All’inizio del campionato, il capocannoniere della squadra «A» viene espulso dall’arbitro in maniera controversa, e non può più giocare fino alla fine della stagione. Fuori dai campi, lo stesso arbitro si fa vedere in giro con i dirigenti e i calciatori della squadra «B». La squadra «B» vincerà il derby contro la squadra «A». La squadra «B» invita l’arbitro perché diventi un suo dirigente. L’arbitro accetta l’incarico, senza alcuna opposizione da parte della Federcalcio.

[do action=”quote” autore=”Carlos Drummond De Andrade, José (1942). Traduzione di Antonio Tabucchi “]Sono nell’oscurità,
come un animale selvatico,
senza teogonia,
senza parete nuda
alla quale appoggiarti,
senza cavallo nero,
la gola e la dieta,
tu avanzi, José!
Verso dove, José?[/do]