Cos’è un quotidiano comunista? Certo è un quotidiano che cerca la verità, che interpreta i fatti che avvengono avendo come punto di riferimento la condizione della classe operaia e degli ultimi (non necessariamente comunisti), che si sforza di non ripetere slogan ma di articolare il comunismo nel processo di trasformazione della società.

Il manifesto è stato sicuramente questo, con intensità e intelligenza politica non sempre costante, le maree invadevano anche la sua redazione. Non importa quanto ciascuno di noi sia stato sempre d’accordo con quanto scrivevano i fondatori o i loro eredi, si trattava sempre di una medicina, anche se talvolta amara, quasi sempre corroborante.

Colgo un’incomprensione profonda in chi propone di togliere la testatina di quotidiano comunista, o forse la considera un’espressione senza sostanza.

Ma c’è qualcosa di più. Non sembri un azzardo ma questo quotidiano ha rappresentato un argine alle derive della sinistra; la sua critica alla lotta armata come allo smottamento verso un riformismo senza corpo e anima, ha costituito un punto di riferimento importante, e ha finito per influenzare chi si muoveva nel campo della politica.

Molti di noi sono spesso scandalizzati dalla pochezza dell’espressione che la sinistra, in tutte le sue articolazioni, esprime, ma riflettiamo su cosa sarebbe oggi la sinistra senza la presenza cinquantennale di questo giornale. Senza la critica che ha espresso, senza i suggerimenti che ha avanzato, il tutto facendo un giornale.

Possiamo dirci contenti e soddisfatti, perché mai, no, non lo siamo. Esprimo un’opinione personale che non è sostanziata dal confronto con altri compagni, oggi usa meno e poi c’è la … pandemia. A me pare che il giornale sia sempre radicale, anzi forse più radicale del passato su certe questioni ma che contemporaneamente sia sempre più trascinato dai fatti spiccioli, per grandi che siano, ma abbia perso il gusto e la sapienza per riflettere sulla modernità del comunismo.

Possiamo accettare che il capitalismo vinca sempre e ovunque, e che il «denaro» e le «merci» disgreghino continuamente la società producendo diseguaglianze, discriminazione, emarginazione, distruzione ambientale e guerre? Non possiamo sperare che cambi la sua natura senza che ad esso si opponga una prospettiva diversa, appunto il comunismo moderno.

Questo può pescare nella tradizione i suoi valori, soprattutto la libertà, può ancora riferirsi a quanto elaborato in questo secolo, ma sicuramente deve definire le modalità della nuova organizzazione sociale e i mezzi per vincere. Dobbiamo capire il mondo per poterlo cambiare, questo è certo, ma dovremmo cambiarlo.

Il nostro comunismo, non può essere quello dell’inizio del secolo scorso, da lì deve venire l’ambizione di cambiare la società (una follia?), ma qui ora dobbiamo declinare le modalità per disgregare il potere, dobbiamo fornire il sapere intorno al nostro mondo e alle sue radici, individuare gli strumenti di lotta, dobbiamo fornire un rinnovato pensiero materialistico e nuovi strumenti materiali per eliminare ogni piramide sociale, ogni discriminazione, ogni povertà (materiale e intellettuale). Non abbiamo scelta, siamo costretti su questa strada, se quello che vediamo non piace perché ingiusto e indegno di una umanità destinata al benessere generalizzato e alla felicità.

E qui torniamo al nostro giornale, alla necessità che sia di … più (non sembri una critica semmai potrebbe essere un’autocritica di quanti leggono con la puzza sotto il naso). Un di più di fantasia, un di più di coraggio, un di più di lavoro in profondità, un di più in proposizione, un di più idi ricerca, un di più di elaborazione.

Il manifesto non è mai stato una gazzetta (e non lo è), le sue ambizioni erano altre, non fare un giornale di sinistra (appunto quotidiano comunista), ma mettere mano ad uno strumento di lotta e per questo non è sufficiente la denunzia, è necessaria la proposta, l’esplorazione dei soggetti in campo, la spinta verso l’autorganizzazione, la chiarezza degli obiettivi: il comunismo moderno.

Quanto scritto non vuole essere una critica a chi il giornale lo fa tutti i giorni, ma forse è il momento per riflettere su questo arzillo cinquantenne: mettiamolo sulla bici per scalare la montagna.