Il giorno dopo la mossa di Cassa depositi e prestiti che ha deciso di acquistare il 5 per cento di Tim, le carte rimangono coperte. I più felici sono i sindacati: «L’ingresso nel capitale di Telecom con un ruolo di garante dell’interesse nazionale e dell’integrità dell’impresa rappresenta una prima buona notizia e potrebbe costituire il presupposto per una ritrovata stabilità della governance di Tim con risorse adeguate a sviluppare i processi digitali e di innovazione preziosi per il Paese», affermano in una nota congiunta i segretari generali di Slc Cgil, Fistel Cisl e Uilcom Uil, Fabrizio Solari, Vito Vitale e Salvo Ugliarolo.

La domanda che tutti si fanno è: con chi starà Cpd? L’idea prevalente è che si collochi in opposizione a Vivendi, ma per Franco Bernabè, vicepresidente di Telecom in quota Vivendì «Cdp deciderà ciò che vuole, ma contano i voti, vediamo che succederà in assemblea», ha detto l’ex Ad per due volte a capo di Telecom, che anche ieri in borsa ha chiuso con un rialzo del 6,9 per cento.
Centrale appare il ruolo dell’attuale ad Amos Genish che sembra aver convinto anche i francesi verso un compromesso con tutti dentro all’azionariato senza un socio forte. Tutto comunque si deciderà nell’assemblea del 4 meggio.

Il progetto del fondo americano Elliott sulla rete di Tim punta allo scorporo della rete e la creazione di una nuova società dove il gruppo di telecomunicazioni, che nel frattempo secondo i piani di Elliott dovrebbe diventare una public company, dovrebbe restare con una quota di minoranza con una fusione con Open Fiber – soluzione sponsorizzata dai sindacati – e una possibile uscita di Enel dall’azionariato della società della fibra controllata assieme alla stessa Cdp.